Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12478 del 12/05/2021

Cassazione civile sez. trib., 12/05/2021, (ud. 28/01/2021, dep. 12/05/2021), n.12478

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Presidente –

Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – rel. Consigliere –

Dott. GALATI Vincenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 5221/2014 R.G. proposto da:

M.B., rappresentato e difeso giusta delega in atti

dall’avv. Francesco Napolitano con domicilio eletto in Roma presso

il ridetto difensore in via Po n. 9;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con

domicilio eletto in Roma, via Dei Portoghesi, n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio

213/29/13 depositata l’8/07/2013 non notificata;

Udita la relazione della causa svolta nell’adunanza camerale del

28/01/2021 dal Consigliere Roberto Succio.

 

Fatto

RILEVATO

che:

– con la sentenza impugnata la CTR capitolina respingeva l’appello principale del contribuente e accoglieva l’appello incidentale dell’Ufficio con ciò confermando la legittimità dell’atto impugnato, l’avviso di accertamento impugnato per IVA, IRPEF ed IRAP 2005

– ricorre a questa Corte il sig. M. con atto affidato a quattro motivi e illustrato con memoria ex art. 378 c.p.c.; l’Agenzia delle Entrate ha depositato mero atto di costituzione in vista dell’udienza.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– va preliminarmente disattesa l’eccezione di cui alla memoria di parte ricorrente, diretta a far valere nel presente processo l’esistenza di un giudicato esterno;

– invero, anche a prescindere dalla considerazione in ordine all’assenza, contrariamente a quanto affermato in memoria, sulla copia della sentenza il cui giudicato si intende qui far valere della certificazione del passaggio in giudicato (Cass. sez. 5, n. 3621/2019), la pronuncia resa dalla CTR del Lazio n. 6224/2016 del 19 ottobre 2016 non può spiegare in questa controversia gli effetti invocati da parte ricorrente;

– come si evince dalla sentenza prodotta, in quel caso la situazione fattuale, come perimetrata dalle ragioni dell’Erario e dalle difese del contribuente, non è estendibile al di là di quel processo e risulta in concreto priva di elementi avente rilievo inderogabile rispetto alla fattispecie qui esaminati;

– va quindi fatta applicazione di quella giurisprudenza in forza della quale (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 4832 del 11/03/2015) in materia tributaria, l’effetto vincolante del giudicato esterno, in relazione alle imposte periodiche, è limitato ai soli casi in cui vengano in esame fatti che, per legge, hanno efficacia permanente o pluriennale, producendo effetti per un arco di tempo che comprende più periodi di imposta, o nei quali l’accertamento concerne la qualificazione di un rapporto ad esecuzione prolungata, sicchè è esclusa l’efficacia espansiva del giudicato per le fattispecie “tendenzialmente permanenti” in quanto suscettibili di variazione annuale;

– ne deriva che debbono esaminarsi i motivi di gravame;

– con il primo motivo di ricorso si denuncia ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 e D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2, n. 4 in connessione con l’art. 111 Cost., comma 6 per avere la CTR omesso di pronunciarsi sul difetto di motivazione dell’avviso di accertamento impugnato, nel quale l’Ufficio non avrebbe replicato alle contestazioni formulate dal contribuente in sede di contraddittorio precedente all’emissione dell’atto impositivo;

– il motivo non è fondato;

– da un lato, infatti, la CTR, nell’affermare che “l’ufficio ha correttamente instaurato il contraddittorio ed ha poi deciso sulla base di quanto emerso dal colloquio e dall’esame della documentazione prodotta” ha sinteticamente, ma chiaramente, affermato che l’avviso era motivato;

– dall’altro, la censura formulata è priva di decisività; dalla trascrizione operata in ricorso del contenuto di pag. 6 dell’avviso di accertamento, si evince infatti che l’Ufficio ha in effetti risposto a tali osservazioni, confutandole analiticamente e puntualmente, munendo quindi l’atto in parola di adeguata motivazione;

– il secondo motivo di ricorso censura la gravata sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 per avere la CTR omesso di pronunciarsi sulla illegittimità dell’avviso di accertamento per violazione del D.L. n. 331 del 1993, art. 62 sexies, del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), dell’art. 2697 c.c. per essersi l’atto impugnato fondato unicamente sulle risultanze degli studi di settore senza il supporto di ulteriori elementi probatori;

– il motivo è infondato;

– questa Corte ritiene infatti (Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 769 del 15/01/2019) in tema di accertamento mediante studi di settore, al fine di superare la presunzione di reddito determinata dalla procedura standardizzata, grava sul contribuente l’onere di dimostrare, attraverso informazioni ricavabili da fonti di prova acquisite al processo con qualsiasi mezzo, la sussistenza di circostanze di fatto tali da far discostare la sua attività dal modello normale al quale i parametri fanno riferimento e giustificare un reddito inferiore a quello che sarebbe stato normale in virtù di detta procedura.

– la CTR, nel ritenere non violato l’art. 62 sexies sopradetto, ha in concreto accertato come il contribuente non abbia, a fronte delle risultanze degli studi di settore, fornito prova delle circostanze di fatto di cui sopra;

– il terzo motivo di ricorso si incentra sulla violazione, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53 per avere la CTR accolto l’appello incidentale dell’Ufficio, appello che non meritava accoglimento in quanto non munito di motivi specifici;

– il motivo è infondato;

– come si evince dal testo stesso dell’impugnazione incidentale dell’Erario, debitamente trascritta a pag. 32 e seguenti del ricorso per cassazione, con essa l’Ufficio ha con adeguata specificità, anche con riguardo alla natura e classificazione dell’attività, sottoposto a critica il contenuto della statuizione della CTP;

– il quarto motivo di ricorso denuncia la violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2, n. 4 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 e in connessione con l’art. 111 Cost., comma 6 per non avere la CTR spiegato in fatto e in diritto le ragioni per le quali, nel caso di specie, la misura dei ricavi accertati dovrebbe essere pari a quella determinata dall’Agenzia delle Entrate nell’atto di accertamento, anzichè a quelle proposte nella sentenza della CTP;

– il motivo è infondato;

– invero, a fronte della statuizione della CTP resa in via “meramente equitativa”, certamente illegittima, la CTR ha dato conto, sia pure sommariamente, della propria adesione alle “risultanze del primo grado di giudizio e della sentenza ivi decisa”; essa ha quindi ritenuto fondata la pretesa in forza della “incongruenza nel trend dei ricavi denunciati nel tempo”, delle “anomalie sul tenore di vita” del contribuente;

– da tutto ciò ha poi desunto la presenza di “scostamenti tali da escludere la veridicità dei dati denunciati”, con ciò confermando la legittimità dell’atto impugnato;

– tali considerazioni risultano in concreto costituire motivazione che si colloca al di sopra del c.d. “minimo costituzionale” richiesto ai fini della resistenza della sentenza impugnata al motivo di ricorso; e ciò anche in considerazione del fatto che secondo questa Corte (Cass. Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014) la riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, che qui trova applicazione in quanto la sentenza gravata è stata depositata in data successiva all’11 settembre 2012, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione;

– conclusivamente, il ricorso è rigettato; sussistono i requisiti processuali per il c.d. “raddoppio” del contributo unificato per atti giudiziari.

P.Q.M.

rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari quello dovuto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, il 28 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 12 maggio 2021

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