Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12477 del 24/06/2020

Cassazione civile sez. un., 24/06/2020, (ud. 25/02/2020, dep. 24/06/2020), n.12477

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAMMONE Giovanni – Primo Presidente –

Dott. CURZIO Pietro – Presidente di Sez. –

Dott. MANNA Felice – Presidente di Sez. –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 30275/2018 proposto da:

M.S., M.R., nonchè

MA.MA.CO. anche nella qualità di unica erede della madre

L.N.S.R., elettivamente domiciliate in ROMA, PIAZZA DEL FANTE 2,

presso lo studio dell’avvocato PAOLO PALMERI, che le rappresenta e

difende unitamente all’avvocato LUCA GIARDINA CANNIZZARO;

– ricorrenti –

contro

COMUNE DI CORLEONE;

– intimato –

avverso la sentenza n. 165/2018 del CONSIGLIO DI GIUSTIZIA

AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA – PALERMO, depositata il

21/03/2018.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

25/02/2020 dal Consigliere Dott. FRANCESCO TERRUSI;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. ZENO Immacolata, che ha concluso per il rigetto del

ricorso;

udito l’Avvocato Luca Giardina Cannizzaro.

Fatto

FATTI DI CAUSA

M.R. e S. e Ma.Ma.Co., quest’ultima anche quale erede dalla madre L.N.S.R., hanno proposto ricorso per cassazione, illustrato da successiva memoria, contro la sentenza depositata il 21-3-2018, non notificata, con la quale il Consiglio di giustizia amministrativa per la regione siciliana (breviter CGARS) ha confermato la sentenza del Tar di Palermo dichiarativa del difetto di giurisdizione del giudice amministrativo sulla domanda da esse parti avanzata col ricorso “per motivi aggiunti” nei confronti della determina di acquisizione sanante del comune di Corleone n. 182 del 2016.

Con tale atto il comune – già condannato in sede di ottemperanza a restituire alle predette ricorrenti alcuni terreni di loro proprietà illecitamente occupati, ovvero ad adottare, in alternativa, giustappunto un provvedimento del D.Lgs. n. 327 del 2001, ex art. 42-bis (cd. T.u.e.) – aveva acquisito solo una parte dei fondi de quibus, sicchè le ricorrenti avevano nuovamente adito il Tar per contestare la mancata inclusione di alcuni terreni e censurare la misura del risarcimento concretamente liquidato.

Ciò premesso, il CGARS rilevava che il Tar, accolte le domande finalizzate a ottenere una corretta e integrale esecuzione del giudicato con riferimento alla superficie attinta, aveva per la parte che ancora interessa dichiarato “il difetto di giurisdizione su tutte le altre questioni prospettate dai ricorrenti mediante il loro atto di motivi aggiunti, siccome in vario modo afferenti all’entità dell’indennizzo, globalmente inteso”.

Soggiungeva che le interessate, appellando la decisione limitatamente al rigetto dell’allora formulato quarto mezzo dei “motivi aggiunti”, avevano reiterato l’assunto circa la perdita di efficacia dell’atto di accettazione dell’indennità di esproprio, poichè non seguito dalla stipula della cessione volontaria nè dalla tempestiva adozione di un decreto di esproprio, e prima ancora avevano censurato la sentenza perchè la questione, così dedotta, non esulava dall’ambito della giurisdizione amministrativa: ciò in quanto non era stata solo contestata la misura dell’indennizzo ma anche riaffermato il diritto delle ricorrenti a percepirlo.

Il CGARS in proposito osservava che la controversia residua, vertendo sul fatto se alle appellanti competesse o meno (anche) l’indennizzo previsto dall’art. 42 del T.u.e., ovvero se invece esse dovessero considerarsi già tacitate con la corresponsione dell’indennità provvisoriamente determinata e da loro (secondo il comune) accettata, non esulava dal genus delle cause concernenti “la determinazione (..) delle indennità in conseguenza dell’adozione di atti di natura espropriativa o ablativa”, essa riguardando sempre e comunque la misura del trattamento indennitario lato sensu considerato.

Il comune di Corleone non ha svolto difese.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

I. – Con l’unico motivo le ricorrenti impugnano la decisione del CGARS per violazione o falsa applicazione dell’art. 133, comma 1, lett. g), del cod. proc. amm., nonchè per violazione o falsa applicazione dell’art. 42-bis del T.u.e., insistendo nel dire che il procedimento espropriativo non si era completato, dato che il decreto di esproprio era stato adottato dal comune fuori termine. Cosicchè nel procedere all’acquisizione sanante l’ente pubblico non avrebbe potuto escludere esse ricorrenti dal diritto di percepire l’indennizzo relativo ai beni in questione sol perchè era stata accettata l’indennità provvisoria. Non essendosi concluso il procedimento espropriativo, la questione sottostante riguardava – a loro dire – non la misura dell’indennità, sebbene l’erronea esclusione della possibilità di ottenerla.

II. – Il ricorso è infondato.

In materia di espropriazione per pubblica utilità, appartiene in generale alla giurisdizione del giudice ordinario la controversia relativa alla determinazione e corresponsione dell’indennizzo previsto in relazione alla fattispecie di “acquisizione sanante” del D.P.R. n. 327 del 2001, ex art. 42-bis. In particolare la controversia relativa alla determinazione e corresponsione dell’indennizzo, globalmente inteso, previsto per la cd. acquisizione sanante è devoluta alla competenza, in unico grado, della Corte d’appello; il che rappresenta poi la regola generale prevista dall’ordinamento di settore per la determinazione giudiziale delle indennità dovute nell’ambito di un procedimento espropriativo, a fronte della privazione o compressione del diritto dominicale dell’espropriato (v. Cass. Sez. U. n. 15283-16).

Ove si discuta quindi della quantificazione dell’importo dovuto in applicazione del D.P.R. n. 327 del 2001, art. 42 bis, la giurisdizione è del giudice ordinario (v. di recente Cass. Sez. U. n. 15343-18 e Cass. Sez. U. n. 5201-19), mentre tale giurisdizione deflette in favore del giudice amministrativo nel diverso caso in cui sia in contestazione la legittimità in sè del provvedimento di acquisizione sanante.

III. – Nella concreta fattispecie era stata, da un lato, contestata la legittimità dell’atto di acquisizione, nella parte in cui questo era stato limitato solo ad alcuni dei fondi in precedenza occupati, ed era stata, dall’altro lato, contestata pure l’inadeguatezza dell’indennizzo in relazione al valore dei beni comunque effettivamente coinvolti nel procedimento espropriativo, per essere irrilevante a tal proposito l’accettazione dell’indennità provvisoria.

IV. – In questa prospettiva la giurisdizione amministrativa potevasi dire esistente – così come è stata ritenuta esistente solo rispetto alla prima domanda, che appunto investiva la legittimità dei provvedimenti di acquisizione sanante quale possibile modalità di esecuzione del giudicato discendente dalla sentenza del Tar di Palermo. Non anche invece per la seconda, giacchè con questa veniva concretamente evocata soltanto l’incongrua liquidazione degli indennizzi, sui quali la cognizione permane, come detto, ex art. 133, comma 1, lett. g), cod. proc. amm. e art. 53 del T.u.e., in capo al giudice ordinario.

Che poi l’incongruità dovesse essere in base alla

postulazione associata alla irrilevanza dell’accettazione dell’indennità provvisoria è questione che attiene al fondamento della contestazione, non all’oggetto. La postulazione era difatti incentrata sull’assunto che l’accettazione dovevasi considerare irrilevante a scopo satisfattivo. Cosa che però niente toglie alla circostanza che, per questa parte e con questa motivazione, la controversia afferisse sempre al quantum del trattamento indennitario complessivamente inteso, così come esattamente ritenuto dal CGARS.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e dichiara la giurisdizione del giudice ordinario.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte delle ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello relativo al ricorso, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio delle Sezioni Unite Civili, il 25 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 24 giugno 2020

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