Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12477 del 17/06/2015


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 12477 Anno 2015
Presidente: BIANCHINI BRUNO
Relatore: BIANCHINI BRUNO

ORDINANZA
sul ricorso 27598-2013 proposto da:
TEDALDI ALVO TLDLVA24A10L099S, elettivamente domiciliato
in ROMA, VIA QUINTINO SELLA 41, presso lo studio
dell’avvocato CAMILLA BOVELACCI, rappresentato e difeso dagli
avvocati MARIA ANGELA MAZZOTTI, MARCO GIACOMUCCI
giusta procura speciale a margine del ricorso;
– ricorrente contro
DAMASSA EDDA DMSDDE33S67H199X, sia in proprio che nella
qualità di tutrice di Orioli Giulia, elettivamente domiciliata in ROMA,
LARGO LUIGI ANTONELLI N. 27, presso lo studio dell’avvocato
PATRIZIA UBALDI, che la rappresenta e difende unitamente
all’avvocato GIOVANNI IANTOSCA giusta delega a margine del
controricorso;

Data pubblicazione: 17/06/2015

- controficorrente avverso la sentenza n. 1441/2013 della CORTE D’APPELLO di
BOLOGNA del 15/02/2013, depositata il 21/08/2013;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

udito l’Avvocato Patrizia Ubaldi difensore della con troricorrente che
ha chiesto il rigetto del ricorso.

Ric. 2013 n. 27598 sez. M2 – ud. 21-05-2015
-2-

21/05/2015 dal Presidente Relatore Dott. BRUNO BIANCHINI;

PREMESSO
che — F_,dda Damassa, agendo in proprio e quale legale rappresentante della figlia Giulia
Orioli, con atto notificato il 10 gennaio 1995 , convenne Alvo Tedaldi innanzi al
Tribunale di Ravenna per sentir accertato il diritto di proprietà ( nella misura di 3/4 per la
prima e di 1/4 per la seconda)- in ragione di titolo negoziale o comunque per usucapione
ordinaria- su una striscia di terreno a confine con il fondo del convenuto; quest’ultimo si

di confine — tale dunque da consentire il ricorso alle indicazioni delle mappe catastali- e
in ogni caso, in via di riconvenzione, per l’accertamento in proprio favore dell’acquisto
per usucapione;
che effettuata consulenza tecnica ed escussi testi, l’adito Tribunale, interpretando la
domanda come diretta all’accertamento dei confini, determinò la linea confinaria con
riferimento alle mappe di Catasto e rigettò entrambe le domande di usucapione;
che la Damassa, nella duplice qualità, propose impugnazione che fu in parte accolta dalla
Corte di Appello di Bologna con sentenza n. 1441/2013, pubblicata il 21 agosto 2013
che, confermando l’interpretazione della domanda principale alla luce dell’art. 950 cod.
civ., ritenne fondata la subordinata di usucapione in ragione del fatto che la parte attrice
aveva unito al proprio, il possesso esercitato dalla dante causa, tale Giorgia Montanari;
ritenne altresì implicitamente rinunciata — in quanto non riproposta in sede di
precisazione delle conclusioni- la domanda della Damassa di risarcimento dei danni; del
pari ritenne rinunciate analoghe domande di accertamento e risarcitorie proposta dal
Tedaldi;
che quest’ultimo ha proposto ricorso per la cassazione della succitata decisione,
facendo valere due motivi di annullamento; la Damassa ha resistito con controricorso
che è stata depositata e notificata relazione ex art 380 bù cpc, basata sulle seguenti
argomentazioni:

“I — Con il primo motivo viene fatta valere la violazione o la falsa applicazione dell’art.
950 cpc, assumendosi che la Damassa non avrebbe proposto un’azione di revindica
sibbene una di regolazione di confini -che oltretutto non avrebbe determinato i confini

costituì chiedendo il rigetto della domanda , assumendo la incertezza dell’effettiva linea

secondo quanto prospettato dalla medesima-: non sarebbe stato quindi possibile
accogliere la subordinata di usucapione.
I.a — E’ convincimento del relatore che il motivo sia infondato perché collega
erroneamente raccoglimento della subordinata di usucapione all’esercizio di una
revindica, mentre la subordinazione delle richieste riguardava anche i presupposti delle
due domande: in altri termini —seguendo la ricostruzione del fatto contenuta nella

in un certo modo e per effetto di ciò, che il Tedaldi fosse condannato a restituire i
terreni che riteneva occupati in contrasto con la legittima linea confinaria; in subordine
— vale a dire, qualora quest’ultima non fosse stata collocata secondo la sua
prospettazione- chiese che venisse accertato che da epoca remota — e quindi prima che
iniziasse l’occupazione del vicino ( v. fol 9 della gravata decisione)- , già si sarebbe
maturato l’acquisto per usucapione.

I.a.1 — La rivisitazione delle emergenze istruttorie operata nel prosieguo del mezzo è poi
inammissibile in quanto non collegata con la dedotta violazione di legge e comunque
non scrutinabile in questa sede se non in termini di vizio di motivazione.
II — Con il secondo motivo viene dedotta la nullità della sentenza impugnata per
mancanza e/o insufficienza o contraddittorietà della motivazione “ex artt. 132, 2° colma
n. 4 oc e 111, 6° comma rosi.” per aver ritenuto, senza idoneo apporto argomentativo,
che la Damassa avesse dimostrato l’accessione del proprio al possesso della dante causa:
quale mezzo al fine viene sottoposta a critica la valutazione delle testimonianze di causa,
censurando la decisione di ritenere alcuni testi maggiormente credibili rispetto ad altri.

II.a — Va innanzi tutto rilevata l’applicabilità al presente giudizio, della modifica dell’art.
360, I comma n.5 cpc, introdotta con il decreto legge n. 83/2012 , convertito nella legge
n. 134/2012, atteso che , a norma dell’art, 54, comma 3° dell’anzidetto testo normativo
tale novellazione si applica alle sentenze pubblicate dal trentesimo giorno successivo a
quello di entrata in vigore della legge di conversione del decreto stesso e quindi a quelle
depositate dall’i 1 settembre 2012, mentre la gravata decisione è stata pubblicata il 21
agosto 2013.

sentenza impugnata- la Damassa chiese in principalità che i confini fossero determinati

II.a.1 — Ciò posto la modifica legislativa sopra ricordata introduce nell’ordinamento un
vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico,
principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti
processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere
decisivo (vale a dire che, se esàminato, avrebbe determinato un esito diverso della
controversia). Ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni degli artt. 366,

indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale,
da cui esso risulti esistente, il “come” c il “quando” tale fatto sia stato oggetto di
discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso
esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto
decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in
considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le
risultanze probatorie ( così Cass. Sez. Un. n. 8053/2014)

II.a.2 — Erroneo è il riferimento all’art. 132 n.4 cpc nella cui violazione si incorre solo
allorché la motivazione sia mancata del tutto o sia meramente apparente e non già, come
nel caso in esame, qualora essa sia stata ritenuta non condivisibile a cagione della
delibazione del materiale istruttorio operata dal giudice.

IV – Ritiene dunque il relatore che il ricorso possa esser trattato in camera di consiglio.”;
che è stata depositata memoria a’ sensi dell’art. 380 bi , Il comma, cpc

RITENUTO
Che le considerazioni sopra esposte sono condivisibili né sono stati forniti ,
successivamente alla notifica della relazione

ex art 380 121″. cpc – spunti Critici idonei a

scalfirne la tenuta logica, essendo la depositata memoria meramente ripetitiva delle tesi
esposte nel ricorso ;
.che pertanto il ricorso va rigettato, con conseguente condanna del ricorrente al
pagamento delle spese di lite, secondo la quantificazione indicata in dispositivo;
che sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore
importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso ,a norma del
comma 1b& dell’art 13 del d.P.R. 115 del 2002

primo comma, n. 6, e 369, secondo comma, n. 4, cod, proc. civ., il ricorrente deve

P.Q.M.
La Corte
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese che liquida in euro
1.700,00 di cui euro 200,00 per esborsi; ai sensi dell’art. 13, comma 1 qua t” del d.P.R. n.
115 del 2002, sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente,
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso,

Così deciso il 21 maggio 2015 nella camera di consiglio della sezione VI-2 della
Cassazione

a norma del comma 1 dello stesso art 13.

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