Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12477 del 08/06/2011

Cassazione civile sez. lav., 08/06/2011, (ud. 12/05/2011, dep. 08/06/2011), n.12477

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE LUCA Michele – Presidente –

Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere –

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. ZAPPIA Pietro – Consigliere –

Dott. MELIADO’ Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

POSTE ITALIANE S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 134, presso

lo studio dell’avvocato FIORILLO LUIGI, rappresentata e difesa

dall’avvocato TOSI PAOLO, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

B.G.;

– intimata –

sul ricorso 18018-2007 proposto da:

B.G., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

GERMANICO 172, presso lo studio dell’avvocato GALLEANO SERGIO NATALE

EDOARDO, che la rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– controricorrente e ricorrente Incidentale –

contro

POSTE ITALIANE S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 134, presso

lo studio dell’avvocato FIORILLO LUIGI, rappresentata e difesa

dall’avvocato TOSI PAOLO, giusta delega in atti;

– controricorrente al ricorso incidentale –

avverso la sentenza n. 898/2 006 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 23/05/2006, r.g.n. 2069/05;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

12/05/2011 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE NAPOLETANO;

udito l’Avvocato ANNA BUTTAFOCO per delega TOSI PAOLO;

udito l’Avvocato GALLEANO SERGIO NATALE EDOARDO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MATERA Marcello, che ha concluso per il rigetto del ricorso

principale, assorbito l’incidentale.

Fatto

IN FATTO E DIRITTO

La Corte rilevato che:

il giudice di appello di Torino, confermando la sentenza di prime cure, ha dichiarato la illegittimità del termine apposto al contratto di lavoro stipulato fra il lavoratore in epigrafe da una parte, e Poste Italiane s.p.a. dall’altra;

per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso la società Poste Italiane affidato a quattro motivi, precisati da memoria; il lavoratore ha resistito con controricorso ed ha proposto impugnazione incidentale condizionata assistita da un unico motivo, illustrata da memoria;

la Corte territoriale con riferimento al contratto a termine stipulato per il periodo dall’8.10.2002 al 31.12.2002, “ai sensi della vigente normativa per esigenze tecniche organizzative e produttive connesse all’attuale fase di riorganizzazione dei Centri Reti Postali, ivi ricomprendendo una più funzionale ricollocazione del personale sul territorio, nonchè per far fronte ai maggiori flussi di traffico del periodo natalizio”, sulla premessa dell’applicabilità del D.Lgs. 6 settembre 2001, n. 368, ritenendo non provata dalla società Poste l’esigenza della riorganizzazione dei Centri rete Postali e della necessità di fronteggiare il maggior traffico del periodo natalizio, ha confermato la sentenza di primo grado di declaratoria della nullità del termine apposto a detto contratto e di condanna della società a pagare le retribuzioni, detratto l’aliunde perceptum, omesse a far tempo dalla messa in mora;

la suddetta impostazione è stata censurata dalla società che assume:

1. la violazione dell’art. 112 c.p.c. per aver la corte del merito dichiarata l’illegittimità del termine in base a motivi non allegati dalla controparte;

2. l’omessa motivazione in merito alla concorrente esigenza di riorganizzazione;

3. la violazione del citato D.Lgs. 6 settembre 2001, n. 368 in punto di ritenuta necessità di prova delle esigenze in relazione al caso concreto; 4. di conseguenze giuridiche nell’ipotesi d’illegittimità del termine;

il controricorrente, con il ricorso incidentale condizionato, cui resiste la società Poste, deduce la violazione del D.Lgs. 6 settembre 2001, n. 368 e vizio di motivazione in ordine alla genericità della causale;

vanno, preliminarmente, riuniti i ricorsi in quanto attengono alla impugnazione della stessa sentenza; il ricorso principale è infondato;

questa Corte ha infatti, condivisibilmente, sancito, che in tema di apposizione del termine al contratto di lavoro, il legislatore, richiedendo l’indicazione da parte del datore di lavoro delle “specificate ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo”, ha inteso stabilire, in consonanza con la direttiva 1999/70/CE, come interpretata dalla Corte di Giustizia (cfr. sentenza del 23 aprile 2000, in causa C-378/07 ed altre; sentenza del 22 novembre 2005, in causa C-144/04), un onere di specificazione a carico del datore di lavoro – e quindi di prova – delle ragioni oggettive del termine finale, vale a dire di indicazione sufficientemente dettagliata della causale nelle sue componenti identificative essenziali, sia quanto al contenuto, che con riguardo alla sua portata spazio-temporale e più in generale circostanziale, perseguendo in tal modo la finalità di assicurare la trasparenza e la veridicità di tali ragioni, nonchè l’immodificabilità delle stesse nel corso del rapporto (per tutte Cass. 1 febbraio 2010 n. 2279);

la Corte di appello nell’adeguarsi a siffatta regola iuris, che prescinde dalla specifica allegazione della parte interessata, ha accertato che la società Poste con riferimento, sia alla causale delle “riorganizzazione dei Centri di Rete Postali”, sia “alla necessità di fronteggiare il maggior traffico postale del periodo natalizio” non ha provato siffatte esigenze; del resto la società Poste nel lamentare la mancata considerazione della prima delle anzidette causali pur denunciando di aver al riguardo articolato prova per testi, omette del tutto, in violazione del principio di autosufficienza , di trascrivere nel ricorso i capitoli di prova articolati non consentendo a questa Corte alcun controllo circa la decisività di tale elemento istruttorio; tra l’altro l’esigenza di un onere di specificazione a carico del datore di lavoro – e quindi di prova – delle ragioni oggettive del termine finale anche con riguardo alla portata spazio – temporale esige che sia fornita la dimostrazione della sussistenza di tali ragioni in relazione alla concreta fattispecie che non può essere supplita dal ricorso al notorio che si sostanzia, di contro, in una circostanza generica che come tale non è rapportabile alla singola fattispecie;

parallelamente questa Corte ha affermato, ed in questa sede va ribadito, che il D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1 anche anteriormente alla modifica introdotta dalla L. n. 247 del 2007, art. 39 ha confermato il principio generale secondo cui il rapporto di lavoro subordinato è normalmente a tempo indeterminato, costituendo l’apposizione del termine un’ipotesi derogatoria pur nel sistema, del tutto nuovo, della previsione di una clausola generale legittimante l’apposizione del termine “per ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo”; pertanto, in caso di insussistenza delle ragioni giustificative del termine, e pur in assenza di una norma che sanzioni espressamente la mancanza delle dette ragioni, in base ai principi generali in materia di nullità parziale del contratto e di eterointegrazione della disciplina contrattuale, nonchè alla stregua dell’interpretazione dello stesso art. 1 citato nel quadro delineato dalla direttiva comunitaria 1999/70/CE (recepita con il richiamato decreto), e nel sistema generale dei profili sanzionatori nel rapporto di lavoro subordinato, tracciato dalla Corte cost. n. 210 del 1992 e n. 283 del 2005, all’illegittimità del termine ed alla nullità della clausola di apposizione dello stesso consegue l’invalidità parziale relativa alla sola clausola e l’instaurarsi di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato (V per tutte Cass. 21 maggio 2008 n. 12985);

non risultando investita da alcuna censura la statuizione del giudice di appello circa le conseguenze economiche derivanti dall’illegittimità del termine non vi è spazio per l’applicazione dello ius superveniens di cui alla L. 4 novembre 2010, n. 183, art. 32, commi 5, 6 e 7;

il ricorso principale è, in conclusione, infondato e quello incidentale condizionato rimane assorbito;

le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.

P.Q.M.

LA CORTE riuniti i ricorsi rigetta il ricorso principale, dichiara assorbito il ricorso incidentale condizionato e condanna la società ricorrente al pagamento in favore del resistente delle spese del giudizio di legittimità liquidate in Euro oltre Euro 2500,00 per onorario e oltre spese IVA e CPA. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 12 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 8 giugno 2011

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