Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12474 del 08/06/2011

Cassazione civile sez. lav., 08/06/2011, (ud. 12/05/2011, dep. 08/06/2011), n.12474

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE LUCA Michele – Presidente –

Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere –

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. ZAPPIA Pietro – Consigliere –

Dott. MELIADO’ Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

POSTE ITALIANE S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 134, presso

lo studio dell’avvocato FIORILLO LUIGI, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato TRIFIRO’ SALVATORE, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

– M.S., C.P., elettivamente domiciliate in ROMA,

VIA RENO 21, presso lo studio dell’avvocato RIZZO ROBERTO, che le

rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– L.D., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA

PANETTERIA 15, presso lo studio dell’avvocato RINELLA ROSSANA M.A.,

rappresentato e difeso dall’avvocato DI PALMA COSTANZO, giusta delega

in atti;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 224/2006 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 26/07/2006 R.G.N. 68/04;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

12/05/2011 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE NAPOLETANO;

udito l’Avvocato BUTTAFOCO ANNA per delega TRIFIRO’ SALVATORE;

udito l’Avvocato BONGARZONE ROSARIO per delega DI PALMA COSTANZO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MATERA Marcello che ha concluso per: inammissibilità per M.,

rigetto per gli altri.

Fatto

IN FATTO E DIRITTO

La Corte rilevato che:

il giudice d’appello di Roma, con sentenza non definitiva, riformando la sentenza di prime cure, ha dichiarato l’illegittimità del termine apposto ai contratti di lavoro stipulati fra i lavoratori L. D., C.P. e Poste Italiane s.p.a. e la conseguente instaurazione fra le parti di rapporti di lavoro subordinato, con condanna della società al pagamento delle retribuzioni dalla data della costituzione in mora sino alla scadenza del terzo anno successivo all’ultima scadenza del contratto a termine;

per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso la Poste Italiane s.p.a. affidato a tre motivi, i lavoratori intimati hanno resistito con controricorso;

successivamente Poste Italiane s.p.a. ha depositato verbale di conciliazione in sede sindacale, sottoscritto da M.S.;

Considerato che dal verbale di conciliazione sopra indicato risulta che le parti hanno raggiunto un accordo transattivo concernente la controversia de qua, dandosi atto dell’intervenuta amichevole e definitiva conciliazione a tutti gli effetti di legge e dichiarando che – in caso di fasi giudiziali ancora aperte – le stesse saranno definite in coerenza con il presente verbale;

ad avviso del Collegio il suddetto verbale di conciliazione si palesa idoneo a dimostrare la cessazione della materia del contendere nel giudizio di cassazione ed il conseguente sopravvenuto difetto di interesse delle parti a proseguire il processo; alla cessazione della materia del contendere consegue pertanto la declaratoria di inammissibilità del ricorso in quanto l’interesse ad agire, e quindi ancne ad impugnare, deve sussistere non solo nel momento in cui è proposta l’azione o l’impugnazione, ma anche nel momento della decisione, in relazione alla quale, ed in considerazione della domanda originariamente formulata, va valutato l’interesse ad agire (Cass. S.U. 29 novembre 2006 n. 25278);

in definitiva il ricorso nei confronti della predetta lavoratrice deve essere dichiarato inammissibile per cessazione della materia del contendere;

avuto riguardo alla materia del contendere stimasi compensare integralmente tra le suddette parti le spese del giudizio di cassazione.

Ritenuto che: con riferimento all’assunzione dei lavoratori L. e C. con contratto a termine stipulato dell’art. 8 del c.c.n.l. 26 novembre 1994 ed in particolare in base alla previsione dell’accordo integrativo del 25 settembre 1997, che prevede, quale ipotesi legittimante la stipulazione di contratti a termine, la presenza di esigenze eccezionali, conseguenti alla fase di ristrutturazione e rimodulazione degli assetti occupazionali in corso, in ragione della graduale introduzione di nuovi processi produttivi, di sperimentazione di nuovi servizi e in attesa dell’attuazione del progressivo e completo equilibrio sul territorio delle risorse umane la Corte territoriale, premesso che l’accordo de quo era disciplinato dalla L. n. 56 del 1987, art. 23 attribuendo rilievo decisivo al fatto che le parti avevano fissato il limite del 30 aprile 1998 alla possibilità di procedere con assunzioni a termine ha ritenuto il contratto a termine in esame illegittimo in quanto stipulato in epoca posteriore;

la suddetta impostazione è stata censurata dalla società ricorrente con tre motivi.

Il ricorso è inammissibile per violazione dell’art. 366 bis c.p.c.;

infatti trattandosi di sentenza di appello pubblicata il 23 maggio 2006 trova applicazione, il D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, ex art. 27, comma 2, la richiamata norma di rito secondo la quale nei casi previsti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1, 2, 3 e 4 l’illustrazione di ciascun motivo si deve concludere, a pena d’inammissibilità, con la formulazione di un quesito di diritto e nel caso previsto dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 l’illustrazione del motivo deve contenere la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione;

non è applicabile ratione temporis la L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 47, comma 1, lett. d) che ha abrogato il precitato art. 366 bis c.p.c., trovando tale norma, ai sensi della predetta L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 58, comma 5, applicazione relativamente alle controversie nelle quali il provvedimento impugnato con il ricorso per cassazione è stato pubblicato successivamente (ossia dal 4 luglio 2009) alla data di entrata in vigore della stessa L. n. 69 del 2009 (Cass. 13 gennaio 2010 n. 428);

nella specie difetta del tutto il quesito di diritto nonchè la specifica indicazione del fatto controverso, intesi quale sintesi logico giuridica della censura che s’intende sottoporre al giudice di legittimità( Cass. S.U. 28 settembre 2007 n. 20360);

il ricorso, pertanto, va dichiarato inammissibile; le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.

P.Q.M.

LA CORTE dichiara inammissibile il ricorso nei confronti di M.S. per sopravvenuta carenza d’interesse con compensazione delle spese di legittimità. Dichiara inammissibile il ricorso nei confronti degli altri lavoratori e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità liquidate in favore di L. in Euro 25,00 per esborsi, oltre Euro 1.500,00 per onorario ed oltre IVA CPA e spese generali, in favore di C. in Euro 25,00 per esborsi, oltre Euro 1.500,00 per onorario ed oltre IVA, CPA e spese generali.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 12 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 8 giugno 2011

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