Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12473 del 17/06/2015


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 12473 Anno 2015
Presidente: IACOBELLIS MARCELLO
Relatore: CONTI ROBERTO GIOVANNI

Data pubblicazione: 17/06/2015

ORDINANZA
sul ricorso 1357-2014 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE 11210661002, in persona del
Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– ricorrentecontro
ASSOCIAZIONE AREA, RUGGERO MASSIMO, SPA
EQUTTALIA NORD;

intimati

avverso la sentenza n. 46/2013 della COMMISSIONE TRIBUTARIA
REGIONALE di VENEZIA, depositata il 14/05/2013;

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udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
23/04/2015 dal Consigliere Relatore Dott. ROBERTO GIOVANNI

In fatto e in diritto
L’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione, affidato a tre motivi,
contro la sentenza resa dalla CTR Veneto n.46/2013 depositata il 14 maggio
2013, che nel confermare la sentenza di primo grado, ha ritenuto la illegittimità
della cartella di pagamento emessa nei confronti di Ruggero Massimo relativa
a IRES, IRAP IVA e sanzioni dovute per l’anno 2004 dal contribuente, quale
coobbligato solidale del Circolo culturale Area, al cui interno ricopriva la carica
di Presidente.
Secondo la CTR, chiarito che trovava applicazione l’art.38 c.c. anche per le
obbligazioni tributarie, dal p.v.c. agli atti era emerso che il Ruggero, pur
formalmente legale rappresentante dell’associazione, non aveva mai assunto
alcuna decisione comportante esborsi e/o la reale gestione del night club né
aveva mai svolto attività di amministratore, risultando inquadrato come mero
barista. Ciò che pure era confermato dal fatto che i proventi dell’attività
commerciale erano confluiti sui conti correnti di Grimaldi Tullio e Chinaglia
Roberto.
Con il primo motivo l’Agenzia lamenta la violazione dell’art.38 c.c. Secondo la
ricorrente la giurisprudenza di questa Corte è ferma nel riconoscere la
responsabilità dei soggetti che avevano agito in nome e per conto
dell’associazione in aggiunta a quella dell’ente stesso; ragion per cui la stessa
titolarità formale delle cariche rappresentative era sufficiente a determinare la
coobbligazione solidale di chi la riveste. Peraltro, il giudice di appello,
sull’errato presupposto che la sola gestione del bar interno da parte del Ruggero
escludesse la solidarietà del medesimo rispetto all’obbligazione tributaria,
aveva violato art.38 c.c.
Con il secondo motivo si lamenta la violazione degli artt.115 c.1 parte II c.p.c.,
2733 c.c. e 2735 e., nonché 38 c.c. La CTR aveva tralasciato di considerare che
taluni fatti, non contestati, integravano pieni elementi di prova in ordine alla
responsabilità solidale del Ruggero, in particolare riferendosi alla deposizione
del predetto, alla sottoscrizione di un rendiconto dell’associazione, alla gestione
della cassa e del bar, all’affitto del locale con pagamento del canone con
proprio bonifico. Circostanze, queste ultime, che lasciavano intravedere
un’attività ben diversa da quella di prestanome dell’associazione.
Con il terzo motivo si prospetta il vizio di motivazione sotto il profilo
dell’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, discussi tra le parti.
L’Agenzia deduce che la CTR aveva trascurato di considerare gli elementi
indicati in occasione del terzo motivo, limitandosi a considerare l’attività di
barista svolta dal Ruggero.
Le parti intimate non hanno depositato difese scritte.
I tre motivi proposti meritano un esame congiunto in relazione al carattere
strettamente connesso delle censure.
Giova rammentare che in ordine al tema d’indagine qui sollecitato
dall’Agenzia, correlato alla responsabilità del soggetto che ha agito in nome e
per conto dell’associazione non riconosciuta, si è ormai stratificata una
Ric, 2014 n. 01357 sez. MT ud. 23-04-2015
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CONTI.

Ric. 2014 n. 01357 sez. MT ud. 23-04-2015
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giurisprudenza di questa Corte di recente ben sintetizzata da Cass.n.20485/13,
Va osservato, infatti, che – secondo il costante
la quale ha chiarito che :
insegnamento di questa Corte – la responsabilità personale e solidale, prevista
dall’art. 38 c.c., di colui che agisce in nome e per conto dell’associazione non
riconosciuta non è collegata alla mera titolarità della rappresentanza
dell’associazione stessa, bensì all’attività negoziale concretamente svolta per
suo conto e risoltasi nella creazione di rapporti obbligatori fra l’ente ed i terzi.
Si è, altresì, precisato – al riguardo – che tale responsabilità non concerne,
neppure in parte, un debito proprio dell’associato, ma ha carattere accessorio,
anche se non sussidiario, rispetto alla responsabilità primaria
dell’associazione, con la conseguenza che l’obbligazione, avente natura
solidale, di colui che ha agito per essa è inquadrabile _fra quelle di garanzia “ex
lege”, assimilabili alla fideiussione (cfr., ex plurimis, Cass. 25748/08,
29733/11). D’altro canto, la ratio della previsione di una responsabilità
personale e solidale, in aggiunta a quella de/fondo comune, delle persone che
hanno agito in nome e per conto dell’associazione, è volta a contemperare
l’assenza di un sistema di pubblicità legale riguardante il patrimonio dell’ente,
con le esigenze di tutela dei creditori (che abbiano fatto affidamento sulla
solvibilità e sul patrimonio di dette persone), e trascende, pertanto, la posizione
astrattamente assunta dal soggetto nell’ambito della compagine sociale,
ricollegandosi piuttosto ad una concreta ingerenza dell’agente nell’attività
dell’ente (Cass. 5746/07). Ne consegue, dunque, che chi invoca in giudizio tale
responsabilità ha l’onere di provare la concreta attività svolta in nome e
nell’interesse dell’associazione, non essendo sufficiente la prova in ordine alla
carica rivestita all’interno dell’ente (cfr., ex plurima, Cass. 26290/07,
25748/08). Il principio suesposto, in riferimento alla responsabilità solidale, ex
art. 38 c.c, di coloro che agiscono in nome per conto dell’associazione non
riconosciuta, ponendo in essere, a prescindere dalla rappresentanza formale
dell’ente, la concreta attività negoziale riferibile all’associazione stessa, è stato
– di poi – ritenuto da questa Corte applicabile anche ai debiti di natura
tributaria (v. Cass. 16344/08, 19486/09), pur senza trascurare, tuttavia, una
caratteristica fondamentale che connota siffatte obbligazioni. Si è per vero rilevato, in proposito, che il principio in questione non esclude, peraltro, che
per i debiti d’imposta, i quali non sorgono su base negoziale, ma “ex lege” al
verificarsi del relativo presupposto, sia chiamato a rispondere solidalmente,
tanto per le sanzioni pecuniarie quanto per il tributo non corrisposto, il
soggetto che, in forza del ruolo rivestito, abbia diretto la complessiva gestione
associativa nel periodo considerato. Ciò nondimeno, il richiamo all’effettività
dell’ingerenza – implicito nel rifèrimento all’aver “agito in nome e per conto
dell’associazione”, contenuto nell’art. 38 c.c. -vale a circoscrivere la
responsabilità personale del soggetto investito di cariche sociali alle sole
obbligazioni che siano concretamente insorte nel periodo di relativa
investitura-Cass.n.5746/07-”
Sulla base dei superiori principi ai quali è necessario dare continuità, la seconda
censura proposta dall’Agenzia appare sfornita di fondamento, la stessa
muovendo dal presupposto — errato, come si è visto sopra- che la responsabilità
del legale rappresentante dell’associazione scaturirebbe dalla stessa carica
ricoperta all’interno dell’associazione. Quanto alla terza censura la stessa,
oltrechè inammissibile per difetto di autosufficienza in relazione alla mancata

riproduzione in ricorso degli elementi dai quali sarebbe stato possibile
verificare l’avvenuta non contestazione da parte della controparte in sede di
giudizio di merito, appare prospettare come violazione di legge un vizio che
affetta, in realtà, l’accertamento di fatto compiuto dalla CTR in ordine alla
concreta ingerenza del Ruggero nelle attività gestorie dell’associazione
culturale. Ciò che rende parimenti inammissibile il terzo motivo di ricorso.
Quanto alla quarta doglianza la stessa, ammissibile in relazione al novellato
art.360 c.1 n.5 c.p.c.-Cass.S.U. nn.8053 e 8054/2014- appare fondata.
Ed invero, la CTR, per giungere ad escludere la responsabilità solidale del
Ruggero, ricoprente la carica di Presidente dell’associazione culturale Area, si è
limitata ad esaminare il fatto rappresentato dall’essere risultato il predetto mero
gestore del bar e dal non avere versato gli incassi del night club sul proprio
conto, risultando che gli stessi erano gestiti unicamente da altri soggettiGrimaldi Tulio e Chinaglia Roberto-.
Orbene, secondo l’Agenzia la CTR avrebbe dovuto considerare:a) la
sottoscrizione del rendiconto dell’associazione; b)la riscossione degli incassi
delle serate; c)l’avere curato le utenze ricevendo le bollette, nonchè l’affitto del
locale attraverso il pagamento con proprio bonifico del relativo canone; d) il
reperimento delle forniture del bar; e)la conduzione del bar che,
statutariamente, rappresentava una delle attività dell’associazione. Tali elementi
avrebbero consentito, secondo la ricorrente, di pervenire alla verifica concreta
delle attività gestorie compiute dal Presidente dell’associazione.
Orbene, sembra di potere dire che la totale pretermissione degli elementi
anzidetti si risolvere in un vizio della motivazione della sentenza tuttora
censurabile alla stregua del novellato art.360 comma 1 n.5 c.p.c., risultando
l’indagine svolta dalla CTR al fine di verificare la concreta attività gestoiia del
Ruggero gravemente lacunosa e apodittica, soprattutto quando la stessa ha
valorizzato l’attività di barista svolta senza tuttavia cogliere gli elementi
concreti che, all’interno di tale attività, aveva svolto il Ruggero e che,
unitamente agli altri non esaminati, potevano risultare decisivi per compiere la
verifica necessaria ai fini dell’accertamento della responsabilità solidale.
In conclusione, in accoglimento del terzo motivo, rigettate le altre censure, la
sentenza impugnata va cassata con rinvio ad altra sezione della CTR del Veneto
per nuovo esame e per la liquidazione delle spese dell’intero giudizio.
P. Q.M.
La Corte, visti gli artt.375 e 380 bis c.p.c.
Accoglie il terzo motivo, rigettati gli altri.
Cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della CTR del Veneto per
nuovo esame e per la liquida7ione delle spese dell’intero giudizio.
k
Così deciso il 23 aprile 2015 nella camera di consiglio della sesta sez e civile
in Roma.

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