Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12472 del 17/06/2015


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 12472 Anno 2015
Presidente: IACOBELLIS MARCELLO
Relatore: CONTI ROBERTO GIOVANNI

ORDINANZA
sul ricorso 1276-2014 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE 11210661002, in persona del
Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente contro
ASSOCIAZIONE AREA, RUGGERO MASSIMO, EQUITALIA
NORD ROVIGO SPA;

– intimati avverso la sentenza n. 47/2013 della COMMISSIONE TRIBUTARIA
REGIONALE di VENEZIA del 23/04/2013 > depositata

14/05/2013;

1314

511-

il

Data pubblicazione: 17/06/2015

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
23/04/2015 dal Consigliere Relatore Dott. ROBERTO GIOVANNI

In fatto e in diritto
L’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione, affidato a quattro
motivi, contro la sentenza resa dalla CTR Veneto n.47/2013, depositata il 14
maggio 2013, che nel confermare la sentenza di primo grado, ha ritenuto la
illegittimità della cartella di pagamento emessa nei confronti di Ruggero
Massimo relativa a IRPEF e sanzioni dovute dal contribuente per l’anno 2004,
quale coobbligato solidale del Circolo culturale Area, al cui interno ricopriva la
carica di Presidente.
Secondo la CTR la censura relativa all’inammissibilità del ricorso proposto dal
Ruggero in relazione all’art.19 d.lgs.n.546/92 era infondata, potendo questi
dimostrare di non essere coobbligato anche in sede di ricorso contro la cartella
di pagamento.
Aggiungeva, nel merito, che dal p.v.c. agli atti era emerso che il Ruggero, pur
formalmente legale rappresentante dell’associazione, non aveva mai assunto
alcuna decisione comportante esborsi e/o la reale gestione del night club, nè
aveva mai svolto attività di amministratore, risultando inquadrato come mero
barista. Ciò che pure era confermato dal fatto che i proventi dell’attività
commerciale erano confluiti sui conti correnti di Grimaldi Tullio e Chinaglia
Roberto.
Con il primo motivo l’Agenzia lamenta la violazione dell’art.19 c.3
d.lgs.n.546/1992. La CTR avrebbe dovuto considerare che l’avviso di
accertamento emesso nei confronti dell’associazione era stato notificato al
Ruggero nella qualità di legale rappresentante del circolo e che lo stesso non era
stato impugnato. Ragion per cui, non essendosi definita la procedura di
adesione iniziata dal predetto, era venuta meno la possibilità di esporre in sede
di ricorso contro la cartella di pagamento notificata al contribuente vizi propri
dell’accertamento originario, al cui interno erano state esplicitate le ragioni che
giustificavano la responsabilità del Ruggero.
Con il secondo motivo l’Agenzia prospetta la violazione dell’art.38 c.c.
Secondo la ricorrente la giurisprudenza di questa Corte era ferma nel
riconoscere la responsabilità dei soggetti avevano agito in nome e per conto
dell’associazione in aggiunta a quella dell’ente stesso; ragion per cui la stessa
titolarità formale delle cariche rappresentative era sufficiente a determinare la
coobbligazione solidale di chi la riveste. Peraltro, il giudice di appello,
sull’errato presupposto che la sola gestione del bar interno da parte del Ruggero
escludesse la solidarietà del medesimo rispetto all’obbligazione tributaria,
aveva violato l’art.38 c.c.
Con il terzo motivo si lamenta la violazione degli artt.115 ci parte II c.p.c.,
2733 c.c. e 2735 c., nonché 38 c.c. La CTR aveva tralasciato di considerare che
taluni fatti, non contestati, integravano pieni elementi di prova in ordine alla
responsabilità solidale del Ruggero, in particolare riferendosi alla deposizione
del predetto, alla sottoscrizione di un rendiconto dell’associazione, alla gestione
della cassa e del bar, all’affitto del locale con pagamento del canone con
Ric. 2014 n. 01276 sez. MT ud. 23-04-2015
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CONTI.

Ric. 2014 n. 01276 sez. MT – ud. 23-04-2015
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proprio bonifico. Circostanze, queste ultime, che lasciavano intravedere
un’attività ben diversa da quella di prestanome dell’associazione.
Con il quarto motivo si prospetta il vizio di motivazione sotto il profilo
dell’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, discussi tra le parti.
L’Agenzia deduce che la CTR aveva trascurato di considerare gli elementi
indicati in occasione del terzo motivo, limitandosi a considerare l’attività di
barista svolta dal Ruggero.
Le parti intimate non hanno depositato difese scritte.
Il primo motivo di ricorso è infondato per le considerazioni di seguito esposte.
Ed infatti, il Ruggero, che neppure aveva ricevuto la notifica in proprio
dell’avviso di accertamento indirizzato dall’Ufficio allo stesso nella sola qualità
di legale rappresentante dell’associazione-cfr.pag.4 penultimo periodo ricorso
per cassazione-, è legittimato ad impugnare la cartella, invece notificatagli, per
fare valere il vizio relativo alla solidarietà tributaria affermata nell’avviso di
accertamento.
Del resto, la giurisprudenza di questa Corte è concorde nel ritenere, nell’ambito
delle società di persone e dei rapporti che legano i soci quanto alle obbligazioni
tributarie, che il socio coobbligato non è pregiudicato dalla definitività degli
atti impositivi in capo alla società egli potendo contestare, in sede di
impugnazione degli atti esecutivi, anche l’esistenza o l’entità del debito
principale-cfr. Cass n.10267/2008;Cass.n. 1058412007; Cas s.n. 18646/2008, in
tema di “studi professionali”, In sostanza, impregiudicata la peculiare
disciplina che riguarda la responsabilità personale e solidale dei soggetti che
agiscono in nome e per conto dell’associazione non riconosciuta- sulla quale si
tornerà in seguito- deve ritenersi che l’atto esecutivo- nel caso di specie, la
cartella- notificato al soggetto obbligato solidalmente con l’associazione non
preceduto dall’atto impositivo svolge, altra a quella sua propria una funzione
secondaria di atto equivalente a quello d’imposizione, con la conseguenza che
contro di esso il socio può ricorrere ai sensi del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n.
546, art. 19, comma 3, ultimo periodo-v.Cass.S.U. sent.n.5791/2008- conf.
Cass. n.17687/2013-.
Occorre ora passare all’esame degli altri motivi, il cui esame non può che essere
congiunto in relazione al carattere strettamente connesso delle censure.
Giova rammentare che in ordine al tema d’indagine qui sollecitato
dall’Agenzia, correlato alla responsabilità del soggetto che ha agito in nome e
per conto dell’associazione non riconosciuta, si è ormai stratificata una
giurisprudenza di questa Corte di recente ben sintetizzata da Cass.n.20485/13,
la quale ha chiarito che : “… Va osservato, infatti, che – secondo il costante
insegnamento di questa Corte – la responsabilità personale e solidale, prevista
dall’art. 38 c.c., di colui che agisce in nome e per conto dell’associazione non
riconosciuta non è collegata alla mera titolarità della rappresentanza
dell’associazione stessa, bensì all’attività negoziale concretamente svolta per
suo conto e risoltasi nella creazione di rapporti obbligatori fra l’ente ed i terzi.
Si è, altresì, precisato – al riguardo – che tale responsabilità non concerne,
neppure in parte, un debito proprio dell’associato, ma ha carattere accessorio,
anche se non sussidiario, rispetto alla responsabilità primaria
dell’associazione, con la conseguenza che l’obbligazione, avente natura
solidale, di colui che ha agito per essa è inquadrabile fra quelle di garanzia “ex
lege”, assimilabili alla fideiussione (cfr., e,x plurimis, Cass. 25748/08,

Ric. 2014 n. 01276 sez. MT ud. 23-04-2015
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29733/11). D’altro canto, la ratio della previsione di una responsabilità
personale e solidale, in aggiunta a quella del fondo comune, delle persone che
hanno agito in nome e per conto dell’associazione, è volta a contemperare
l’assenza di un sistema di pubblicità legale riguardante il patrimonio dell’ente,
con le esigenze di tutela dei creditori (che abbiano fatto affidamento sulla
solvibilità e sul patrimonio di dette persone), e trascende, pertanto, la posizione
astrattamente assunta dal soggetto nell’ambito della compagine sociale,
ricollegandosi piuttosto ad una concreta ingerenza dell’agente nell’attività
dell’ente (Cass. 5746/07). Ne consegue, dunque, che chi invoca in giudizio tale
responsabilità ha l’onere di provare la concreta attività svolta in nome e
nell’interesse dell’associazione, non essendo sufficiente la prova in ordine alla
carica rivestita all’interno dell’ente (cfr., ex plurima, Cass. 26290/07,
25748/08). Il principio suesposto, in riferimento alla responsabilità solidale, ex
art. 38 c.c, di coloro che agiscono in nome per conto dell’associazione non
riconosciuta, ponendo in essere, a prescindere dalla rappresentanza formale
dell’ente, la concreta attività negoziale riferibile all’associazione stessa, è stato
– di poi – ritenuto da questa Corte applicabile anche ai debiti di natura
tributaria (v. Cass. 16344/08, 19486/09), pur senza trascurare, tuttavia, una
caratteristica fondamentale che connota siffatte obbligazioni. Si è – per vero rilevato, in proposito, che il principio in questione non esclude, peraltro, che
per i debiti d’imposta, i quali non sorgono su base negoziale, ma “ex lege” al
verificarsi del relativo presupposto, sia chiamato a rispondere solidalmente,
tanto per le sanzioni pecuniarie quanto per il tributo non corrisposto, il
soggetto che, in forza del ruolo rivestito, abbia diretto la complessiva gestione
associativa nel periodo considerato. Ciò nondimeno, il richiamo all’effettività
dell’ingerenza – implicito nel riferimento all’aver “agito in nome e per conto
dell’associazione”, contenuto nell’art. 38 c.c. -vale a circoscrivere la
responsabilità personale del soggetto investito di cariche sociali alle sole
obbligazioni che siano concretamente insorte nel periodo di relativa
investitura-Cass.m5746/07-”
Sulla base dei superiori principi ai quali è necessario dare continuità, la seconda
censura proposta dall’Agenzia appare sfornita di fondamento, la stessa
muovendo dal presupposto — errato, come si è visto in relazione alla
giurisprudenza teste ricordata- che la responsabilità del legale rappresentante
dell’associazione scaturirebbe dalla stessa carica ricoperta all’interno
dell’associazione. Quanto alla terza censura la stessa, oltrechè inammissibile
per difetto di autosufficienza in relazione alla mancata riproduzione in ricorso
degli elementi dai quali sarebbe stato possibile verificare l’avvenuta non
contestazione da parte della controparte in sede di giudizio di merito, appare
prospettare come violazione di legge un vizio che affetta, in realtà,
l’accertamento di fatto compiuto dalla CTR in ordine alla concreta ingerenza
del Ruggero nelle attività gestorie dell’associazione culturale. Ciò che rende
parimenti inammissibile il terzo motivo di ricorso.
La quarta doglianza, ammissibile in relazione al novellato art.360 c.1 n.5 c.p.c.Cass.S.U. nn.8053 e 8054/2014-è invece fondata.
Ed invero, la CTR, per giungere ad escludere la responsabilità solidale del
Ruggero, ricoprente la carica di Presidente dell’associazione culturale Area, si è
limitata ad esaminare il fatto rappresentato dall’essere risultato il predetto mero
gestore del bar e dal non avere quest’ultimo versato gli incassi del night club sul

proprio conto, risultando che gli stessi erano gestiti unicamente da altri spggettiGrimaldi Tulio e Chinaglia Roberto-.
Orbene, secondo l’Agenzia la CTR avrebbe dovuto considerare:a) la
sottoscrizione del rendiconto dell’associazione; b)la riscossione degli incassi
delle serate; c)l’avere curato le utenze ricevendo le bollette, nonché l’affitto del
locale attraverso il pagamento con proprio bonifico del relativo canone; d) il
reperimento delle forniture del bar; e)la conduzione del bar che,
statutariamente, rappresentava una delle attività dell’associazione. Tali elementi
avrebbero consentito, secondo la ricorrente, di pervenire alla verifica concreta
delle attività gestorie compiute dal Presidente dell’associazione.
Orbene, sembra di potere dire che la totale pretermissione degli elementi
anzidetti si risolvere in un vizio della motivazione della sentenza tuttora
censurabile alla stregua del novellato art.360 conuna I n.5 c.p.c., risultando
l’indagine svolta dalla CTR al fine di verificare la concreta attività gestoria del
Ruggero gravemente lacunosa e apodittica, soprattutto quando la stessa ha
valorizzato l’attività di barista svolta dal predetto senza tuttavia cogliere gli
elementi concreti che, all’interno di tale attività, aveva svolto il Ruggero e che,
unitamente agli altri non esaminati, potevano risultare decisivi per compiere la
verifica necessaria ai fini dell’accertamento della responsabilità solidale.
Sulla base di tali considerazioni, il quarto motivo di ricorso merita di essere
accolto, disattesi gli altri.
In conclusione, in accoglimento del quarto motivo, rigettate le altre censure la
sentenza impugnata va cassata con rinvio ad altra sezione della CTR del Veneto
per nuovo esame e per la liquidazione delle spese dell’intero giudizio.
P.Q.M.
La Corte, visti gli artt.375 e 380 bis c.p.c.
Accoglie il quarto motivo, rigettati gli altri.
Cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della CTR del Veneto per
nuovo esame e per la liquidazione delle spese dell’intero giudizio.
Così deciso il 23 aprile 2015 nella camera di consiglio della sesta s ‘ne civile
$1
in Roma.

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