Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1247 del 17/01/2019

Cassazione civile sez. un., 17/01/2019, (ud. 19/06/2018, dep. 17/01/2019), n.1247

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAMMONE Giovanni – Primo Presidente –

Dott. CURZIO Pietro – Presidente di Sez. –

Dott. MANNA Antonio – Presidente di Sez. –

Dott. ARMANO Uliana – Presidente di Sez. –

Dott. CRISTIANO Magda – rel. Presidente di Sez. –

Dott. CHINDEMI Domenico – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 1319/2017 proposto da:

ASTREA TRE S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CRESCENZIO 63, presso lo

studio dell’avvocato SABRINA MORELLI, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato ENRICO GABRIELLI;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI MONTEROSI, in persona del Sindaco pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE

DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati VALENTINA DI

BENEDETTO e PAOLO RICCIARDI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2915/2016 del CONSIGLIO DI STATO, depositata

il 28/06/2016.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

19/06/2018 dal Presidente Dott. MAGDA CRISTIANO;

udito il Pubblico Ministero, in persona dell’Avvocato Generale Dott.

FINOCCHI GHERSI Renato, che ha concluso per l’inammissibilità del

ricorso;

uditi gli Avvocati Sabrina Morelli, Enrico Gabrielli e Paolo

Ricciardi.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Astrea Tre s.r.l., proprietaria di un’area agricola sita nel territorio del Comune di (OMISSIS) sottoposta a riqualificazione ambientale e destinata per la massima parte alla realizzazione di un campo da golf e delle annesse strutture di servizio, propose ricorso dinanzi al TAR del Lazio avverso la nota del 7.6.2012 con la quale il Comune aveva respinto la sua richiesta di restituzione della quota dei contributi versati per costi di costruzione (D.P.R. n. 380 del 2001, ex art. 16 e art. 19, comma 2) che eccedeva la zona edificata e corrispondeva ai lavori di sistemazione del green e del terreno di gioco.

Il ricorso fu accolto dal giudice di primo grado, che annullò il provvedimento impugnato.

La decisione, appellata dal Comune di Monterosi, è stata riformata dal Consiglio di Stato, che ha ritenuto che il contributo di cui agli artt. 16 e 19 cit. (qualificato come prelievo para-tributario, correlato al rilascio del permesso di costruire) è dovuto anche per opere di “modellamento” dell’area verde quali quelle realizzate dalla società (stradine, viali, ponticelli in legno, collinette e laghetti artificiali), atteso che, secondo un’interpretazione evolutiva, costituiscono interventi di nuova costruzione, da ricomprendere nel concetto di trasformazione edilizia, anche i manufatti che non richiedono veri e propri lavori di edificazione, ma che modifichino in maniera rilevante e duratura la conformazione del suolo, alterandone l’originaria morfologia a seguito di lavori di scavo, di sbancamento, di livellamento ecc., destinati ad usi turistici o sportivi e produttivi di vantaggi economici connessi alla loro utilizzazione.

La sentenza, depositata il 28.6.2016, è stata impugnata da Astrea Tre con ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo, cui il Comune di Monterosi ha resistito con controricorso.

Entrambe le parti hanno depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1) Con l’unico motivo del ricorso Astrea Tre sostiene che il Consiglio di Stato – nell’affermare che il contributo di cui del D.P.R. n. 380 del 2001, artt. 16 e 19, correlato al rilascio del permesso di costruire, è dovuto anche per le opere di modellamento del territorio comportanti incremento di valore del suolo agricolo destinato ad attività sportiva all’aperto – ha ecceduto i limiti della propria giurisdizione, sconfinando dalla sfera interpretativa e svolgendo attività legislativa.

La ricorrente osserva a tale riguardo che la normativa che il giudice era chiamato ad applicare fa inequivoco ed esclusivo riferimento ad edifici, costruzioni o opere edilizie e che, anche quando, con diversa terminologia, contempla “impianti”, questi si identificano sempre con strutture edilizie; sostiene inoltre che l’affermazione del C.d.S., secondo cui ricade nell’ambito di applicazione dell’art. 19 cit. ogni trasformazione che, indipendentemente dall’esecuzione fisica di opere, si rivela produttiva di vantaggi economici connessi all’utilizzazione, travalica i limiti dell’attività ermeneutica, creando un significato assolutamente incompatibile con il testo della disposizione, oltre che in contraddizione con la sua ratio; rileva, infine, che l’art. 23 Cost., nel prevedere una specifica riserva di legge in materia di tributi, esclude che il giudice possa individuare criteri per la determinazione della base imponibile che la norma non prevede.

2) Il motivo è inammissibile.

E’ principio consolidato che, in tema di sindacato di questa Corte ai sensi dell’art. 362 c.p.c., comma 1, l’eccesso di potere giurisdizionale per l’invasione della sfera di attribuzione riservata al legislatore è configurabile solo qualora il giudice speciale abbia applicato non la norma esistente, ma una norma da lui creata, esercitando un’attività di produzione normativa che non gli compete. L’ipotesi, dunque, non ricorre quando il medesimo giudice si sia attenuto al compito di interpretazione che gli è proprio, ricercando nell’ordinamento gli elementi da cui desumere la volontà della legge applicabile nel caso concreto, anche se non si sia attenuto al tenore letterale delle singole disposizioni, ma alla ratio che il loro coordinamento sistematico disvela (Cass. S.U., 31 maggio 2016, n. 11380; Cass. S.U. 12 dicembre 2012, n. 22784; Cass. S.U. 28 gennaio 2011, n. 2068).

Nel caso in esame l’assunto di Astrea Tre, secondo cui il C.d.S. avrebbe invaso la sfera di attribuzioni propria dei legislatore, stravolgendo le disposizioni vigenti ed applicando una norma creata ad hoc, si rivela privo di fondamento.

Va premesso che l’assunto muove da un’errata interpretazione del contenuto della pronuncia impugnata, nella quale il giudice d’appello non ha affermato che presupposto impositivo del contributo di cui del D.P.R. n. 380 del 2001, artt. 16 e 19, è il mero incremento di valore conseguito dal proprietario di un suolo agricolo destinato ad attività sportiva “indipendentemente dall’esistenza di un’attività di costruzione o di trasformazione del suolo”, ma ha invece sostenuto che nella nozione di “costruzione” devono essere incluse anche le opere che, pur non potendo essere definite edificatorie in senso stretto, sono comunque destinate a trasformare in via permanente l’assetto del territorio.

Si è già ricordato, nella parte espositiva della presente sentenza, che il C.d.S. ha fondato la propria decisione su di un’interpretazione evolutiva, anzichè ancorata al tenore meramente letterale, delle norme, già presenti nell’ordinamento, che erano state sottoposte al suo esame. Qui può aggiungersi che, a conforto della stessa, il giudicante ha richiamato numerosi precedenti giurisprudenziali conformi del giudice amministrativo di primo grado (TAR Lazio Roma n. 394/2009; TAR Lombardia Milano n. 5452/2007; TAR Veneto n. 449/2006) nonchè i principi, in tema di concessione urbanistica, da tempo enunciati dalla Cassazione penale (fra molte, proprio in fattispecie avente ad oggetto la realizzazione di un campo da golf, Cass. pen. nn. 6444/2006, 12002/98), che ritiene necessaria apposita autorizzazione ogni qual volta la morfologia del territorio venga alterata in conseguenza di rilevanti opere di scavo, di sbancamento e di livellamento finalizzate ad usi diversi da quello agricolo.

Può ben dirsi, in definitiva, che ciò che la ricorrente lamenta è che il C.d.S. abbia disatteso l’opposta è più restrittiva tesi interpretativa, da essa sostenuta, che ritiene necessario il rilascio del permesso di costruire, comportante il versamento del relativo contributo, per i soli impianti sportivi che prevedano la realizzazione di opere edilizie.

Si tratta di doglianza che potrebbe tutt’al più essere sottesa alla denuncia di un error in iudicando e che dunque esula dal sindacato in ordine alla violazione da parte del giudice speciale dei limiti esterni della giurisdizione, demandato a questa Corte dall’art. 111 Cost., comma 8 e art. 362 c.p.c., comma 1.

Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del giudizio, che si liquidano in dispositivo.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali, liquidate in Euro 4.200, di cui Euro 200 per esborsi, oltre rimborso forfetario e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

Così deciso in Roma, il 19 giugno 2018.

Depositato in Cancelleria il 17 gennaio 2019

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