Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1247 del


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Civile Sent. Sez. L Num. 1247 Anno 2015
Presidente:
Relatore:

SENTENZA

sul ricorso 8654-2012 proposto da:
DE QUARTO PAOLA C.F. DQRPLA61B48F2051, elettivamente
domiciliata in ROMA, CORSO DEL RINASCIMENTO 11, presso
lo studio dell’avvocato VALERIA PELLEGRINO, che la
rappresenta e difende giusta delega in atti;
– ricorrente contro

2014
3073

POSTE ITALIANE S.P.A. C.F. 97103880585, in persona del
legale

rappresentante pro

tempore,

elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA PO 25-B, presso lo studio
dell’avvocato ROBERTO PESSI, che la rappresenta e

Data pubblicazione:

difende giusta delega in atti;
– controricorrente –

avverso la sentenza n. 337/2010 della CORTE D’APPELLO
DI LECCE SEZIONE DISTACCATA DI TARANTO, depositata il
31/03/2011 R.G.N. 160/2010;

udienza del 23/10/2014 dal Consigliere Dott. UMBERTO
BERRINO;
udito l’Avvocato L’ABBATE AMINA per delega PELLEGRINO
VALERIA;
udito l’Avvocato RIGI LUPERTI MARCO per delega verbale
PESSI ROBERTO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARCELLO MATERA, che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica

Svolgimento del processo
Si controverte del licenziamento intimato il 29/6/2006 a Paola De Quarto,
dipendente postale presso l’ufficio di Taranto, per appropriazione di somme
corrispondenti agli importi di quattro buoni postali fruttiferi e dei relativi interessi.
Con sentenza del 14/7/2010 — 31/3/2011, la Corte d’appello di Lecce, nel

lavoro del Tribunale di Taranto che le aveva rigettato la domanda di annullamento
/
del licenziamento, ha spiegato che i fatti posti a fondamento del provvedimento di
recesso avevano trovato idonei riscontri in sede istruttoria, che la contestazione
disciplinare non poteva essere considerata tardiva e che non sussisteva il
lamentato vizio di mutamento della contestazione, atteso che il licenziamento era
legittimo anche solo in relazione alle condotte verificatesi nel 2006, dovendosi
ritenere sostanzialmente assorbita la vicenda risalente al 2000.
Per la cassazione della sentenza ricorre la De Quarto con un solo motivo.
Resiste con controricorso la società Poste Italiane s.p.a.
Le parti depositano memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c.
Motivi della decisione
Con un solo motivo la ricorrente si duole della violazione dell’art. 2119 c.c., dell’art.
7 della legge n. 300/70 e degli artt. 1175 e 1375 c.c., per avere la Corte d’appello
erroneamente negato la tardività della contestazione dell’addebito disciplinare e
del conseguente licenziamento.
In particolare la De Quarto deduce che la Corte di merito ha ritenuto giustificabile il
lasso di tempo trascorso tra la piena conoscenza dei fatti oggetto d’addebito,
risalente al 10 marzo 2006 in occasione della chiusura dell’ispezione, e la loro
contestazione, avvenuta con lettera del 6 giugno 2006, facendo rilevare che tale
periodo di circa tre mesi non poteva ascriversi, come affermato in sentenza, alla
complessità organizzativa dell’impresa ed alla necessità di ponderare
adeguatamente le condotte accertate, ma esclusivamente a carenze organizzative
della stessa azienda, tenuto conto della circostanza che la relazione ispettiva era
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fr)

respingere l’impugnazione della lavoratrice avverso la sentenza del giudice del

stata inoltrata alla struttura responsabile della valutazione dei fatti a distanza di
circa due mesi dalla chiusura delle indagini.
Inoltre, la ricorrente sostiene che la Corte d’appello è incorsa in errore nel ritenere
che l’adozione, in data 10 maggio 2006, del provvedimento di sospensione

rapporto di lavoro, non potendo la lavoratrice fare affidamento su una ipotetica
mancanza di interesse della parte datoriale all’esercizio della facoltà di recesso.
Sostiene, invece, la ricorrente che in considerazione del fatto che il provvedimento
di sospensione era stato emesso allorquando la società aveva già concluso
l’attività ispettiva in ordine all’accertamento dei fatti, quest’ultima misura appariva,
piuttosto, una rinunzia all’esercizio dell’azione disciplinare, essendo stata adottata
a distanza di due mesi dalla piena conoscenza dei fatti, in luogo della
contestazione degli addebiti.
Il ricorso è infondato.
Invero, questa Corte ha già precisato che il principio della immediatezza della
contestazione dell’addebito e quello della tempestività del recesso datoriale, la cui
“ratio” riflette l’esigenza di osservanza della regola di buona fede e correttezza
nell’attuazione dei rapporto di lavoro, devono essere intesi in senso relativo,
potendo essere compatibili con un intervallo necessario, in relazione al caso
concreto e alla complessità dell’organizzazione del datore di lavoro, per
un’adeguata valutazione della gravità dell’addebito mosso al dipendente e della
validità o meno delle giustificazioni da lui fornite; in ogni caso, l’accertamento della
violazione di tale principio spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di
legittimità se congruamente motivato (cfr. ex plurimis Cass. sez. lav. n.
25070/2013, n. 29480/2008, n. 22066/2007, n. 14115/2006).
In particolare, il requisito in esame è compatibile con un intervallo di tempo
necessario per l’accertamento e la valutazione dei fatti contestati, specie quando il
comportamento del lavoratore consista in una serie di fatti convergenti in una

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cautelare dal servizio risultava inconciliabile con l’incertezza sulla sorte del

unica condotta ed implichi, pertanto, una valutazione globale ed unitaria; in tal
caso l’intimazione del licenziamento può seguire l’ultimo di questi fatti, anche ad
una certa distanza temporale dai fatti precedenti (Cass. sez. lav. n. 7983/2008, n.
282/2008, n. 22066/2007, n. 18711/2007, n. 3948/2000).

contestata e non l’astratta percettibilità o conoscibilità dei fatti stessi (Cass. sez.
lav. n. 23739/2008, n. 21546/2007). E’ stato altresì precisato (Cass. sez. lav. n.
5308/2000) che il requisito dell’immediatezza della contestazione è posto a tutela
del lavoratore ed è inteso a consentirgli un’adeguata difesa, onde il ritardo nella
contestazione può costituire un vizio del procedimento disciplinare solo ove sia
tale da determinare un ostacolo alla difesa effettiva del lavoratore, tenendo anche
conto che il prudente indugio del datore di lavoro, ossia la ponderata e
responsabile valutazione dei fatti, può e deve precedere la contestazione anche
nell’interesse del prestatore di lavoro, che sarebbe palesemente colpito da accuse
avventate o comunque non sorrette da una sufficiente certezza da parte del datore
di lavoro (Cass. sez. lav. n. 1101/2007 e n. 241/2006).
Nel caso di specie, la Corte d’appello ha ritenuto che non erano condivisibili i
riferimenti temporali che la lavoratrice aveva posto a base della doglianza e a tal
riguardo ha elencato le varie fasi dell’articolata procedura disciplinare
evidenziando quanto segue: – Dalla documentazione in atti era emerso che a
seguito delle lamentele del cliente Costa Francesco, il quale si era doluto della
sottrazione di quattro dei sedici buoni fruttiferi portati nell’ufficio postale il 12 o il 13
gennaio, solo in data 26/1/2006 il Direttore Guarino, dopo un ulteriore accesso del
denunziante Costa, riusciva ad addivenire ad un primo parziale risultato, avendo
accertato che i buoni in questione erano stati incassati con firme apocrife nei giorni
13 e 14 gennaio, dopodiché, in data 13/2/2006, investiva della questione la
struttura ispettiva interna che provvedeva a sentire, tra il 7 e 1’8 marzo del 2006,
tutti i soggetti coinvolti prima di pervenire, in data 10/3/2006, alla chiusura

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Rileva, inoltre, l’avvenuta conoscenza da parte del datore di lavoro della situazione

dell’indagine. Inoltre, le modalità fraudolente dell’operazione eseguita e la
presenza di dichiarazioni contrastanti avevano indotto la datrice di lavoro ad
adoperare una particolare attenzione nell’esame degli atti, tanto che in data
10/5/2006 veniva emesso provvedimento di sospensione cautelare, al quale

ricostruzione delle varie fasi del procedimento disciplinare nei suoi vari aspetti, tutti
concatenati tra loro, ha consentito alla Corte d’appello di pervenire al
convincimento, immune da rilievi di tipo logico-giuridico ed in linea coi principi
sopra ricordati in tema di valutazione del concetto di immediatezza della
contestazione disciplinare, della infondatezza della doglianza della lavoratrice in
merito alla supposta tardività della contestazione dell’addebito e del conseguente
licenziamento.
Al riguardo, non può non rimarcarsi che il principio della immediatezza della
contestazione dell’addebito e quello della tempestività del recesso datoriale
devono essere intesi in senso relativo, restando comunque riservata al giudice del
merito la valutazione delle circostanze di fatto che in concreto giustificano o meno
il ritardo (cfr. la giurisprudenza sopra citata, oltre che Cass. sez lav. n.
16291/2004).
Pertanto, il ricorso va rigettato.
Le spese di lite del presente giudizio seguono la soccombenza della ricorrente e
vanno liquidate come da dispositivo.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del
presente giudizio nella misura di € 4000,00 per compensi professionali e di €
100,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% ed a cessori di legge.
Così deciso in Roma il 23 ottobre 2014
Il Consigliere estensore

Il Presid t

seguiva lettera di contestazione del 6 giugno 2006. In definitiva, la puntuale

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