Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12469 del 12/05/2021

Cassazione civile sez. trib., 12/05/2021, (ud. 19/01/2021, dep. 12/05/2021), n.12469

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE MASI Oronzo – Presidente –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – rel. Consigliere –

Dott. CIRESE Marina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14619-2014 proposto da:

OIL ITALIA SRL, elettivamente domiciliata in ROMA, Piazza Cavour

presso la cancelleria della Corte di Cassazione rappresentata e

difesa dall’avvocato GIORGIO AZZALINI;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

e contro

SHELL ITALIA SPA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 168/2013 della COMM.TRIB.REG. LOMBARDIA,

depositata il 20/11/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

19/01/2021 dal Consigliere Dott. ANTONIO MONDINI.

 

Fatto

PREMESSO

che:

1. là società Oil Italia srl ricorre, con quattro motivi illustrati con memoria, per la cassazione della sentenza in epigrafe con la quale la CTR della Lombardia ha ritenuto motivata e congrua la rettifica del valore dell’avviamento del ramo di azienda costituito da 10 punti di vendita di carburante ceduti ad essa ricorrente dalla Shell Italia con contratto in data 28 novembre 2007, effettuata dall’Agenzia delle entrate con avviso notificato ad entrambe le società, in liquidazione di maggior imposta di registro, interessi e sanzioni;

2. l’Agenzia delle entrate ha depositato controricorso;

3. la società Shell Italia (che aveva partecipato ai due gradi di merito) non ha svolto difese.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. con il primo motivo di ricorso viene dedotta la “violazione della L. n. 212 del 2000, art. 7 e del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 52, comma 2 bis”. Nell’avviso, per il calcolo del valore dell’avviamento, è richiamata una “transazione intercorsa tra Eni spa e Netma Uno srl” nel 2003, dalla quale è tratto il parametro utilizzato per la rettifica. Il parametro è trascritto nell’avviso (v. pagine 10 e 11 del ricorso) ed è costituito “dal volume di carburante erogato da ciascun impianto nell’anno precedente la cessione moltiplicato per un valore al litro differente a seconda che gli impianti ceduti insistessero su suolo di proprietà della cedente oppure su suolo di proprietà di terzi”. La CTR ha affermato che l’avviso era motivato in quanto, da un lato, essendo stata la Netma Uno “successivamente incorporata nella Shell”, la transazione richiamata “era nella disponibilità di quest’ultima”, dall’altro lato, che l’avviso riportava il contenuto essenziale della transazione. La ricorrente sostiene che la CTR ha violato gli evocati articoli di legge in quanto, da un lato, la ridetta incorporazione aveva riguardato terzi e in nessun modo poteva essere considerata idonea a far ritenere che essa Oil Italia fosse a conoscenza della transazione, dall’altro lato, l’avviso riportava soltanto “la metodologia di calcolo indicata nella precedente transazione ed in particolare i soli parametri numerici ivi indicati senza alcun riferimento agli elementi valutati per la loro quantificazione in relazione all’oggetto e alla caratteristiche della cessione”;

2. il motivo è infondato. La L. n. 212 del 2000, art. 7 stabilisce che gli atti dell’amministrazione finanziaria devono essere motivati secondo quanto prescritto dalla L. 7 agosto 1990, n. 241, art. 3 concernente la motivazione dei provvedimenti amministrativi, indicando i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell’amministrazione. Se nella motivazione si fa riferimento ad un altro atto, quest’ultimo deve essere allegato all’atto che lo richiama. L’art. 52, comma 2 bis, D.P.R. cit., specificamente in tema di imposta di registro, prevede che “la motivazione dell’atto deve indicare i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che lo hanno determinato. Se la motivazione fa riferimento ad un altro atto non conosciuto nè ricevuto dal contribuente, questo deve essere allegato all’atto che lo richiama salvo che quest’ultimo non ne riproduca il contenuto essenziale. L’accertamento è nullo se non sono osservate le disposizioni di cui al presente comma”. Per contenuto essenziale dell’atto richiamato si intende l’insieme delle informazioni le quali, da sole o unitamente alle informazioni direttamente date dall’atto richiamante, siano idonee a far emergere le ragioni della pretesa impositiva. Come emerge dalla trascrizione dell’avviso contenuta nelle pagine 10 e 11 del ricorso, il contenuto della transazione richiamata era riportato nell’avviso stesso: l’avviso richiama la transazione per l’individuazione del criterio di calcolo dell’avviamento e precisa che, come in riferimento a quella transazione, detto criterio è dato da due elementi numerici: quantitativo del carburante erogato da ogni impianto, “valore al litro” del carburante. Ciò posto, al contrario di quanto sostiene la ricorrente, l’obbligo di motivazione dell’avviso è stato soddisfatto. La pretesa della ricorrente che nell’avviso fossero specificati gli “elementi valutati per la quantificazione (dei parametri numerici indicati) in relazione all’oggetto e alla caratteristiche della cessione” non ha senso: i “parametri numerici” de quibus quantitativo e valore del carburante – non presuppongono elementi di valutazione riferiti all’oggetto e alle caratteristiche della cessione. E’ all’evidenza altra questione quella della ipotetica inesattezza dei quantitativi indicati nell’avviso come erogati da ogni impianto o della ipotetica inesattezza del valore per litro erogato. Simile questione che comunque non afferirebbe alla motivazione dell’atto di rettifica ma al congruità della rettifica non è stata sollevata;

3. con il secondo motivo di ricorso viene dedotta la “violazione del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 51, commi 2 e 4” per avere la CTR avallato la rettifica dell’avviamento effettuata dall’ufficio sebbene la stessa non avesse riferimento alle “caratteristiche concrete degli impianti oggetto di cessione”;

4. il motivo è infondato. Le disposizioni di legge richiamate prevedono: “Per gli atti che hanno per oggetto beni immobili o diritti reali immobiliari e per quelli che hanno per oggetto aziende o diritti reali su di esse, si intende per valore il valore venale in comune commercio” (D.P.R. n. 131 del 1986, art. 51, comma 2); “Per gli atti che hanno per oggetto aziende o diritti reali su di esse il valore di cui al comma 1 è controllato dall’ufficio con riferimento al valore complessivo dei beni che compongono l’azienda, compreso l’avviamento ed esclusi i beni indicati nell’art. 7 della parte prima della tariffa e art. 11-bis della tabella, al netto delle passività risultanti dalle scritture contabili obbligatorie o da atti aventi data certa a norma del codice civile, tranne quelle che l’alienante si sia espressamente impegnato ad estinguere e quelle relative ai beni di cui al citato art. 7 della parte prima della tariffa e art. 11-bis della tabella. L’ufficio può tenere conto anche degli accertamenti compiuti ai fini di altre imposte e può procedere ad accessi, ispezioni e verifiche secondo le disposizioni relative all’imposta sul valore aggiunto” (D.P.R. n. 131 del 1986, art. 51, comma 4). La legge non specifica in base a quale criterio ossia in considerazione di quali elementi debba essere determinato il valore dell’avviamento, in rettifica del valore dichiarato dalle parti. Ciò detto, premesso che l’impiego del criterio del quantitativo del carburante erogato moltiplicato per il prezzo al litro del carburante ai fini del calcolo dell’avviamento – i.e. della capacità dare profitto – degli impianti di distribuzione di carburante appare idoneo allo scopo, senza considerare l’indeterminatezza delle “caratteristiche concrete degli impianti oggetto di cessione” che non sarebbero state tenute in conto, la denunciata violazione di legge si rivela inesistente e neppure ipotizzabile;

5. con il terzo motivo di ricorso viene dedotta la nullità della sentenza per difetto di logica motivazione. La ricorrente sostiene che sia illogica la seguente affermazione fatta dalla CTR: ai fini della rettifica del valore dell’azienda ceduta l’ufficio deve “esaminarne la concreta realtà… anche in proiezione delle sue future potenzialità di reddito. In quest’ottica del tutto ragionevole sembra il parametro utilizzato in una precedente transazione tra Eni spa e Netma Uno srl.

L’ufficio ha rettificato il valore di cessione prendendo in considerazione il volume di carburante erogato da ciascun impianto dell’anno precedente la cessione e moltiplicando detta quantità per un prezzo al litro…”. L’illogicità emergerebbe da ciò che “non è coerente affermare la necessità di considerare la concreta situazione fattuale e valutarla per il tramite di un parametro disancorato dalla realtà analizzata”;

6. il motivo è infondato. Si premette che, a seguito della riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54 conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012, il sindacato di legittimità sulla motivazione della sentenza impugnata resta circoscritto alla sola verifica della violazione del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111 Cost., comma 6. Tale violazione è individuabile nelle ipotesi – che si convertono in violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 e danno luogo a nullità della sentenza – di “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, di “motivazione apparente”, di motivazione articolata in affermazioni tra loro “in contrasto irriducibile”, di motivazione “perplessa ed obiettivamente incomprensibile” (Sezioni Unite 8053/2014). La motivazione della sentenza impugnata si sottrae alla censura essendo, al contrario di quanto sostenuto dalla ricorrente, affatto coerente affermare – con la CTR – che al fine di stimare l’avviamento di un’azienda occorre considerare la specificità della azienda stessa e che può essere valorizzato un parametro – i.e. un criterio, non i dati assoluti – già usato allo stesso fine in precedenza;

7. con il quarto motivo di ricorso viene dedotto, sotto la rubrica di “violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, art. 118 disp. att. c.p.c., art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, e art. 111 Cost.: motivazione insufficiente e/o inidonea”, che la CTR non ha “sufficientemente esaminato e, conseguentemente, motivato, la realtà del ramo di azienda”. In sostanza, al di là, cioè, della rubrica, il motivo ha riguardo alla previsione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) secondo cui può essere presentato ricorso per cassazione “per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”. I fatti che non sarebbero stati esaminati sono: il fatto che la transazione del 2003 “è stata stipulata non dalla ricorrente ma da soggetti diversi e per di più del tutto estranei al segmento di mercato della ricorrente”; il fatto che detta transazione risale al 2003 mentre il contratto di vendita degli impianti oggetto di rettifica è stato stipulato nel 2007 e “pertanto in condizioni di mercato aventi diverse peculiarità”; il fatto che la transazione riguardava impianti diversi da quelli di cui al contratto; il fatto che “degli impianti oggetto di cessione non si conosce nulla, ubicazione, dimensioni, consistenza, numero dei dipendenti e/o gestori, vetustà delle attrezzature e tipologia, data di ultimo collaudo, esistenza di dichiarazioni di incompatibilità territoriale ovvero di provvedimenti comunali di chiusura del singolo impianto”; il fatto che gli impianti ceduti da essa ricorrente, come attestato da perizia di stima prodotta in primo grado, erano “vetusti, bisognosi di ristrutturazione, di piccole dimensioni, ubicati in zone periferiche e di scarso afflusso”; il fatto, evidenziato nei “prospetti riepilogativi e nei prospetti sinottici prodotti nel giudizio di merito, che nel periodo dal 2006 al 2009 e, rispettivamente, dal 2004 al 2009, in tutti gli impianti esaminati vi è stato un andamento decrescente della vendite”;

7. il motivo è infondato. I primi tre dei fatti sopra ricordati non sono decisivi atteso che la ridetta transazione è stata richiamata dalla CTR come atto in cui era stato già fatto uso del parametro più volte menzionato utilizzato anche per la stima degli impianti di cui trattasi; quello che la ricorrente ha dedotto essere il quarto fatto – nelle sue varie specificazioni – non è in realtà un fatto ma un’affermazione negativa (“degli impianti oggetto di cessione non si conosce nulla”). I fatti ulteriori non può dirsi siano stati trascurati: si tratta in realtà o di fatti che restano assorbiti (condizione e ubicazione degli impianti) o di fatti che, per quanto non del tutto irrilevanti (tali sono i dati delle vendite negli anni successivi al 2007 dovendo la stima dell’avviamento essere riferita alla data della cessione, 28 novembre 2007), sono smentiti dall’insindacabile accertamento effettuato dalla CTU: “la quantità dell’erogato nel 2004 e nel 2005 è risultata notevolmente superiore a quella erogata nel 2006”;

8. il ricorso deve essere rigettato;

9. le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

rigetta il ricorso;

condanna la ricorrente a rifondere alla Agenzia delle entrate le spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 4100,00, oltre spese prenotate a debito;

ai sensi del testo unico approvato con il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il pagamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso articolo, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 19 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 12 maggio 2021

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