Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12467 del 08/06/2011

Cassazione civile sez. lav., 08/06/2011, (ud. 28/04/2011, dep. 08/06/2011), n.12467

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROSELLI Federico – Presidente –

Dott. DE RENZIS Alessandro – Consigliere –

Dott. FILABOZZI Antonio – Consigliere –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

AUTOSTRADE PER L’ITALIA S.P.A., AUTOSTRADE S.P.A., in persona dei

legali rappresentanti pro tempore, elettivamente domiciliati in ROMA,

VIA DELLE TRE MADONNE 8, presso lo studio dell’avvocato MARAZZA

MAURIZIO, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato DE FEO

DOMENICO, giusta delega in atti;

– ricorrenti –

contro

M.D., O.G., D.L.G., V.

V., M.A., elettivamente domiciliati in ROMA,

PIAZZA EUCLIDE N. 47 P. 2 INT. 4, presso lo studio dell’avvocato

DALL’ARA GIAN PIETRO, che li rappresenta e difende giusta delega in

atti;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 363/2006 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 27/11/2006 R.G.N. 365//03;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

28/04/2011 dal Consigliere Dott. ROSSANA MANCINO;

udito l’Avvocato MARAZZA MAURIZIO;

udito l’Avvocato DALL’ARA GIAN PIETRO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MATERA Marcello, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con sentenza in data 27 novembre 2006 la Corte di appello di Bologna, confermava la sentenza resa dal giudice di primo grado, impugnata da Autostrade, Concessioni e costruzioni autostrade spa, di condanna, in accoglimento della domanda proposta da D.L. G. ed altri, di Autostrade per l’Italia spa al risarcimento del danno, liquidato in via equitativa, pari alla metà della differenza fra la retribuzione spettante per un orario di lavoro a tempo pieno e quella percepita per il periodo dal dicembre 1993 nei limiti della prescrizione quinquennale, per mancata predeterminazione, nel contratto di lavoro a tempo parziale instauratosi fra le parti, della distribuzione dell’orario nel giorno, nella settimana, nel mese e nell’anno.

2. Osservava, in sintesi, la Corte territoriale che, tenuto conto della quantità del tempo di lavoro non predeterminata, del preavviso che, per le parti in questione, poteva anche essere di poche ore, della necessità contrattualmente imposta di munirsi di adeguata giustificazione per reiterati casi di rifiuto, doveva ritenersi accertato che i dipendenti non potevano fare pieno affidamento sul proprio tempo libero, con conseguente diritto ad un risarcimento liquidato equitativamente ex art. 432 c.p.c. in assenza della prova dell’esistenza di più specifiche voci di danno patrimoniale.

3. Per la cassazione di tale sentenza propongono ricorso Autostrade per l’Italia s.p.a. e Autostrade s.p.a., in persona dei legali rappresentanti protempore, con due motivi, illustrati con memoria.

Resistono con controricorso D.L. ed altri litisconsorti, illustrato con memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

4. Rileva, preliminarmente, il Collegio che è priva di fondamento la dedotta eccezione di tardività del ricorso, consegnato, per la notificazione, all’ufficiale giudiziario entro il prescritto termine di sessanta giorni.

5. Con il primo motivo le ricorrenti lamentano violazione L. n. 863 del 1984, art. 5, comma 2 nonchè vizi di motivazione, deducendo la liceità della clausola del contratto collettivo del 1990 che prevedeva, in caso di contratto individuale a tempo parziale, la programmazione del turno mensile.

6. Il motivo è inammissibile in quanto non corrispondente al contenuto della sentenza, la quale ha fondato la condanna risarcitoria non già sull’illiceità della detta clausola contrattuale bensì sui modi concreti di attuazione del contratto collettivo, i quali comportarono per i lavoratori imprevedibili chiamate in servizio ad horas, con soppressione della libera disponibilità del loro tempo, compreso quello da non impegnare in attività lavorativa.

7. Con il secondo motivo si prospetta violazione dell’art. 115 c.p.c. e vizio di motivazione su un punto decisivo della controversia, per non aver la Corte di merito rilevato le carenze di allegazioni e prove dei presunti danni derivati dalla mancata programmazione del part – time. Il motivo si conclude con due quesiti di diritto.

8. Il motivo è infondato. Per costante giurisprudenza di questa Suprema Corte (Cass. 1721/2009 e i precedenti ivi richiamati) dall’accertata illegittimità delle clausole elastiche nel contratto part – time non consegue l’invalidità del contratto, nè la trasformazione in contratto a tempo indeterminato, ma solo l’integrazione del trattamento economico, ex art. 36 Cost. e art. 2099 c.c., comma 2, atteso che la disponibilità alla chiamata del datore di lavoro, di fatto richiesta al lavoratore, pur non potendo essere equiparata a lavoro effettivo, deve comunque trovare adeguato compenso, in considerazione della maggiore penosità ed onerosità che di fatto viene ad assumere la prestazione lavorativa per la messa a disposizione delle energie lavorative per un tempo maggiore di quello effettivamente lavorato. A tal fine rilevano la difficoltà di programmazione di altre attività, l’esistenza e la durata di un termine di preavviso, la percentuale delle prestazioni a comando rispetto all’intera prestazione. Sul versante processuale incombe al lavoratore, al fine di pervenire ad un bilanciamento delle prestazioni effettuate, dimostrare la maggiore penosità ed onerosità della prestazione effettuata in ragione degli effetti pregiudizievoli prodotti dalla disponibilità richiesta, salva sempre la possibilità, da parte del datore di lavoro, di contestare i fatti addotti da controparte, dimostrandone l’infondatezza. In siffatto contesto il ricorso alla determinazione equitativa del danno, ex art. 432 c.p.c., si configura come rimedio utilizzabile solo in caso di impossibilità o di estrema difficoltà, di prova sull’effettiva entità del danno subito dal lavoratore”.

9. La Corte territoriale si è attenuta a tale principio e tale motivazione non risulta sindacabile in sede di legittimità, alla stregua della formulazione e deduzione delle censure illustrate nel motivo, dal momento che la sentenza impugnata individua le fonti di convincimento e giustifica in modo logicamente plausibile la decisione, dando conto di come l’elasticità della clausola fosse in grado di incidere in concreto sulla autonoma disponibilità dei tempi di lavoro da parte dei dipendenti, comprimendo, in misura non poco significativa, il discrimine, che non può che restare rigoroso, fra tempi di vita e tempi di lavoro, fra condizione di autonomia e situazione di soggezione ad un altrui potere di intervento e di organizzazione.

10. Sulla base di tali principi, la sentenza impugnata risulta immune dalle censure denunciate e il ricorso va, pertanto, rigettato. La manifesta infondatezza dell’eccezione di tardività del ricorso costituisce giusto motivo di compensazione.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso e compensa le spese.

Così deciso in Roma, il 28 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria il 8 giugno 2011

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