Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12465 del 17/06/2015


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 12465 Anno 2015
Presidente: CURZIO PIETRO
Relatore: GARRI FABRIZIA

ORDINANZA
sul ricorso 21662-2013 proposto da:
OLIVA ANTONIO LVONTN51L09F027K, elettivamente
domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CASSAZIONE,
rappresentato e difeso dagli avvocati MARINA AMORUSO, VITO
DIPIERRO giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente contro
HEINEKEN ITALIA SPA 00869580159 in persona del Responsabile
degli Affari Legali, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
ALESSANDRIA 208, presso lo studio dell’avvocato
MASSIMILIANO CARDARELLI, rappresentata e difesa
dall’avvocato UGO UPPI giusta procura in calce al controricorso e
ricorso incidentale;
– controricorrente e ricorrente incidentale –

,t 5

Data pubblicazione: 17/06/2015

nonc.hè contro
– intimati – ricorrenti incidentali avverso la sentenza n. 71/2013 della CORTE D’APPELLO di

depositata il 28/03/2013;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
21/04/2015 dal Consigliere Relatore Dott. FABRIZIA GARRI.
Fatto e diritto

Antonio Oliva, agiva in giudizio per ottenere la condanna della
Heineken Italia s.p.a., alle cui dipendenze aveva lavorato il loro dante
causa, al risarcimento del danno biologico conseguente all’avvenuta
esposizione sul luogo di lavoro a sostanze nocive, in assenza di
strumenti adeguati di prevenzione, che avevano causato l’insorgenza di
un tumore.
Si era costituita la Heineken Italia s.p.a. eccependo, preliminarmente, la
nullità del ricorso introduttiva, per mancata esposizione degli elementi
di fatto e di diritto costitutivi della domanda, l’insussistenza dei
presupposti per una condanna in via autonoma della società al
risarcimento del danno, la improponibilità della domanda per essere
intervenuta tra le parti una transazione e, in ogni caso, la sua
infondatezza.
Il Tribunale, in esito ad una consulenza tecnica, rigettava la domanda
e la Corte di appello,respingeva il gravame ritenendo di non poter
esaminare le questioni pregiudiziali rigettate in primo grado e reiterate
in appello in mancanza di uno specifico appello incidentale da parte
della società.
Ric. 2013 n. 21662 sez. ML – ud. 21-04-2015
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LECCE SEZIONE DISTACCATA di TARANTO del 27/02/2013,

Per la cassazione della sentenza ricorre Antonio Oliva e denuncia la
violazione e falsa applicazione da parte della Corte territoriale dell’art.
2087 c.c..
Resiste la Heineken Italia s.p.a. con controricorso e propone ricorso

Corte di merito sulle questioni pregiudiziali che, rigettate dal Tribunale
che aveva poi respinto nel merito la domanda, erano state comunque
ritualmente reiterate in appello ai sensi dell’art. 346 c.p.c..
La contro ricorrente ha depositato memoria.
Preliminarmente va disposta la riunione del ricorso principale e di
quello incidentale.
Tanto premesso il ricorso, manifestamente infondato, deve essere
rigettato con assorbimento del ricorso incidentale della Heineken Italia
s.p.a..
Va rammentato che “in applicazione del principio processuale della
ragione più liquida desumibile dagli artt. 24 e 111 Cost. – deve ritenersi

consentito al giudice esaminare un motivo di merito, suscettibile di
assicurare la definizione del giudi7io, anche in presenza di una
questione pregiudiziale” (cfr. Cass. s.u. n. 9936 del 2014 ). Ne
consegue che secondo tale approccio interpretativo si deve procedere
alla verifica delle soluzioni sul piano dell’impatto operativo, piuttosto
che su quello della coerenza logico sistematica, consente di sostituire il
profilo di evidenza a quello dell’ordine delle questioni da trattare con la
conseguenza che la causa può essere decisa sulla base della questione
ritenuta di più agevole soluzione – anche se logicamente subordinata senza che sia necessario esaminare previamente le altre (cfr. anche
Cass. n. 12002 del 2014).
Ciò posto si osserva che il ricorrente censura la sentenza di appello
dolendosi in particolare della errata applicazione delle regole che
Ric. 2013 n. 21662 sez. ML – ud. 21-04-2015
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incidentale con il quale lamenta l’omessa pronuncia da parte della

disciplinano l’accertamento dell’esistenza di un nesso di causalità tra
condotta lesiva e danno.
Sostiene il ricorrente che allegata e provata sia l’esposizione del
lavoratore ad agenti cancerogeni che la contrazione della malattia il
nesso causale doveva ritenersi dimostrato non avendo la società

essendo stata offerta la prova della sopravvenuta incidenza di fattori
causali sopravvenuti idonei ad interrompere il nesso di
consequenzialità tra condotta ed evento.
Va rammentato che l’art. 2087 cod. civ. non configura un’ipotesi di
responsabilità oggettiva, in quanto la responsabilità del datore di lavoro
va collegata alla violazione degli obblighi di comportamento imposti da
norme di legge o suggeriti dalle conoscenze sperimentali o tecniche del
momento. Incombe sul lavoratore che lamenti di avere subito, a causa
dell’attività lavorativa svolta, un danno alla salute, l’onere di provare
l’esistenza di tale danno, come pure la nocività dell’ambiente di lavoro,
nonché il nesso tra l’uno e l’altro. Solo se il lavoratore abbia fornito la
prova di tali circostanze sussiste per il datore di lavoro l’onere di
provare di avere adottato tutte le cautele necessarie ad impedire il
verificarsi del danno e che la malattia del dipendente non è ricollegabile
alla inosservanza di tali obblighi.
La Corte territoriale applicando tali principi e sulla base delle risultanze
istruttorie ha escluso, sulla base degli accertamenti medico legali
effettuati, l’esistenza di un nesso di causalità tra il contesto lavorativo e
la patologia riscontrata (carcinoma alla vescica) .
In particolare ha escluso che tale collegamento causale fosse stato
dimostrato in termini di ragionevole certezza o elevato grado di
probabilità sottolineando che, esclusa la rilevanza della mera possibilità
dell’eziopatogenesi professionale, questa può essere ravvisata in
Ric. 2013 n. 21662 sez. ML – ud. 21-04-2015
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provato di aver adottato misure idonee a proteggere il lavoratore e non

presenza di un elevato grado di probabilità, per accertare il quale il
giudice deve valutare le conclusioni probabilistiche del consulente,
desunte anche da dati epidemiologici, ed effettuata sulla base dei dati di
fatto accertati in giudizio (cfr. Cass. n. 22257 del 2013).
La diversa valutazione del materiale probatorio, posta a fondamento

ridondi nella evidenza della mancata considerazione o nel travisamento
di una circostanza decisiva (cfr. recentemente Cass. n. 467 del 2015 ed
anche n. 90 del 2005 e n. 8295 del 2006), il che non ricorre nel caso in
esame.
Poiché con la censura formulata nel ricorso si chiede alla Corte di
procedere proprio ad un nuovo esame dei fatti secondo una
prospettazione diversa e più favorevole al ricorrente rispetto alla
ricostruzione degli stessi, pur logica e coerente, offerta dal giudice di
appello il ricorso principale, assorbito l’incidentale, deve essere
rigettato con ordinanza in esito a procedimento camerale ex art. 375
cod. proc. civ., n. 5. Le spese del giudizio di legittimità, liquidate in
dispositivo, vanno poste a carico dei ricorrenti soccombenti che sono
tenuti altresì al versamento dell’ulteriore importo, pari a quello già
versato, a titolo di contributo unificato.
PQM
La Corte, riunisce i ricorsi. Rigetta il ricorso principale, assorbito
l’incidentale.
Condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio di
legittimità che liquida in € 2500,00 per compensi professionali ed in €
100,00 per esborsi oltre al 15% per spese forfetarie. IVA e CPA come
per legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. n. 115 del 2002 dà atto
della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della
Ric. 2013 n. 21662 sez. ML – ud. 21-04-2015
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del ricorso, non può essere proposta in sede di legittimità, ove non

ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a
quello dovuto per il ricorso principale a norma dell’art.13 comma 1 bis
del citato d.p.r..
Così deciso in Roma 11 21 aprile 2015

residente

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