Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12465 del 08/06/2011

Cassazione civile sez. lav., 08/06/2011, (ud. 28/04/2011, dep. 08/06/2011), n.12465

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FOGLIA Raffaele – Presidente –

Dott. ZAPPIA Pietro – Consigliere –

Dott. CURZIO Pietro – Consigliere –

Dott. MELIADO’ Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. TRICOMI Irene – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

M.A., I.L., domiciliati in ROMA, PIAZZA

CAVOUR, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE,

rappresentati e difesi dall’avvocato DI BONAVENTURA MASSIMO, giusta

delega in atti;

– ricorrenti –

contro

AZIENDA SANITARIA UNICA REGIONALE (che ha incorporato la Zona

Territoriale n. (OMISSIS) di Fermo), in persona del legale

rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PANAMA 12, presso

lo studio dell’avvocato COLARIZI MASSIMO, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato CAPRIOTTI DOMENICO, giusta delega in

atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 328/2006 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,

depositata il 24/08/2006 r.g.n. 40/05;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

28/04/2011 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE MELIADO’;

udito l’Avvocato FABRIZIO MOZZILLO per delega MASSIMO COLARIZI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GAETA Pietro, che ha concluso per l’inammissibilità e in subordine

il rigetto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza in data 23,6/24.8.2006 la Corte di appello di Ancona confermava la sentenza resa dal Tribunale di Fermo il 19.12.2003, impugnata da I.L. e M.A., che aveva rigettato la domanda da questi proposta nei confronti dell’Azienda Sanitaria Unica Regionale per il riconoscimento ed il pagamento dell’indennità di piena disponibilità di cui al D.P.R. n. 270 del 2000, art. 45, lett. b). Osservava la corte territoriale che i ricorrenti non avevano diritto all’indennità, in quanto l’attività di medici convenzionati di assistenza privata non era dagli stessi svolta in via esclusiva, per essere titolari anche di un rapporto di lavoro dipendente con l’Azienda in qualità di ex medici condotti.

Per la cassazione della sentenza propongono ricorso L. I. e M.A. con tre motivi. Resiste con controricorso l’Azienda Sanitaria Unica Regionale.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, svolto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, i ricorrenti lamentano violazione di norme di diritto (art. 97 Cost., del D.P.R. n. 270 del 2000, artt. 25, 44 e 45) rilevando che l’esclusività del rapporto di lavoro del medico convenzionato trova giustificazione nell’esigenza di evitare concreti conflitti di interesse fra il medico e l’azienda sanitaria, con riferimento ad ulteriori attività dallo stesso svolte, laddove, nel caso, l’intera attività lavorativa era stata svolta, seppur a diverso titolo, in favore esclusivamente dell’azienda.

Con il secondo motivo i ricorrenti prospettano ancora violazione di norme di diritto (art. 360 c.p.c., n. 3 in relazione al D.P.R. n. 270 del 2000, artt. 35, comma 1 e art. 2 Cost. e D.P.R. n. 270 del 2000, artt. 44 e 45) ed, al riguardo, osservano che una interpretazione costituzionalmente orientata dal favor lavoratoris avrebbe dovuto indurre al riconoscimento dell’indennità di piena disponibilità.

Con l’ultimo motivo, infine, i ricorrenti denunciano violazione del D.P.R. n. 270 del 2000, artt. 44 e 45 e del D.P.R. n. 484 del 1996, art. 45, comma b, lamentando la mancanza di qualsiasi accertamento in ordine alle modalità di svolgimento delle ulteriori prestazioni svolte e della loro concreta compatibilità con l’impegno professionale in favore del servizio sanitario nazionale.

Il ricorso è inammissibile per mancanza dei quesiti prescritti dall’art. 366 bis c.p.c.. La sentenza impugnata è stata pubblicata, infatti, successivamente al 2 marzo 2006, e, quindi, risulta soggetta ratione temporis alla disposizione in esame, introdotta dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 2 la quale, come noto, è stata successivamente abrogata dalla Legge di Riforma 18 giugno 2009, n. 69, art. 47, comma 1, lett. d), con effetto a decorrere dal 4 luglio 2009. Ai sensi, tuttavia, della stessa legge, art. 58, comma 5 tale ultima disposizione si applica solo “alle controversie nelle quali il provvedimento impugnato con il ricorso per cassazione è stato pubblicato ovvero, nei casi in cui non sia prevista la pubblicazione, sia stato depositato successivamente all’entrata in vigore della legge” stessa. Ne deriva che nel periodo ricompreso fra l’introduzione dell’art. 366 bis c.p.c. e la sua abrogazione, risulta rilevante, ai fini della permanenza, in via transitoria, del precetto, la data di pubblicazione del provvedimento impugnato col ricorso per cassazione, che, ove anteriore al 4 luglio 2009, comporta l’obbligo per la parte ricorrente della formulazione del quesito di diritto, a pena di inammissibilità, rilevabile d’ufficio. Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

LA CORTE dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese che liquida in Euro 24,00 per esborsi ed in Euro 2.000,00 per onorari, oltre a spese generali, IVA e CPA. Così deciso in Roma, il 28 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria il 8 giugno 2011

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