Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12462 del 24/06/2020

Cassazione civile sez. VI, 24/06/2020, (ud. 05/11/2019, dep. 24/06/2020), n.12462

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ESPOSITO Lucia – Presidente –

Dott. LEONE Margherita Maria – rel. Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24052-2018 proposto da:

F.M., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR

presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato GIOVANNI DE NOTARIIS;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE

BECCARIA 29, presso l’AVVOCATURA CENTRALE DELL’ISTITUTO,

rappresentato e difeso dagli avvocati PAOLA MASSAFRA, ELISABETTA

LANZETTA, SEBASTIANO CARUSO;

– controricorrente –

avverso l’ordinanza n. 3619/2018 della CORTE SUPRENL-1 DI CASSAZIONE

di ROMA, depositata il 14/02/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 05/11/2019 dal Consigliere Relatore Dott. MARGHERITA

MARIA LEONE.

Fatto

RILEVATO

CHE:

F.M. aveva proposto ricorso per revocazione parziale della ordinanza n. 3619/2018 con la quale la Corte di Cassazione, per quel che in questa sede rileva, aveva condannato il F. al pagamento delle spese del giudizio nei confronti dell’Inps.

Il Giudice di legittimità aveva fatto conseguire la condanna alle spese al rigetto del ricorso proposto dal F..

Avverso tale statuizione (relativa alle spese) il ricorrente ha proposto ricorso per revocazione affidato ad un solo motivo anche coltivato da successiva memoria, cui ha resistito con controricorso l’inps.

Era depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio;

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1) Con unico motivo è denunciato errore revocatorio in ordine al deposito della sentenza n. 531/2000 ai sensi dell’art. 395 c.p.c., comma 1, n. 4.

Premette il ricorrente di aver adito nel 2007 il tribunale di Campobasso per ottenere l’applicazione del giudicato della sentenza del medesimo tribunale n. 531/2000 al periodo di lavoro successivo a quello del giudicato, con riguardo alla inclusione del premio di incentivazione nella base di calcolo dell’indennità di anzianità. Il ricorso era respinto dai giudici di merito ed impugnata la decisione del giudice di appello dinanzi alla Corte di legittimità che, con la sentenza oggetto di revocazione, rigettava il ricorso e condannava il F. alle spese del giudizio.

Con quest’ultima sentenza la Corte aveva rilevato la mancata allegazione al ricorso della sentenza di cui era invocato il giudicato determinativa della impossibilità di esercitare il vaglio di rilevanza della censura ed aveva poi ritenuto comunque infondata la pretesa nel merito in continuità con quanto già in precedenza sostenuto (Cass. SU n. 7158/2010, Cass.n. 4749/2011).

Sulla base di tale premessa il F. ha rilevato l’errore revocatorio in cui sarebbe incorsa la Corte per aver ritenuto che la sentenza n. 531/2000 non fosse stata allegata. Ha poi soggiunto che, trattandosi di materia che aveva avuto un definitivo assetto giurisprudenziale nel 2010, ciò avrebbe dovuto essere considerato ai fini della pronuncia di condanna alle spese del giudizio.

Il ricorso è inammissibile non ricorrendo, nel caso di specie di errore revocatorio. A riguardo questa Corte ha chiarito in più occasioni che “L’istanza di revocazione di una sentenza della Corte di cassazione, proponibile ai sensi dell’art. 391 c.p.c., implica, ai fini della sua ammissibilità, un errore di fatto riconducibile all’art. 395 c.p.c., comma 1, n. 4, e che consiste in un errore di percezione, o in una mera svista materiale, che abbia indotto il giudice a supporre l’esistenza (o l’inesistenza) di un fatto decisivo, che risulti, invece, in modo incontestabile escluso (o accertato) in base agli atti e ai documenti di causa, sempre che tale fatto non abbia costituito oggetto di un punto controverso su cui il giudice si sia pronunciato. L’errore in questione presuppone, quindi, il contrasto fra due diverse rappresentazioni dello stesso fatto, delle quali una emerge dalla sentenza, l’altra dagli atti e documenti processuali, semprechè la realtà desumibile dalla sentenza sia frutto di supposizione e non di giudizio” (Cass.n. 22171/2010). Ha poi anche soggiunto che “In materia di revocazione delle sentenze della Corte di cassazione, l’errore di fatto di cui all’art. 395 c.p.c., n. 4), deve presentare i caratteri dell’evidenza ed obiettività, così da non richiedere lo sviluppo di argomentazioni induttive o indagini, e deve riguardare atti interni al giudizio di legittimità, ossia quelli che la Corte esamina direttamente nell’ambito del motivo di ricorso o delle questioni rilevabili d’ufficio” (Cass.n. 4456/2015).

I principi richiamati evidenziano i confini dell’errore revocatorio rappresentati dall’evidenza dell’errore e dall’oggettivo contrasto tra quanto contenuto in sentenza e quanto rappresentato negli atti e documenti del processo.

Nel caso di specie nella sentenza attualmente in esame la Corte di legittimità ha chiarito, nella pronuncia di inammissibilità del motivo, che non risultava allegata la sentenza del Tribunale di Campobasso e rispetto a tale specifica statuizione non è indicata dal ricorrente, a sostegno dell’errore denunciato, ove e come tale circostanza era contraddetta da una realtà differente, a nulla rilevando la “pacificità” della circostanza di “giudicato” della sentenza in questione. Nessun errore revocatorio è pertanto riscontrabile.

Deve altresì escludersi l’errore revocatorio nel mutamento della giurisprudenza, avendo questa Corte precisato che “L’accertamento circa l’esistenza di “overrulling” non costituisce errore meramente percettivo della esistenza (o inesistenza) di un fatto positivamente acquisito (od escluso) nella realtà del processo, ma in una valutazione di diritto e, dunque, si traduce in un preteso inesatto apprezzamento di norme giuridiche, sicchè non è idoneo a determinare la revocazione ex art. 395 c.p.c., n. 4), della sentenza”.Per le esposte ragioni il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in favore della controricorrente nella misura di cui al dispositivo.

Sussistono i presupposti per il versamento, ove dovuto, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. 30 maggio, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (legge di stabilità 2013).

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in Euro 3.000,00 per compensi ed Euro 200,00 per spese oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ove dovuto, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 5 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 24 giugno 2020

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