Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12459 del 12/05/2021

Cassazione civile sez. trib., 12/05/2021, (ud. 11/01/2021, dep. 12/05/2021), n.12459

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE MASI Oronzo – Presidente –

Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – rel. Consigliere –

Dott. MELE Maria Elena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 33979-2018 proposto da:

A.N., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE G. MAZZINI

9-11, presso lo studio dell’avvocato LIVIA SALVINI, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato MICHELE MARANO’;

– ricorrente –

contro

EQUITALIA GIUSTIZIA SPA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEGLI

SCIPIONI 281, presso lo studio dell’avvocato NICOLA ROMANO, che la

rappresenta e difende;

– controricorrente –

e contro

AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE, in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2568/2018 della COMM.TRIB.REG. LOMBARDIA,

depositata il 05/06/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

11/01/2021 dal Consigliere Dott. ANTONIO MONDINI.

 

Fatto

PREMESSO

che:

1. A.N. ricorre, con tre motivi, per la cassazione della sentenza in epigrafe, resa dalla CTR della Lombardia nel contraddittorio della spa Equitalia Giustizia e della (spa Equitalia Nord alla quale, in corso di causa, è subentrata ex lege la) Agenzia delle entrate, con cui, per quanto ancora interessa, la cartella notificata ad esso ricorrente da Equitalia Nord per conto di Equitalia Giustizia in riferimento sia a spese di giustizia, pari ad Euro 950,87, per il processo penale conclusosi con la sentenza di condanna emessa a carico di esso ricorrente dalla Corte di Appello di Milano il 23 maggio 2005, con n. 1808, sia ad imposta di registro, pari ad Euro 207.279,91, sulla sentenza medesima, è stata ritenuta legittima dal punto di vista motivazionale sulla duplice considerazione per cui la cartella era conforme al “modello direttoriale del 28/06/1999 e (recava)… le indicazioni derivanti dal ruolo” e per cui “stante la rilevante vicenda penale pregressa… appare poco verosimile sostenere di non avere compreso il perchè della notifica della stessa” cartella. La CTR ha altresì affermato che, al contrario di quanto eccepito da esso ricorrente, a quest’ultimo, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 227 ter (TU spese di giustizia), come modificato dalla L. n. 69 del 2009, non spettava ricevere notifica dell’invito di pagamento prima della notifica della cartella e pertanto l’omessa notifica dell’uno non incideva sulla legittimità dell’altra;

2.resistono con controricorso Equitalia Giustizia e l’Agenzia delle entrate:

3. il ricorrente e Equitalia Giustizia spa hanno depositato memoria illustrativa.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1.con il primo motivo e il secondo motivo di ricorso, tra loro connessi, vengono lamentati “la violazione e falsa applicazione della L. 7 agosto 1990, n. 241, art. 3,L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 7 e del D.M. 28 giugno 1999″ (primo motivo) e l'”omesso esame del fatto decisivo per il giudizio e che è stato oggetto di discussione tra le parti (costituto da ciò che) il ricorrente non era stato in grado di comprendere le ragioni della notifica della cartella non perchè ignorava l’esistenza del procedimento penale risalente al 2005 ma perchè la sentenza penale pronunciata a conclusione di tale giudizio non riporta alcuna condanna al risarcimento del danno e dunque non può costituire titolo giuridico per la riscossione dell’imposta di registro” (secondo motivo);

3. con il terzo motivo viene lamentata la violazione o falsa applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 212. Sostiene il ricorrente che, nel caso di specie, dato che la sentenza penale, titolo giuridico dell’iscrizione a ruolo, risaliva al 2005, avrebbe dovuto trovare applicazione l’originario disposto del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 212 che, prima della modifica apportata della L. n. 69 del 2009, all’art. 227-ter, prevedeva che la notifica della cartella doveva essere preceduta dalla notificazione dell’invito al pagamento;

3. i primi due motivi di ricorso devono essere esaminati in modo congiunto perchè veicolano doglianze con ambito in parte coincidente. Il primo motivo ha riguardo alla motivazione della cartella nel suo complesso. Il secondo motivo ha riguardo alla motivazione della cartella per quanto riferita alla pretesa di pagamento dell’imposta di registro sulla sentenza penale di condanna 1808/2005. Come si legge nel ricorso e nella sentenza impugnata, la cartella conteneva la quantificazione dell’importo per spese di giustizia e dell’importo per imposta di registro e indicava che l’iscrizione a ruolo era avvenuta su “provvedimento numero 001808 di tipo sentenza emesso in data 13/04/2005”. La motivazione rispetta i canoni di legge. Questa Corte ha avuto modo di affermare che, “In via generale, la cartella esattoriale, che non segua uno specifico atto impositivo già notificato al contribuente, ma costituisca il primo ed unico atto con il quale l’ente impositore esercita la pretesa tributaria, deve essere motivata alla stregua di un atto propriamente impositivo” (Cass. 21804/2017); ed ancora: “Quando la cartella costituisce il primo atto con cui si porta a conoscenza del destinatario la pretesa impositiva, la cartella deve contenere “gli elementi minimi per consentire” all’obbligato “di individuare la pretesa impositiva, e di difendersi nel merito” (Cass. n. 3707/2016). Quanto agli elementi necessari perchè l’atto impositivo relativo a tributo di registro possa ritenersi legittimo ai sensi della L. n. 212 del 2000, art. 7 questa Corte, con la recente sentenza 239 del 2021, facendo il punto sulla questione del se possa ritenersi conforme alle previsioni della L. n. 212 del 2002, art. 7 e del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 52, comma 2-bis, seconda parte, l’avviso di liquidazione di imposta di registro su provvedimento giudiziario, che indichi la data e il numero del provvedimento tassato senza tuttavia riportarne il contenuto o senza avere il provvedimento allegato, ha precisato che simile avviso è – di regola – da ritenersi legittimo in quanto il provvedimento deve ritenersi conosciuto o conoscibile dal contribuente essendo stato, quest’ultimo, parte del giudizio in esito al quale il provvedimento è stato emesso. La sentenza ha richiamato i precedenti costituiti da Cass. n. 1696/2020 (in tema di avviso emesso su decreto ingiuntivo), da Cass. n. 13402/2020 (in tema di avviso di liquidazione per imposta di registro su verbale di conciliazione giudiziale sottoscritto dai contribuenti, in cui si sottolinea che l’obbligo di motivazione non può essere inteso in senso formalistico talchè esso non riguarda atti o documenti conosciuti dal contribuente) e da Cass. n. 21713/2020 (nella quale è stato rimarcato che il ritenere – di regola – non indispensabile la riproduzione o allegazione del provvedimento tassato “è coerente con il disposto della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 10, comma 1, secondo cui i rapporti tra contribuente e amministrazione finanziaria sono improntati al “principio della collaborazione e della buona fede”. Invero, l’obbligo per l’amministrazione finanziaria di comunicare, in allegato all’avviso di liquidazione, un atto già noto al contribuente integrerebbe un adempimento superfluo ed ultroneo, che, da un lato, determinerebbe un eccessivo aggravamento degli oneri connessi all’esercizio della potestà impositiva e, dall’altro, non varrebbe a fornire elementi utili e significativi per la tutela del diritto di difesa nei confronti della pretesa tributaria”). Nella sentenza n. 239/2021, ancora riprendendo la n. 21713/2020, è stato altresì sottolineato che, per converso, “la mera allegazione della sentenza civile può essere talora insufficiente ad integrare il contenuto dell’avviso di liquidazione, come nel caso in cui l’elevato grado di complessità delle statuizioni giudiziali non assicuri un’agevole comprensione in ordine alle modalità di individuazione della base imponibile ed ai criteri di calcolo dell’imposta”. Ed è stato sottolineato infine che “è alla luce di quanto innanzi esposto che va rettamente intesa la portata del principio, contenuto in altre pronunce di questa Corte, secondo le quali, in tema di imposta di registro, l’avviso di liquidazione emesso ai sensi del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 54, comma 5, che indichi soltanto la data e il numero della sentenza civile oggetto della registrazione, senza allegarla, sia da considerare illegittimo, per difetto di motivazione, “in quanto l’obbligo di allegazione, previsto dalla L. n. 212 del 2000, art. 7 mira a garantire al contribuente il pieno ed immediato esercizio delle sue facoltà difensive, laddove, in mancanza, egli sarebbe costretto ad una attività di ricerca, che comprimerebbe illegittimamente il termine a sua disposizione per impugnare.” (Cass. n. 18532/2010; n. 12468/2015; n. 29402/2017)”. Tutto ciò posto, quanto alla affermazione del ricorrente secondo cui egli “non era stato in grado di comprendere le ragioni della notifica della cartella non perchè ignorava l’esistenza del procedimento risalente al 2005 ma perchè la sentenza penale pronunciata a conclusione di tale giudizio non riporta alcuna condanna al risarcimento del danno e dunque non può costituire titolo giuridico per la riscossione dell’imposta di registro”, l’affermazione è privata di rilievo da ciò che, come emerge dalla pagina 11 del controricorso di Equitalia giustizia, la sentenza tassata aveva confermato la condanna, già disposta a carico del ricorrente con la sentenza di primo grado, al risarcimento dei danni nei confronti delle parti civili. Riguardo infine alla motivazione della cartella per quanto riferita alla pretesa per spese di giustizia, la stessa non presenta lacune. Le indicazioni dell’iscrizione a ruolo e della relativa causale (spese di giustizia), della sentenza conclusiva del processo penale a cui detta causale era correlata, – processo dichiaratamente ben noto al contribuente – rendevano la motivazione, in parte qua, idonea a mettere il contribuente in grado di comprendere le ragioni della pretesa e di difendersi. La motivazione era, in parte qua, conforme alle previsioni della L. 7 agosto 1990, n. 241, art. 3 e del D.M. 28 giugno 1999;

4. i due motivi di ricorso esaminati sono dunque privi di fondamento;

5. il terzo motivo è inammissibile. Il ricorrente non ha precisato quando è avvenuta l’iscrizione a ruolo. Non è dato sapere, in particolare, se l’iscrizione a ruolo è avvenuta prima o dopo il 4 luglio 2009, data di entrata in vigore della L. n. 69 del 2009 che, con le modificazioni apportate al D.P.R. n. 115 del 2020, art. 227 ter ha implicitamente abrogato la previsione dell’art. 212 dello stesso D.P.R. in forza della quale la notifica della cartella doveva essere preceduta dalla notifica dell’invito al pagamento (sul punto v. Cass. 2553/2019 e Cass. 21178/2017, proprio in tema di riscossione mediante ruolo di spese di giustizia inerenti a sentenza penale);

6. il ricorso deve essere rigettato;

7.le spese del giudizio di legittimità secondo soccombenza.

PQM

la Corte rigetta il ricorso;

condanna il ricorrente a rifondere alla Agenzia delle entrate le spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 5500,00, oltre spese prenotate a debito;

condanna il ricorrente a rifondere ad Equitalia Giustizia spa le spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 6000,00, oltre spese forfetarie e accessori di legge;

ai sensi del testo unico approvato con il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il pagamento, a carico del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello stabilito per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 11 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 12 maggio 2021

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