Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12454 del 21/05/2010
Cassazione civile sez. III, 21/05/2010, (ud. 22/04/2010, dep. 21/05/2010), n.12454
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MASSERA Maurizio – rel. Presidente –
Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –
Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –
Dott. AMBROSIO Anna Maria – Consigliere –
Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso proposto da:
P.A., P.F., elettivamente domiciliati in
ROMA, VIA ENNIO QUIRINO VISCONTI 103, presso lo studio dell’avvocato
GOBBI LUISA, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato
GIROLAMETTI GIOVANNI, giusta delega in calce al ricorso;
– ricorrenti –
contro
T.R., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA MARIA
CRISTINA 8, presso lo studio dell’avvocato GOBBI GOFFREDO, che lo
rappresenta e difende unitamente all’avvocato LIPPERA VALERIO, giusta
procura speciale in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 27667/2008 della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
di ROMA dell’1/10/08, depositata il 21/11/2008;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del
22/04/2010 dal Presidente Relatore Dott. MAURIZIO MASSERA;
udito l’Avvocato Gobbi Luisa, difensore dei ricorrenti che si riporta
agli scritti;
udito l’Avvocato Gobbi Goffredo, difensore del controricorrente che
si riporta agli scritti; è presente il P.G. in persona del Dott.
GIAMPAOLO LECCISI che nulla osserva rispetto alla relazione scritta.
Fatto
FATTO E DIRITTO
La Corte:
Letti gli atti depositati.
Osserva:
E’ stata depositata la seguente relazione:
1 – Con ricorso notificato il 22 luglio 2009 P.A. e P.F. hanno chiesto la revocazione della sentenza n. 27667/2008 di questa Corte, depositata in data 21 novembre 2008 con la quale era stato rigettato il ricorso da essi proposto avverso (adde: la sentenza) n. 800/2003 della Corte d’Appello di Ancona.
L’intimato T.R. ha resistito con controricorso.
2 – La formulazione del motivo di ricorso non soddisfa i requisiti stabiliti dall’art. 366 bis c.p.c..
E’ pacifico (Cass. n. 5076 del 2008) che la norma indicata sia applicabile anche al ricorso per revocazione ai sensi dell’art. 391 bis c.p.c., contro le sentenze della Corte di cassazione (pubblicate a decorrere dal 2 marzo 2006), atteso che detta norma è da ritenere oggetto di rinvio da parte della previsione del primo comma dello stesso art. 391 bis c.p.c., là dove dispone che la revocazione è chiesta “con ricorso ai sensi degli artt. 365 e segg. c.c.”; la formulazione del motivo deve, pertanto, risolversi nell’indicazione specifica, chiara e immediatamente intelligibile, del fatto che si assume avere costituito oggetto dell’errore e nell’esposizione delle ragioni per cui l’errore presenta i requisiti previsti dall’art. 395 c.p.c..
3 – I ricorrenti ravvisano l’errore di fatto revocatorio nel calcolo globale della quantità di ghiaia asportata e assumono che per ripristinare la “situazione coante” (probabilmente intendevano: quo ante) si debbono aggiungere ai 4.684,71 mc. di ghiaia anche i 700 mc. già occupati dal terriccio riportato dal T. per nascondere i vuoti lasciati dalla illecita asportazione e considerato altresì il cosiddetto accrescimento di scavo pari ad una maggiorazione del 30% per complessivi mc. 7.000,12 come venduti dal T.. Seguono due quesiti che sottopongono all’esame della Corte quesiti di diritto evidentemente incompatibili con la denuncia di errore revocatorio.
E’ noto (Cass. Sez. 3^, n. 16447 del 2009) che, in tema di revocazione delle sentenza della Corte di Cassazione, la configurabilità dell’errore di fatto, ai sensi dell’art. 395 c.p.c., n. 4, presuppone che la decisione appaia fondata, in tutto o in parte, esplicitandone e rappresentandone la decisività, sull’affermazione di esistenza o inesistenza di un fatto che, per converso, la realtà effettiva (quale documentata in atti) induce, rispettivamente, ad escludere od affermare, così che il fatto in questione sia percepito e portato ad emersione nello stesso giudizio di cassazione, nonchè posto a fondamento dell’argomentazione logico- giuridica conseguentemente adottata dal giudice di legittimità.
Il “fatto” sopra descritto non compare in alcuna parte della sentenza di cui si invoca la revocazione. Peraltro essa ha ritenuto inammissibili per assoluta genericità, sia il primo motivo di ricorso, mediante il quale veniva lamentata la limitazione della condanna della controparte al solo lucro cessante, sia il secondo motivo, che censurava il rigetto della domanda di ripristino della strada. Di qui l’inesistenza di un qualsiasi errore di fatto avente carattere revocatorio.
4.- La relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata ai difensori delle parti;
Non sono state presentate conclusioni scritte nè memorie; entrambe le parti ha chiesto d’essere ascoltate in Camera di consiglio;
5.- Ritenuto:
che, a seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, il collegio ha condiviso i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione;
che pertanto il ricorso va dichiarato inammissibile; le spese seguono la soccombenza;
visti gli artt. 380 bis e 385 cod. proc. civ..
P.Q.M.
Dichiara il ricorso inammissibile. Condanna i ricorrenti al pagamento in solido delle spese del giudizio di Cassazione, liquidate in complessivi Euro 800,00, di cui Euro 600,00 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 22 aprile 2010.
Depositato in Cancelleria il 21 maggio 2010