Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12453 del 21/05/2010

Cassazione civile sez. III, 21/05/2010, (ud. 18/03/2010, dep. 21/05/2010), n.12453

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente –

Dott. MASSERA Maurizio – Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – rel. Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

A.A., C.C., elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA ASIAGO 9, presso lo studio dell’avvocato APUZZO TIZIANA,

rappresentati e difesi dall’avvocato SICIGNANO FEDERICO, giusta

procura a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

ENEL DISTRIBUZIONE SPA, in persona dell’Amministratore Delegato e del

legale rappresentante, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MICHELE

MERCATI 51, presso lo studio dell’avvocato BRIGUGLIO ANTONIO, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato GUERRA PIETRO, giusta

procura speciale a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 202/2008 del TRIBUNALE di TORRE ANNUNZIATA,

SEZIONE DISTACCATA di GRAGNANO, depositata il 09/05/2008;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

18/03/2010 dal Consigliere Relatore Dott. ROBERTA VIVALDI;

è presente il P.G. in persona del Dott. GIAMPAOLO LECCISI.

 

Fatto

PREMESSO IN FATTO

E’ stata depositata in cancelleria la seguente relazione:

“1. – Il Tribunale di Torre Annunziata – sede distaccata di Gragnano, con sentenza del 9.5.2008, in riforma di due sentenze del giudice di pace di Gragnano, con cui l’Enel Distribuzione era stata condannata al risarcimento dei danni patiti rispettivamente, da A.A. e C.C. a seguito del black out elettrico verificatosi nella notte tra il 27 e il 28 settembre 2003, rigettava le domande per non imputabilità del danno all’Enel Distribuzione, e riteneva che il preteso danno esistenziale non fosse risarcibile.

Avverso la sentenza hanno proposto ricorso per cassazione A. A. e C.C..

Resiste con controricorso l’Enel Distribuzione s.p.a..

2.1. Con il primo motivo la parte ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 329 c.p.c., degli artt. 1175, 1176, 1375, 2719 c.c. e degli artt. 1334 e 1335 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

2.2. Con il secondo motivo denuncia la omessa ed insufficiente motivazione su un fatto controverso (acquiescenza alla sentenza) in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5.

Con tali motivi, da trattare congiuntamente per la loro connessione, parte ricorrente assume che il tribunale avrebbe errato nell’affermare che il pagamento, da parte della convenuta, dell’importo liquidato dal primo giudice non costituisse acquiescenza alla sentenza emessa dallo stesso; che dalla documentazione esibita emergerebbe, invece, una definizione transattiva della lite, incompatibile con la volontà di impugnazione.

3. I motivi sono manifestamente infondati.

L’acquiescenza alla sentenza, preclusiva dell’impugnazione ai sensi dell’art. 329 c.p.c., consiste nell’accettazione della sentenza, ovverosia nella manifestazione, da parte del soccombente, della volontà di non impugnare, la quale può avvenire sia in forma espressa, sia tacita.

In quest’ultimo caso, l’acquiescenza può ritenersi sussistere soltanto quando l’interessato abbia posto in essere atti dai quali sia possibile desumere, in maniera precisa ed univoca, il proposito di non contrastare gli effetti giuridici della pronuncia; e, cioè, gli atti stessi siano assolutamente incompatibili con la volontà di avvalersi dell’impugnazione.

Ne consegue che la spontanea esecuzione della pronunzia di primo grado non comporta di per se acquiescenza alla sentenza, preclusiva dell’impugnazione ai sensi del disposto di cui all’art. 329 c.p.c., e può risultare fondata anche sulla mera volontà di evitare le eventuali, ulteriori spese di precetto e dei successivi atti di esecuzione (ex multis, Cass. 07/02/2008, n. 2826; Cass. 20/03/2006, n. 6086; Cass. 26/01/2006, n. 1551).

La valutazione di tali atti o comportamenti da parte del giudice di merito, al fine di desumere od escludere l’acquiescenza tacita, non è sindacabile in sede di legittimità se assistita da congrua motivazione (Cass. 19/04/2000, n. 5074; cfr. anche Cass. Sez. Unite, 13/10/1993, n. 10112).

4. Nella specie, il giudice di merito ha fatto corretta applicazione di tali principi, con motivazione esente da vizi logici e/o giuridici, come tale non censurabile in sede di legittimità.

Il tribunale, infatti, ha osservato che, dall’interpretazione degli atti prodotti, emergeva che l’Enel aveva pagato soltanto a seguito di sollecito e richiesta del difensore di parte attrice, che confermava il rischio, nell’ottica dell’Enel, di un procedimento esecutivo, e che la stessa parte appellata, nella comparsa di costituzione, escludeva che l’Enel avesse dato esecuzione spontanea alle sentenze di primo grado.

Ha anche rilevato che, nella missiva a firma di D.S.E., risultava che l’Enel aveva provveduto ai pagamenti con riserva di impugnazione.

Tale missiva risulta anche inserita in copia nel ricorso.

Le contrarie osservazioni sul punto di parte ricorrente si risolvono, quindi, in una diversa lettura delle risultanze processuali, che non può avere ingresso in sede di legittimità.

Conclusivamente il ricorso deve essere rigettato”.

La relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata ai difensori delle parti.

Non sono state presentate conclusioni scritte, nè alcuna delle parti è stata ascoltata in camera di consiglio.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, il Collegio ha condiviso i motivi in fatto ed in diritto esposti nella relazione.

Conclusivamente, il ricorso deve essere rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e, liquidate come in dispositivo, vanno poste a carico solidale dei ricorrenti.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese che liquida in complessivi Euro 400,00, di cui Euro 300,00 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 18 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 21 maggio 2010

 

 

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