Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12452 del 12/05/2021

Cassazione civile sez. trib., 12/05/2021, (ud. 18/12/2019, dep. 12/05/2021), n.12452

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANZON Enrico – Presidente –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M.G. – Consigliere –

Dott. D’AURIA Giusep – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5410-201 proposto da:

SPENDOLINI SRL, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CARLO POMA 2,

presso lo studio dell’avvocato RANIERO VALLE, rappresentato e difeso

dall’avvocato PAOLO SPECIALE;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– resistente con atto di costituzione –

avverso la sentenza n. 33/2012 della COMM.TRIB.REG. di ANCONA,

depositata il 06/07/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

18/12/2019 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE D’AURIA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

La vicenda giudiziaria trae origine dall’avviso di accertamento (OMISSIS) con cui l’Agenzia delle Entrate recuperava a tassazione la somma di Euro 51000,00 per ricavi non dichiarati, relativamente all’anno 2004, ai fini Iva Irap, Ires.

In particolare l’Agenzia assumeva che il prezzo di vendita di un appartamento era stato indicato in misura inferiore a quello effettivo. La commissione Tributaria provinciale di Ancona, a seguito del ricorso della società contribuente Spendolini srl, confermava l’atto impugnato in quanto il recupero a tassazione della somma di Euro 51 mila si basava su presunzioni gravi precise e concordanti.

La CTR di Ancona, in sede di appello proposto dalla soccombente società, considerando corretta la decisione di primo grado che aveva ben considerato gli elementi posti a base dell’accertamento da considerarsi gravi precisi e concordanti (valutazione del bene in sede di erogazione del muto per l’acquisto, il prelievo della somma da parte dell’acquirente il giorno precedente alla vendita) ed in grado di fornire quindi, la prova della somma non dichiarata e quindi della maggiore pretesa fiscale.

Propone ricorso in Cassazione la società Spendolini srl affidandosi a 3 motivi così sintetizzabili:

i) Violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 115 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver omesso il giudice a quo, la pronuncia circa la non contestazione da parte della Agenzia delle entrate del fatto – debitamente e chiaramente esposto nell’atto introduttivo ai punti 3 e 4 – che sull’atto impugnato non vi fosse alcun riferimento delle norme che avevano condotto al recupero di maggiori imponibili ai fini dell’iva e dell’irap.

2) Violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 7, comma 1 e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, commi 2 e 3 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

3) Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia – Illegittimità della sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione degli artt. 2727 e seg. c.c. e violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. D e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, comma 2 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Si costituiva con controricorso l’Agenzia Delle Entrate, oltre i termini di legge, al solo fine di partecipare alla eventuale discussione orale. Il ricorrente depositava anche memorie ex art. 378 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di gravame censura la CTR ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 che non aveva rilevato la nullità dell’accertamento privo delle ragioni giuridiche chè lo avevano determinato.

Il motivo è infondato.

Per quello che qui interessa, non è necessario l’indicazione della norma di riferimento, essendo sufficiente che l’avviso indichi i presupposti di fatto e le ragioni di diritto che permettano al contribuente di esercitare il proprio diritto difensivo (Cass. sez. trib. n. 28968 del 2008; Cass. trib. n. 3257 del 2002). Premesso che il giudice di appello ha dato atto che si trattava di accertamento analitico induttivo ex art. 39, comma 1, lett. D, e che la presunzione su cui si basava l’accertamento, aveva i requisiti della gravità, precisione e della concordanza, (indicando anche gli elementi di fatto quali la circostanza che era stato richiesto un mutuo di 191 mila Euro per l’appartamento de quo superiore al prezzo indicato nell’atto di compravendita, che il valore attribuito concordemente dalla banca e dell’acquirente era di 191 mila Euro come da firma alla scheda tecnica, prelievo in contanti dall’acquirente il giorno prima della vendita della somma di 51 mila Euro) deve ritenersi che il requisito motivazionale dell’accertamento, ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 42, comma 2 soddisfatto esigendo, oltre alla puntualizzazione degli estremi soggettivi ed oggettivi della posizione creditoria dedotta, soltanto l’indicazione di fatti astrattamente giustificativi di essa, che consentano di delimitare l’ambito delle ragioni adducibili dall’ufficio nell’eventuale successiva fase contenziosa, restando poi affidate al giudizio d’impugnazione dell’atto le questioni riguardanti l’effettiva idoneità degli stessi a radicare la pretesa impositiva (vedi in senso analogo Cass. n. 14700/2001; conf. 658/2000, 14626/2000, 4061/2001, 7149/2001, 11608/2001). In definitiva nel caso, come affermato dal giudice di appello, era stato soddisfatto l’obbligo di motivazione imposto dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 42 essendo stato posto il contribuente in grado di conoscere gli elementi essenziali della pretesa tributaria vantata nei suoi confronti e di contestarne la fondatezza (Cass. n. 14566/2001; conf. 1209/2000, 7991/1996). Quindi, anche la mancata indicazione della disposizione legislativa sulla quale si basa il recupero, non è, di per sè, causa di nullità dell’accertamento, quando il recupero stesso sia basato su fatti espressamente indicati che, comunque, legittimano la pretesa impositiva, eventualmente, anche sulla base di disposizione di legge, in applicazione anche del noto principio “jura novit curià. Con il secondo motivo di gravame, il ricorrente si duole che l’Agenzia non abbia allegato gli atti indicati nella motivazione ai sensi della L. n. 212 del 2000, art. 7.

Il motivo è infondato. La sentenza impugnata ha sul punto affermato che la pratica del mutuo richiesto dall’acquirente era stata indicata nel suo contenuto essenziale sicchè la mancata allegazione non è causa di nullità dell’accertamento, avendo l’ufficio riprodotto il suo contenuto essenziale, consentendo di contrastarla, come poi di fatto è avvenuto. Inoltre l’erogazione del mutuo risulta anche dalla compravendita in cui era intervenuto quale venditore essa società ricorrente. Inoltre la ricorrente non si è fatta carico di impugnare la ratio decidendi principale della decisione, con cui si è ritenuto che il fondamento probatorio era dato anche dalla circostanza che il venditore aveva prelevato il giorno prima della vendita Euro 51 mila dal suo conto corrente, circostanza nota ad essa ricorrente tant’è che ha anche riportato la difesa di esso correntista, ritenuta non credibile dal giudice di merito (restituzione di un prestito al suocero proprio il giorno prima della vendita in contanti e senza allegare documentazione). Poichè rientra nei poteri discrezionali esclusivi del giudice la valutazione delle prove, anche tale motivo va respinto.

Con il terzo motivo la parte si duole che il giudice sia incorso nel difetto o insufficienza della motivazione allorchè ha considerato presunzione la circostanza del prelievo effettuata dall’acquirente, e che nella domanda di mutuo era individuato il valore in Euro 191 mila dell’immobile, valutazione confermata anche dalla banca.

Nel caso concreto la CTR, dopo aver esposto in sentenza gli elementi di carattere indiziario e presuntivo, con i requisiti di gravità, precisione e concordanza, richiesti dall’art. 2729 c.c., valutandoli con riferimento ai fatti noti, è risalito con deduzioni logiche ai fatti ignorati. In altri termini il prelievo di 51 mila Euro in contanti il giorno precedente all’acquisto, e tenuto conto del valore del bene comunicato alla banca ai fini dell’ottenimento del mutuo, era idoneo a dimostrare alla stregua di canoni di ragionevole probabilità, che tale prelievo servisse a coprire il pagamento della parte del prezzo occultata nella vendita definitiva. Invero con il motivo de quo la parte intendeva inammissibilmente dolersi del mancato accoglimento della sua ricostruzione dei fatti. Invero il fatto che non fosse dato rilevanza alle dichiarazioni del terzo acquirente circa la destinazione del prelievo non rappresenta un omesso esame di elemento istruttorio decisivo visto che il fatto storico rilevante in causa sia stato comunque preso in considerazione dal giudice ritenendo inattendibile la giustificazione offerta. Nel caso il giudice ha specificato la corretta valutazione della pretesa reclamata dal fisco in contrasto con quanto dedotto dalla parte ricorrente. Nel caso quindi le doglianze si risolvono in censure motivazionali che non conferiscono al giudice di legittimità il potere di riesaminare il merito della vicenda, avendo solo il potere di controllare – sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale – le argomentazioni svolte dal giudice di merito, cui spetta in via esclusiva il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti. In definitiva l’omesso esame di un fatto decisivo resta integrato solo a fronte di una totale obliterazione di elementi che potrebbero condurre ad una diversa decisione, ma non anche per eventuali divergenze valutative sulla questione oggetto di lite, non essendo il giudizio per cassazione un terzo grado di merito (Cass. S.U. n. 24148/2013; Cass. n. 12779/2015).

Ai fini delle spese, occorre rilevare l’irritualità della costituzione in giudizio dell’Agenzia, il cui difensore non ha provveduto al deposito del contro – ricorsò nel termine di cui all’art. 370 c.p.c., ma si è limitato a dichiarare di volersi costituire ai fini della partecipazione alla discussione in pubblica udienza.

Tale partecipazione è tuttavia esclusa dall’art. 380-bis.1 c.p.c., introdotto dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, art. 1-bis, comma 1, lett. f), convertito con modificazioni dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197, che nel disciplinare il procedimento in camera di consiglio dinanzi alle Sezioni semplici di questa Corte, stabilisce espressamente che quest’ultima “giudica senza l’intervento del Pubblico Ministero e delle parti”. Di diritto il ricorrente è condannato al pagamento del doppio del contributo.

La mancata costituzione nei termini esime il collegio dal decidere sulle spese per effetto della soccombenza della ricorrente.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 18 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 12 maggio 2021

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