Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12449 del 08/06/2011

Cassazione civile sez. trib., 08/06/2011, (ud. 08/04/2011, dep. 08/06/2011), n.12449

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MERONE Antonio – Presidente –

Dott. BERNARDI Sergio – rel. Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 17983/2006 proposto da:

ASSOCIAZIONE SPORTIVA DILETTANTISTICA EQUESTRE CENTRO IPPICO CELLE

LIGURE in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIALE PARIOLI 43, presso lo studio

dell’avvocato D’AYALA VALVA Francesco, che lo rappresenta e difende

con procura speciale notarile del Not. Dr. FRACASSI PIERO in GENOVA,

rep. n. 39069 del 31/03/2006;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente –

e contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E FINANZE, AGENZIA DELLE ENTRATE UFFICIO DI

SAVONA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 38/2005 della COMM. TRIB. REG. di GENOVA,

depositata il 04/10/2005;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

08/04/2011 dal Consigliere Dott. SERGIO BERNARDI;

udito per il ricorrente l’Avvocato D’AYALA VALVA, che ha chiesto

l’accoglimento;

udito per il resistente l’Avvocato CASELLI, che ha chiesto il

rigetto;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GAETA Pietro, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

Sulla scorta di PVC stilato dalla Guardia di Finanza di Varezze, l’Agenzia delle Entrate di Savona ricostruiva induttivamente il reddito commerciale dell’Associazione Sportiva Dilettantistica Centro Ippico Celle Ligure per l’anno 1998, avendo ritenuto che l’attività esercitata avesse carattere imprenditoriale. In riforma della sentenza di primo grado la CTR di Genova ha respinto il ricorso del contribuente, che ricorre per la cassazione della sentenza d’appello con quattro motivi illustrati da memoria. L’Agenzia resiste con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

La CTR ha osservato: “- la Guardia di Finanza ha accertato mediante questionari che un numero consistente di soci ha riferito di non essere stato convocato ad assemblee nè di avervi partecipato; – l’esistenza di un elevato numero di soci stagionali che, in considerazione del breve lasso di tempo nel quale hanno diritto ad usufruire delle strutture sociali, possono ritenersi con difficoltà titolari di prerogativa tale da contribuire in modo sostanziale a qualificare correttamente il centro come una società no profit ma acquistano le connotazioni di “clienti mascherati”; – la presenza a tutte e assemblee di quasi sempre alcuni dei soci fondatori e saltuariamente tre sostenitori, sporadici stagionali evidenziano una scarsa democraticità dell’associazione rafforzata dal fatto che il presidente sia da tempo il sig. B.D., marito della proprietaria degli immobili dove è ubicato il centro ippico …; – il fatto di aver rinvenuto un listino prezzi rafforza ulteriormente la tesi della attività commerciale, in quanto se l’attività fosse orientata esclusivamente verso i soci, tenuto conto del divieto di distribuire utili, potrebbe essere computata in modo diverso; – l’aver aderito al condono, per gli anni 95, 96, 97, nonostante il pronunciamento favorevole della commissione di primo grado, senza voler rischiare il giudizio d’appello, fa presumere anche da parte del centro ippico una incertezza sulla bontà della tesi di attività esclusivamente no profit”.

Col primo motivo di ricorso si deduce violazione del D.P.R. n. 917 del 1998, art. 111, comma 4 quinquies, lett. c, in relazione al D.Lgs. n. 460 del 1997, art. 5, comma 3; violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c.; omessa motivazione su punto decisivo. Si osserva che la partecipazione di soci temporanei alle organizzazioni no-profit è stata esclusa dal D.Lgs. n. 460 del 1997, art. 5, modificativo del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 111. La CTR non avrebbe pertanto potuto trarre argomento dalla presenza di soci stagionali per negare il carattere non commerciale dell’organizzazione, perchè all’epoca della verifica della Guardia di Finanza quella presenza era normativamente compatibile con lo scopo non lucrativo dell’associazione.

Il motivo è infondato. La CTR non ha applicato retroattivamente la norma che il ricorrente assume violata. Ha ritenuto che la presenza di numerosi fruitori, per breve tempo ed a pagamento, dei servizi dell’organizzazione, che non partecipavano altrimenti alla vita associativa, li qualificasse piuttosto come clienti che come soci, e che ciò denotasse, insieme ad altri elementi, la natura obiettivamente commerciale dell’attività del circolo ippico. Il D.Lgs. n. 460 del 1997, art. 5, ha confermato la ragionevolezza della deduzione, escludendo in radice la partecipazioni solo temporanee agli scopi di una associazione non lucrativa.

Col secondo motivo è dedotta violazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 108, comma 1, secondo periodo, e art. 111, commi 1 e 2, nonchè del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 4, comma 4, e vizio di omessa motivazione su punto decisivo. Si critica la CTR per aver “tratto scorrettamente argomento utile, ai fini del proprio convincimento, dal rinvenimento presso l’associazione di un cosiddetto “listino prezzi”. Non sarebbe stato considerato che le norme richiamate prevedono che la percezione di un prezzo per servizi resi agli associati non compromette la natura non commerciale dell’attività esercitata dalla associazione qualora le prestazioni siano “rese in conformità alle finalità istituzionali dell’ente, senza specifica organizzazione e verso pagamento di corrispettivi che non eccedono i costi di diretta imputazione”. Elementi che la CTR non avrebbe nè accertato nè escluso.

Anche questa censura è infondata. La CTR ha osservato che, in assenza di scopo lucrativo, i costi dei servizi resi ai soci avrebbe potuto ripartirsi (con gli opportuni conguagli) a consuntivo, mentre la percezione di un prezzo unitario prestabilito indipendente dal numero delle prestazioni erogate deponeva per una logica d’impresa e non di semplice ripartizione dei costi. La considerazione non viola la normativa invocata ed, insieme agli altri elementi indiziari rilevati, non contraddice ma giustifica la conclusione attinta, circa il carattere obiettivamente commerciale dell’attività esercitata dall’Associazione.

Col terzo motivo si deduce violazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 108, comma 1, primo periodo e art. 111, commi 1 e 2, nonchè omessa motivazione su punto decisivo. Si lamenta che la CTR non si sia espressa sulle eccezioni sollevate dalla parte con riferimento al conteggio dei ricavi, “comprendendo arbitrariamente nel calcolo complessivo del reddito presunto d’impresa persino le quote sociali, e non sottraendone, invece, le relative spese ordinarie di gestione”.

La doglianza è infondata. Accertata la natura commerciale dell’attività esercitata, è affatto coerente che siano stati conteggiati fra i ricavi anche le quote associative. E non è vero che non si siano detratte le spese ordinarie di gestione, perchè risulta dalla sentenza che il reddito è stato stabilito nell’80% dei ricavi (L. 72.000.000 su L. 90.000.000). Criterio di calcolo non specificamente criticato dal ricorrente.

La quarta censura è irrilevante, perchè si rivolge avverso una considerazione della sentenza priva di carattere decisivo. La CTR ha tratto argomento presuntivo della bontà della tesi erariale dal fatto che la ricorrente avesse aderito al condono per le annualità di imposta anteriori, fondate sullo stesso P.V.C., a base dell’accertamento 1998. Ammesso il fondamento della doglianza, la motivazione della CTR resta adeguatamente fondata sulle altre argomentazioni che la sorreggono.

Va dunque respinto il ricorso, e condannata la ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al rimborso delle spese del giudizio, liquidate in Euro 1.300,00 per onorari, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 8 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria il 8 giugno 2011

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