Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12448 del 16/06/2016


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Cassazione civile sez. lav., 16/06/2016, (ud. 17/03/2016, dep. 16/06/2016), n.12448

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –

Dott. BRONZINI Giuseppe – Consigliere –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano – Consigliere –

Dott. BOGHETICH Elena – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 5943-2011 proposto da:

POSTE ITALIANE S.P.A., C.F. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore elettivamente domiciliata in ROMA, V.LE

MAZZINI 134, presso lo studio dell’avvocato LUIGI FIORILLO, che la

rappresenta e difende giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

M.S., C.F. (OMISSIS), elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA RENO 21, presso lo studio dell’avvocato

ROBERTO RIZZO, che la rappresenta e difende giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 10018/2009 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 25/02/2010 R.G.N. 4944/2006;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

17/03/2016 dal Consigliere Dott. ELENA BOGHETICH;

udito l’Avvocato BONFRATE FRANCESCA per delega verbale FIORILLO

LUIGI;

udito l’Avvocato RIZZO ROBERTO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GIACALONE Giovanni, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso

per quanto di ragione.

Fatto

RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE

1. Con sentenza depositata il 25 febbraio 2010, la Corte di appello di Roma, confermando la decisione del giudice di primo grado, ha dichiarato la nullità del termine apposto al contratto stipulato dalla S.p.A. (OMISSIS) e da M.S. per il periodo 7/2 – 30/4/2002, con assorbimento del successivo contratto 1/10 – 31/12/2002, e la sussistenza tra le parti di un rapporto a tempo indeterminato; ha, inoltre, confermato la condanna della società al risarcimento del danno subito dalla lavoratrice in misura pari alle retribuzioni alla medesima spettanti dalla messa in mora sino al ripristino del rapporto di lavoro, oltre interessi e rivalutazione. A sostegno della propria decisione, e per quanto di interesse, la Corte distrettuale precisava che la formulazione del contratto a termine (stipulato per “esigenze tecniche, produttive ed organizzative anche di carattere straordinario conseguenti a processi di riorganizzazione, ivi ricomprendendo un più funzionale riposizionamento di risorse sul territorio, anche derivanti da innovazioni tecnologiche, ovvero conseguenti alla introduzione e/o sperimentazione di nuove tecnologie, prodotti o servizi nonchè alla attuazione delle previsioni di cui agli Accordi del 1.7, 18 e 23 ottobre, 11 dicembre 2001 e 11 gennaio, 13 febbraio e 17 aprile 2002”) non era tale da soddisfare le condizioni previste dal D.Lgs. 6 settembre 2001, n. 368, art. 1 consistendo di enunciazioni generiche e totalmente astratte dalla specifica situazione del lavoratore assunto, oltre che inidonee a consentire alcuna verifica circa la loro reale sussistenza. In particolare, la Corte osservava come il rinvio operato nel contratto a numerosi accordi collettivi non poteva risolvere la rilevata carenza di formulazione, poichè negli stessi accordi richiamati si ammetteva che essi riguardavano l’intero territorio nazionale.

2. La società ha proposto ricorso per cassazione affidato a cinque motivi. La M. ha resistito depositando controricorso nonchè memoria ex art. 378 c.p.c..

3. Il collegio ha autorizzato la motivazione semplificata.

4. Con il primo motivo la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 6 settembre 2001, n. 368, art. 1, commi 10 e 2, dell’art. 4, comma 2 cit. decreto, dell’art. 12 preleggi e dell’art. 1362 c.c. e ss. e art. 1325 c.c. (art. 360 c.p.c., n. 3), per avere la Corte di appello ritenuto generica la causale posta a fondamento dell’assunzione, senza considerare che le ragioni giustificative del termine possono risultare anche in via indiretta nel contratto di lavoro e da esso per relationem in altri testi scritti accessibili alle parti.

5. Con il secondo motivo la società ricorrente denuncia omessa ed insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (art. 360 c.p.c., n. 5), non avendo la sentenza motivato sulla idoneità della compresenza, in seno al contratto, di più ragioni, fra esse non incompatibili, a costituire elemento di sufficiente specificazione delle esigenze sottese al contratto; e non avendo altresì motivato circa detta idoneità con riferimento all’analitica indicazione dei numerosi accordi, siglati dall’azienda e dai sindacati, per l’attuazione dei processi di mobilità e di riposizionamento del personale sull’intero territorio nazionale (ivi compresa articolazione produttiva di applicazione della parte ricorrente).

6. Con il terzo motivo la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 4, comma 2, dell’art. 2697 c.c. e degli artt. 115, 116, 244, 253 c.p.c. e art. 21 c.p.c., comma 2, (art. 360 c.p.c., n. 3), avendo la Corte, da un lato, compiuto una inversione dell’onere probatorio, atteso che il D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 4, comma 2, pone espressamente a carico del datore di lavoro l’onere di provare, non già la sussistenza delle ragioni oggettive legittimanti la stipula ex novo di un contratto a tempo determinato, ma solo quelle che legittimano la (eventuale) proroga del contratto medesimo; e avendo, dall’altro, trascurato di valutare che, seppure non onerata, la società aveva in ogni caso effettivamente offerto la prova, che derivava sia dall’analisi dei richiamati accordi sindacali sia dai capitoli di prova articolati con riguardo alla ricorrenza delle esigenze organizzative (anche) connesse con il processo di mobilità.

7. Con il quarto motivo la ricorrente denuncia omessa ed insufficiente motivazione in ordine ad un fatto controverso e decisivo per il giudizio (art. 360 c.p.c., n. 5), avendo omesso di valutare e conseguentemente di motivare sulla correlazione esistente tra i processi di riorganizzazione e le situazioni di carenza di organico incidenti sul regolare funzionamento dei servizi e che avevano investito anche l’unità produttiva cui la M. era stata assegnata nonchè di spiegare per quali ragioni la prova testimoniale articolata sin dal primo grado di giudizio e reiterata in grado di appello non era stata ritenuta meritevole di accoglimento.

8. Con il quinto motivo, relativo alle conseguenze economiche della illegittima apposizione del termine, la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1206, 1207, 1217, 1218, 1219, 1223, 2094 e 2099 c.c. (art. 360 c.p.c., n. 3), potendo il diritto alle retribuzioni decorrere solo dal momento dell’effettiva ripresa in servizio e avendo altresì omesso la sentenza di accertare se ed in che misura la ricorrente avesse svolto ulteriori e successive attività lavorative in epoca posteriore alla scadenza del termine.

9. Risultano fondati e debbono conseguentemente essere accolti i primi due motivi di ricorso.

10. La questione all’esame è già stata affrontata dalla giurisprudenza di questa Corte e risolta con l’affermazione del principio secondo cui l’apposizione di un termine al contratto di lavoro è consentita dal D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1 a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, che devono risultare specificate, a pena di inefficacia, in apposito atto scritto. Con tale ultima proposizione, la norma impone al datore di lavoro l’onere di indicare in modo circostanziato e puntuale, al fine di assicurare la trasparenza e la veridicità di tali ragioni, nonchè l’immodificabilità delle stesse nel corso del rapporto, le circostanze che contraddistinguono una particolare attività e che rendono conforme alle esigenze del datore di lavoro, nell’ambito di un determinato contesto aziendale, la prestazione a tempo determinato. Tanto anche al fine di rendere evidente la specifica connessione fra la durata solo temporanea della prestazione e le esigenze produttive ed organizzative che la stessa è chiamata a realizzare e la utilizzazione del lavoratore assunto esclusivamente nell’ambito della specifica ragione indicata ed in stretto collegamento con la stessa.

Spetta al giudice di merito accertare – con valutazione che, se correttamente motivata ed esente da vizi giuridici, resta esente dal sindacato di legittimità – la sussistenza di tali presupposti, valutando ogni elemento, ritualmente acquisito al processo, idoneo a dar riscontro alle ragioni specificatamente indicate con atto scritto ai fini dell’assunzione a termine, ivi compresi gli accordi collettivi intervenuti fra le parti sociali e richiamati nel contratto costitutivo del rapporto (cfr., ex plurimis, Cass., 7 luglio 2015, n. 13948; Cass., 1 febbraio 2010, mi. 2279; 27 aprile 2010, n. 10033; 11785/2012; Cass., 25 maggio 2012, n.8286).

Ed invero l’esplicitazione delle ragioni dell’apposizione del termine può risultare anche indirettamente dal contratto di lavoro, attraverso il riferimento ad altri testi scritti accessibili dalle parti, in particolare nel caso in cui, data la complessità e la articolazione del fatto organizzativo, tecnico o produttivo che è alla base della esigenza dell’assunzione a termine, questo risulti analizzato in specifici documenti, specie a contenuto concertativo, richiamati nella causale di assunzione.

11. Nel caso in esame, il contratto di assunzione in relazione al quale è stata dichiarata la nullità del termine conteneva l’espresso richiamo agli accordi del 17, 18 e 23 ottobre, 11 dicembre 2001, 11 gennaio 2002, in base ai quali le parti si erano date atto che la Società avrebbe continuato a fare ricorso all’attivazione di contratti a tempo determinato per sostenere il livello dei propri servizi durante la fase di realizzazione dei processi di mobilità.

La Corte territoriale, nel ritenere l’insussistenza del requisito della specificità della clausola giustificatrice del termine, ha omesso di considerare il contenuto degli accordi collettivi richiamati nella clausola stessa e ciò in violazione dei principi sopra ricordati.

12. La sentenza impugnata ha dichiarato la nullità del primo contratto a termine stipulato tra le parti e non ha esaminato il secondo contratto in quanto il giudice di prime cure aveva affermato che “L’accertata nullità del primo contratto travolge il contratto stipulato successivamente”, ritenendo, pertanto, assorbita la questione.

13. L’accoglimento dei primi due motivi di ricorso comporta l’assorbimento degli altri. La sentenza impugnata deve, pertanto, essere cassata in relazione ai motivi accolti e la causa rinviata, anche per le spese, alla medesima Corte in diversa composizione, la quale si uniformerà al principio di diritto sopra riportato.

PQM

la Corte accoglie il primo e il secondo motivo di ricorso, assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese, alla Corte di appello di Roma in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 17 marzo 2016.

Depositato in Cancelleria il 16 giugno 2016

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