Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12444 del 11/05/2021

Cassazione civile sez. VI, 11/05/2021, (ud. 10/02/2021, dep. 11/05/2021), n.12444

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – rel. Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

Dott. CAPOZZI Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4804-2019 proposto da:

AMIU GENOVA SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA FILIPPO CORRIDONI 14, presso

lo studio dell’avvocato MARCO PAOLETTI, che la rappresenta e difende

unitamente agli avvocati ANDREA LOVISOLO, ANTONIO LOVISOLO;

– ricorrente –

contro

IMMOBILIARE PALU’ SRL, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, CORSO VITTORIO EMANUELE

II N. 18, presso lo STUDIO GREZ E ASSOCIATI, rappresentata e difesa

dagli avvocati CATERINA CORRADO OLIVA, FILIPPO DA PASSANO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1346/6/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della LIGURIA, depositata il 15/10/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 10/02/2021 dal Consigliere Relatore Dott. MARIA ENZA

LA TORRE.

 

Fatto

RITENUTO

che:

AMIU Genova s.p.a. ricorre per la cassazione della sentenza della CTR della Liguria, che in controversia su impugnazione di avviso di accertamento per TARSU/TIA anni 2007/2009 da parte di Immobiliare Palù s.p.a., ha accolto l’appello della società contribuente in riforma della sentenza di primo grado. La CTR ha ritenuto non dovuto il tributo in quanto la società “occupava i locali solo come recapito, quindi una “buca delle lettere” che ovviamente non pare produrre rifiuti”.

La società contribuente si costituisce con controricorso e deposita memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Col primo motivo si deduce nullità della sentenza per motivazione perplessa e apparente ex art. 360 c.p.c., n. 4;

2. Il motivo va respinto. La motivazione della sentenza, ancorchè estremamente sintetica e scarna, è idonea a far comprendere l’iter logico seguito dal giudice per giungere alla decisione. Questa Corte ha statuito che il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica della violazione del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111 Cost., comma 6, individuabile nelle ipotesi – che si convertono in violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 e danno luogo a nullità della sentenza – di “mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale”, di “motivazione apparente”, di “manifesta ed irriducibile contraddittorietà” e di “motivazione perplessa od incomprensibile”, al di fuori delle quali il vizio di motivazione può essere dedotto solo per omesso esame di un “fatto storico”, che abbia formato oggetto di discussione e che appaia “decisivo” ai fini di una diversa soluzione della controversia (cfr. ex multis, Cass. n. 23940 del 12/10/2017).

3. Va invece ammessa e accolta la censura proposta ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, per omesso esame di uno o più fatti che integrino direttamente elementi costitutivi della fattispecie, la cui considerazione avrebbe consentito, secondo parametri di elevata probabilità logica, una ricostruzione dell’accaduto idonea ad integrare gli estremi della fattispecie rivendicata, qualora si assuma che una tale pronuncia comporti la mancata valorizzazione di fatti che si ritengano essere stati affermati dalla parte con modalità sufficientemente specifiche (Cass. 26764/2019).

Va pertanto accolto il secondo motivo del ricorso, col quale si deduce omesso esame di un fatto decisivo ex art. 360 c.p.c., n. 5, per non avere la CTR esaminato le circostanze dedotte, come la presenza di un addetto presso i locali della contribuente, la proprietà dell’immobile, lo svolgimento di attività della società nell’immobile.

3.1. Va premesso che il presupposto impositivo della TIA è contenuto nel D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 49, comma 3, a norma del quale “la tariffa deve essere applicata nei confronti di chiunque occupi oppure conduca locali, o aree scoperte ad uso privato non costituenti accessorio o pertinenza dei locali medesimi, a qualsiasi uso adibiti, esistenti nelle zone del territorio comunale”, e al comma 4 individua la quota fissa di cui si compone il tributo “in relazione alle componenti essenziali del costo del servizio, riferite in particolare agli investimenti per le opere ed ai relativi ammortamenti”, in alternativa alla concorrente componente variabile legata alla quantità del conferimento, al servizio fornito e ai costi di gestione. Al regolamento comunale in tema di T.I.A., è poi demandata la disciplina di dettaglio per la determinazione delle tariffe, in applicazione della norma di legge (Cass. n. 21508 del 2005; Sez. 5, n. 1963/2018).

3.2. Va quindi ribadito che tale tassa è un tributo che il singolo soggetto è tenuto a versare in relazione all’espletamento da parte dell’ente pubblico di un servizio nei confronti della collettività che da tale servizio riceve un beneficio, e non già in relazione a prestazioni fornite ai singoli utenti, per cui “sarebbe (…) contrario al sistema di determinazione del tributo pretendere di condizionare il pagamento al rilievo concreto delle condizioni di fruibilità che del resto, per loro natura, oltre ad essere di difficile identificazione mal si prestano a una valutazione economica idonea a garantire una esatta ripartizione fra gli utenti del costo di gestione.” (cfr. Cass. n. 21508 del 2005, Sez. 5, n. 1963 del 26/01/2018).

4. A fronte di ciò la CTR si è limitata a qualificare come “recapito” l’immobile in questione, ritenuto improduttivo di rifiuti, senza tener conto di quanto emerso in corso di causa.

4.1. La ricorrente ha infatti dedotto, riportando le controdeduzioni in primo grado e la documentazione ivi prodotta, in ossequio al principio di autosufficienza, che nell’immobile de quo vi era la presenza di un addetto presso i locali della contribuente, ove era fissata l’unica sede legale della società, e che dell’immobile era proprietario il legale rappresentante della società: a fronte di tali elementi rilevanti la Ctr si è limitata ad affermare che i locali erano utilizzati “solo come recapito, quindi una “buca delle lettere” che ovviamente non pare produrre rifiuti”.

5. Il ricorso va conseguentemente accolto e la sentenza cassata con rinvio alla CTR della Liguria, anche per le spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla CTR della Liguria in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 10 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 11 maggio 2021

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