Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12440 del 11/05/2021

Cassazione civile sez. VI, 11/05/2021, (ud. 28/01/2021, dep. 11/05/2021), n.12440

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 28007/2019 R.G., proposto da:

l’Agenzia delle Entrate, con sede in Roma, in persona del Direttore

Generale pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura

Generale dello Stato, con sede in Roma, ove per legge domiciliata;

– ricorrente –

contro

la “A & A di A.F. e C. S.a.s.”, con sede in (OMISSIS)

(BR), in persona del socio accomandatario pro tempore;

– intimata –

Avverso la sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Regionale

di Bari – Sezione Staccata di Lecce il 28 febbraio 2019 n.

583/22/2019, non notificata;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata (mediante collegamento da remoto, ai sensi del D.L. 28

ottobre 2020, n. 137, art. 23, comma 9, convertito nella Legge 18

dicembre 2020, n. 176, con le modalità stabilite dal decreto reso

dal Direttore Generale dei Servizi Informativi ed Automatizzati del

Ministero della Giustizia il 2 novembre 2020) del 28 gennaio 2021

dal Dott. Giuseppe Lo Sardo.

 

Fatto

RILEVATO

che:

L’Agenzia delle Entrate ricorre per la cassazione della sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Regionale di Bari Sezione Staccata di (OMISSIS) il 28 febbraio 2019 n. 583/22/2019, non notificata, che, in controversia su impugnazione di rigetto di riesame in autotutela di comunicazione di irregolarità per la detrazione di un credito IVA in relazione all’anno d’imposta 2009, ha accolto l’appello proposto dalla “A & A di A.F. e C. S.a.s.” nei suoi confronti avverso la sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Provinciale di Brindisi il 9 febbraio 2012 n. 150/01/2012, con compensazione delle spese giudiziali. La Commissione Tributaria Regionale ha riformato la decisione di primo grado, sul presupposto che la tardività della dichiarazione presentata per l’anno precedente non precludesse alla contribuente di portare in detrazione il credito IVA nella dichiarazione presentata per l’anno successivo. La “A & A di A.F. e C. S.a.s.” è rimasta intimata. Ritenuta la sussistenza delle condizioni per definire il ricorso con il procedimento ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., la proposta redatta dal relatore designato è stata notificata ai difensori delle parti con il decreto di fissazione dell’adunanza della Corte. In vista dell’odierna adunanza non sono state presentate memorie.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Con unico motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 549, art. 19, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per aver erroneamente ritenuto l’ammissibilità dell’impugnazione del diniego di autotutela sul disconoscimento del credito IVA.

Ritenuto che:

1. Il motivo è fondato.

1.1 Invero, secondo l’orientamento di questa Corte, nel processo tributario, il sindacato sull’atto di diniego dell’amministrazione finanziaria di procedere ad annullamento del provvedimento impositivo in sede di autotutela può riguardare soltanto eventuali profili di illegittimità del rifiuto, in relazione a ragioni di rilevante interesse generale che giustificano l’esercizio di tale potere, che si fonda su valutazioni ampiamente discrezionali e non costituisce uno strumento di tutela dei diritti individuali del contribuente (in termini: Cass., Sez. 5″, 24 agosto 2018, n. 21146; Cass., Sez. 5, 20 febbraio 2019, n. 4937; Cass., Sez. 5, 26 settembre 2019, n. 24032), considerando, peraltro, che l’annullamento in autotutela non è concepibile rispetto ad un atto endoprocedimentale (Cass., Sez. 5, 21 ottobre 2020, n. 22891).

1.2 Ad ogni buon conto, il principio è destinato a rimanere fermo a fronte dell’orientamento per cui anche la comunicazione d’irregolarità D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, ex art. 36 bis, comma 3, (c.d. avviso bonario) è immediatamente impugnabile dal contribuente dinanzi al giudice tributario, trattandosi di atto adottato dall’ente impositore che porta, comunque, a conoscenza del contribuente una specifica pretesa tributaria, con esplicitazione delle concrete ragioni fattuali e giuridiche, senza necessità che si manifesti in forma autoritativa (tra le altre: Cass., Sez. 5, 19 febbraio 2016, n. 3315).

Difatti, questa Corte ha più volte affermato in materia che il diniego dell’annullamento di atto richiesto, sollecitando il potere di autotutela dell’ente impositore, può essere impugnato dal contribuente solo per motivi riguardanti la legittimità del rifiuto e non già per contestare la fondatezza della pretesa tributaria, atteso che, altrimenti, si avrebbe un’indebita sostituzione del giudice nell’attività amministrativa o un’inammissibile controversia sulla legittimità di un atto impositivo ormai definitivo (Cass., Sez. 6-5, 2 dicembre 2014, n. 255249; Cass., Sez. 5, 20 febbraio 2015, n. 3442; Cass., Sez. 6-5, 17 maggio 2017, n. 12491; Cass., Sez. 65, 9 aprile 2018, n. 8626).

1.3 Dunque, la sentenza impugnata ha fatto malgoverno del principio enunciato, prescindendo da ogni valutazione di interesse pubblico e sindacando il merito della pretesa impositiva al fine di riconoscere la detrazione del credito IVA in carenza dei requisiti formali per avvalersene.

2. In conclusione, valutandosi la fondatezza del motivo dedotto, il ricorso può essere accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata; non occorrendo ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 1, u.p., con pronuncia di rigetto del ricorso originario della contribuente.

3. Possono essere compensate tra le parti le spese del doppio grado del giudizio del merito, tenuto conto dell’andamento del medesimo, mentre le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura fissata in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso originario della contribuente; compensa le spese dei giudizi di merito; condanna la contribuente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità in favore dell’amministrazione finanziaria, che liquida nella somma complessiva di Euro 2.300,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale effettuata da remoto, il 28 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 11 maggio 2021

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