Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1244 del 21/01/2021

Cassazione civile sez. I, 21/01/2021, (ud. 13/10/2020, dep. 21/01/2021), n.1244

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13370/2019 proposto da:

W.M.M.A., difeso dall’avv. Mario Novelli,

domiciliato presso la I sezione civile della Corte di Cassazione;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di ANCONA, depositata il 09/03/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

13/10/2020 dal Cons. Dott. FIDANZIA ANDREA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il Tribunale di Ancona, con decreto depositato in data 9.03.2019, ha rigettato la domanda di W.M.M.A., cittadino del (OMISSIS), volta ad ottenere il riconoscimento della protezione internazionale o, in subordine, della protezione umanitaria.

E’ stato, in primo luogo, ritenuto che difettassero in capo al ricorrente i presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato, non essendo riconducibili i fatti narrati agli atti persecutori previsti dalla Convenzione di Ginevra (il ricorrente aveva riferito di essersi allontanato dal Pakistan per sottrarsi al clima di violenza presente nel Punjab, la sua regione, e per le minacce perpetrate nei suoi confronti dai suoi due fratelli per questioni ereditarie).

Inoltre, con riferimento alla richiesta di protezione sussidiaria, il giudice di merito ha evidenziato l’insussistenza del pericolo per il ricorrente di essere esposto a grave danno in caso di ritorno nel suo paese di provenienza.

Infine, il ricorrente non è stato comunque ritenuto meritevole del permesso per motivi umanitari, non essendo stata allegata una sua specifica situazione di vulnerabilità personale.

Ha proposto ricorso per cassazione W.M.M.A. affidandolo a quattro motivi.

Il Ministero dell’Interno si è costituito in giudizio tardivamente ai soli fini di un’eventuale partecipazione all’udienza di discussione.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo è stata dedotta la violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3.

Lamenta il ricorrente che, a differenza di quanto ritenuto dal Tribunale di Ancona e dalla Commissione Territoriale, le sue dichiarazioni sono coerenti, genuine e plausibili. E’ stata, inoltre, omessa ogni valutazione sulla situazione generale del paese di provenienza, e, in particolare, della regione del Punjab.

2. Con il secondo motivo è stata dedotta la violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. b) e c).

Lamenta, in primo luogo, il ricorrente che il giudice di primo grado ha sottovalutato la sua vicenda personale (conflitto con i suoi fratelli), non considerando l’impossibilità per lo stesso di ottenere tutela e protezione dalla polizia, emergendo dai report internazionali la corruzione della polizia e la diffusa illegalità del suo comportamento.

Si duole, altresì, che il Tribunale di Ancona ha fornito una visione del tutto parziale della realtà del Pakistan e della regione del Punjab, che è caratterizzata da una violenza generalizzata e indiscriminata.

3. Con il terzo motivo è stata dedotta la violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3.

Lamenta il ricorrente che il Tribunale di Ancona ha effettuato solo una parziale ed insufficiente istruttoria sul Pakistan e sulla regione del Punjab.

4. I primi tre motivi, da esaminare unitariamente, avendo ad oggetto questioni connesse, presentano profili di infondatezza ed inammissibilità.

In primo luogo, il ricorrente non ha colto la ratio decidendi del decreto impugnato quanto al punto avente ad oggetto la richiesta di protezione D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. b).

In proposito, il Tribunale di Ancona non ha affatto valutato come inattendibile il racconto del richiedente. E’ stato, invece, ritenuto che non vi fossero i presupposti per il riconoscere la fattispecie del pericolo di danno “grave”, tenuto che conto che la decisione del ricorrente di espatriare non era stata dovuta, in realtà, alle minacce dei fratelli per questioni ereditarie – la famiglia del ricorrente aveva già trovato riparo presso i suoceri nel villaggio di (OMISSIS) e lo stesso aveva incominciato a lavorare – quanto all’invito del proprio zio di raggiungerlo in Libia per lavoro.

Tale ratio decidendi non è stata specificamente censurata.

Inoltre, il giudice di merito ha consultato report internazionali aggiornati (Rapporto EASO ottobre 2018, report pubblicato sul sito dell’UNHCR nel maggio 2017), alla luce dei quali ha ritenuto insussistente nella regione del Punjab del Pakistan la dedotta situazione di violenza generalizzata derivante da conflitto armato. In particolare, è stato osservato che il territorio in questione doveva ritenersi sotto il controllo dell’Autorità Statale e, nonostante la presenza di cellule terroristiche “silenti” pronte a colpire, non si registrava un conflitto armato generalizzato e persistente tale da costituire un pericolo per la vita e per l’incolumità dei civili solo per effetto della loro presenza nell’area in oggetto.

Tale valutazione di fatto, in quanto di esclusiva competenza del giudice di merito, non è censurabile in sede di legittimità (Cass. del 12/12/2018 n. 32064). Ne consegue che le censure del ricorrente si appalesano come di merito, in quanto finalizzate a sollecitare una diversa valutazione del materiale probatorio esaminato dal giudice di merito.

5. Con il quarto motivo è stata dedotta la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3, nonchè del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6.

Evidenzia il ricorrente di essere meritevole della protezione umanitaria in ragione della grave situazione socio-politica nella regione del Punjab del Pakistan e in virtù del suo percorso di integrazione sociale.

7. Il motivo è inammissibile.

Va preliminarmente osservato che questa Corte ha già affermato che pur dovendosi partire, nella valutazione di vulnerabilità del richiedente, dalla situazione oggettiva del paese d’origine, questa deve essere necessariamente correlata alla condizione personale, atteso che, diversamente, si finirebbe per prendere in considerazione non già la situazione particolare del singolo soggetto, ma piuttosto quella del suo paese d’origine in termini del tutto generali ed astratti, e ciò in contrasto con il parametro normativo di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 (in questi termini sez. 1 n. 4455 del 23/02/2018).

Nel caso di specie, il ricorrente, non ha minimamente correlato la dedotta esistenza di una situazione di insicurezza alla propria condizione personale ed ha svolto mere censure di merito alla precisa affermazione del Tribunale di Ancona secondo cui lo stesso sarebbe comunque in grado, in caso di rimpatrio, di soddisfare i bisogni e le ineludibili esigenze di vita personale.

Infine, il richiedente si duole che non si è tenuto conto del suo percorso di integrazione, non considerando che tale elemento, secondo il costante insegnamento di questa Corte, può essere sì considerato in una valutazione comparativa al fine di verificare la sussistenza della situazione di vulnerabilità, ma non può, tuttavia, da solo esaurirne il contenuto (vedi Cass. n. 4455 del 23/02/2018).

Il rigetto del ricorso non comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, in ragione dell’inammissibilità della costituzione tardiva del Ministero dell’Interno.

PQM

Rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, se dovuto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 13 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 21 gennaio 2021

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