Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12438 del 24/06/2020

Cassazione civile sez. lav., 24/06/2020, (ud. 12/12/2019, dep. 24/06/2020), n.12438

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizio – rel. Consigliere –

Dott. CIRIELLO Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 30032/2014 proposto da:

C.T., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE GORIZIA

14, presso lo studio dell’avvocato FRANCO SABATINI, rappresentato e

difeso dall’avvocato PAOLO MARINO;

– ricorrente –

contro

I.V.R.I. – ISTITUTI DI VIGILANZA RIUNITI D’ITALIA S.P.A., in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA ENNIO QUIRINO VISCONTI 20, presso lo studio dell’avvocato

NICOLA PETRACCA, che la rappresenta e difende unitamente

all’avvocato CLAUDIO MORO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 509/2014 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 22/05/2014 R.G.N. 550/2013.

Fatto

RILEVATO

che:

1. la Corte di Appello di L’Aquila, con sentenza del 22 maggio 2014, ha dichiarato inammissibile l’appello proposto da C.T. nei confronti di IVRI – Istituti di Vigilanza Riuniti d’Italia Spa avverso la sentenza del Tribunale di Chieti che aveva respinto il ricorso del lavoratore tendente ad ottenere il risarcimento dei danni asseritamente subiti in ragione di condotte vessatorie perpetrate in suo danno;

2. la Corte ha ritenuto inammissibile l’impugnazione “in quanto la censura investe genericamente l’erroneità della intera sentenza impugnata ed è indirizzata ad ottenere la totale riforma della predetta decisione”, in modo tale da impedire di comprendere “per quale motivo la sentenza dovrebbe essere riformata”;

3. ha proposto ricorso per cassazione il C. affidandosi ad un motivo, cui ha resistito con controricorso la società; le parti non hanno depositato memorie e l’avviso della fissazione dell’adunanza camerale risulta telematicamente comunicato in data 10 ottobre 2019 agli Avvocati Moro e Petracca, per l’IVRI, ed all’Avvocato Sabatini, domiciliatario del C..

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. il motivo di ricorso denuncia “violazione art. 434 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 (falsa applicazione di norme di diritto)” sostenendo l’ammissibilità dell’impugnazione proposta “attesa la evidente possibilità per la Corte di Appello adita di risalire attraverso un accurato esame dell’atto introduttivo a tutti gli elementi richiesti dall’art. 434 c.p.c., così come novellato dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54”;

2. il motivo non merita accoglimento;

esso, infatti, è inammissibilmente formulato in violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6), avendo parte ricorrente omesso di indicare specificamente i contenuti dell’atto processuale – nella specie l’appello proposto – su cui fonda la doglianza, mancando di riportarne qualsivoglia contenuto, impedendo così, in mancanza della descrizione del fatto processuale, di procedere alla preliminare verifica di ammissibilità del motivo di ricorso mediante accertamento della rilevanza e decisività del vizio denunciato rispetto alla pronuncia impugnata per cassazione; nè può soccorrere la qualificazione giuridica del vizio lamentato come error in procedendo in relazione al quale la Corte è anche “giudice del fatto”, con la possibilità di accedere direttamente all’esame degli atti processuali del fascicolo di merito: invero le Sezioni unite della Cassazione hanno statuito che, nei casi di vizio che comporti la nullità del procedimento o della sentenza impugnata, il giudice di legittimità, pur non dovendo limitare la propria cognizione all’esame della sufficienza e logicità della motivazione con cui il giudice di merito ha vagliato la questione, “è investito del potere di esaminare direttamente gli atti ed i documenti sui quali il ricorso si fonda, purchè la censura sia stata proposta dal ricorrente in conformità alle regole fissate al riguardo dal codice di rito (ed oggi quindi, in particolare, in conformità alle prescrizioni dettate dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4)” (Cass. SS. UU. n. 8077 del 2012); l’espressa salvezza da parte del Supremo Collegio della regola di cui dell’art. 366 c.p.c., n. 6, cui si riconnette un riscontro normativo dell’autosufficienza, preserva il canone anche in caso di errores in procedendo; così è stato argomentato che, pure in tali casi, si prospetta preliminare ad ogni altra questione quella concernente l’ammissibilità del motivo in relazione ai termini in cui è stato esposto, con la conseguenza che solo quando sia stata accertata la sussistenza di tale ammissibilità diventa possibile valutare la fondatezza del motivo medesimo e, dunque, esclusivamente nell’ambito di quest’ultima valutazione, la Corte di cassazione può e deve procedere direttamente all’esame ed all’interpretazione degli atti processuali (Cass. n. 18 del 2015; Cass. n. 18037 del 2014, con la giurisprudenza ivi citata); precisamente l’esercizio del potere di diretto esame degli atti del giudizio di merito, riconosciuto al giudice di legittimità ove sia denunciato un error in procedendo, presuppone che la parte, nel rispetto del principio di autosufficienza, riporti, nel ricorso stesso, gli elementi ed i riferimenti atti ad individuare, nei suoi termini esatti e non genericamente, il vizio del “fatto processuale”, onde consentire alla Corte di effettuare, senza compiere generali verifiche degli atti, il controllo del corretto svolgersi dell’iter processuale (Cass., n. 19410 del 2015; cfr. Cass. n. 9734 del 2004; Cass. n. 6225 del 2005); proprio nel caso di censure che riguardino la denunciata genericità dei motivi di appello questa Corte ha ritenuto condizione di ammissibilità del ricorso la trascrizione per esteso del contenuto dell’atto di appello (Cass. n. 12664 del 2012) ovvero l’indicazione dell’impianto specifico dei motivi di appello formulati (Cass. n. 9734 del 2004; Cass. n. 86 del 2012; Cass. n. 2143 del 2015), senza che sia sufficiente un mero rinvia all’atto di appello (cfr. Cass. n. 20405 del 2006; Cass. n. 23420 del 2011);

3. conclusivamente il ricorso va dichiarato inammissibile e le spese seguono la soccombenza liquidate come da dispositivo;

occorre dare atto della sussistenza dei presupposti processuali di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater; come modificato dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, per cui il ricorrente è tenuto al versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso nei limiti in cui esso sia dovuto, avuto riguardo al fatto che, allo stato, il C. risulta, in via anticipata e provvisoria, ammesso al gratuito patrocinio a spese dello Stato con Delibera del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati presso la Corte di Appello di L’Aquila in data 9 dicembre 2014.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese liquidate in Euro 4.000,0, oltre Euro 200,00 per esborsi, accessori secondo legge e spese generali al 15%.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 12 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 24 giugno 2020

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