Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12438 del 17/05/2017

Cassazione civile, sez. VI, 17/05/2017, (ud. 19/01/2017, dep.17/05/2017),  n. 12438

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – rel. Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24035-2015 proposto da:

ELEBER DI O.M. & C SAS (C.F. e P.I (OMISSIS)), in persona

del legale rappresentante e O.M., elettivamente domiciliati

in ROMA, VIA TACITO 23, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI

GIUSTINIANI, rappresentati e difesi dall’avvocato ANNA RODELLA,

giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

D.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DI CONDOTTI

9, presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRO PICOZZI, rappresentato

e difeso dall’avvocato EUGENIO DEMO, giusta procura in calce al

controricorso;

– controricorrente –

e contro

R.V.M., elettivamente domiciliato in Roma, Piazza

Cavour, presso la Corte Suprema di Cassazione, rappresentato e

difeso dall’avvocato MICHELE MAGARAGGIA, giusta procura in calce al

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 376/2015 del TRIBUNALE di VICENZA, emessa e

depositata il 06/03/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 19/01/2017 dal Consigliere Relatore Dott. STEFANO

OLIVIERI.

Il Collegio ha raccomandato motivazione semplificata.

Fatto

PREMESSO

la Corte d’appello di Venezia con ordinanza depositata il 30.6.2015 e “comunicata in data 8.7.2015” ha dichiarato inammissibile inammissibilità ex artt. 348 bis e 348 ter c.p.c. l’appello proposto da Eleber di O.M. & C. s.a.s. e da O.M. avverso la sentenza del Tribunale di Vicenza in data 6.3.2015 n. 376 che aveva rigettato la domanda avente ad oggetto la revoca dell’efficacia dell’atto di trasferimento della quota, pari ad 1/2, della proprietà della casa coniugale effettuata dal debitore D.S. a favore del coniuge R.V.M. in attuazione degli accordi risultanti dal ricorso per separazione consensuale in data (OMISSIS) recepito nel verbale omologato dal Tribunale – con il ricorso per cassazione viene impugnata la sentenza di primo grado ai sensi dell’art. 348 ter c.p.c.: a) con il primo motivo, per violazione dell’art. 2901 c.c. nonchè dell’art. 1325 c.c. e degli artt. 158 c.c. e dell’art. 711 c.p.c.; b) con il secondo motivo per violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4.

– resistono D.S. e R.V.M. con distinti controricorsi;

i ricorrenti hanno depositato memoria illustrativa.

Il Collegio ha raccomandato motivazione semplificata.

Diritto

OSSERVA

Il ricorso è inammissibile.

Il Tribunale dopo aver enunciato le condizioni legali che presiedono all’accoglimento della domanda revocatoria ex art. 2901 c.c. ne ha escluso, nella specie, la fondatezza, rilevando che: a) il credito “pregiudicato” dall’atto di disposizione patrimoniale, trovava titolo nell’impegno assunto dal D. con la scrittura privata sottoscritta il (OMISSIS) avente ad oggetto la restituzione delle somme ricevute in pagamento per la vendita di alcune opere pittoriche rivelatesi successivamente false; b) l’atto dispositivo del bene immobile si articolava secondo lo schema negoziale preliminare-definitivo, avendo assunto il D. l’impegno ad alienare la quota proprietaria nel verbale di separazione omologato dal Tribunale a seguito del ricorso in data 31.5.2010, e ad eseguire l’obbligazione assunta con la stipula dell’atto notarile in data (OMISSIS); c) il trasferimento immobiliare doveva intendersi effettuato “a titolo oneroso”, in quanto – se pure non riprodotte tali condizioni anche nell’atto definitivo notarile – dal verbale di separazione consensuale risultava che i coniugi avevano specificato che la cessione veniva disposta “a tacitazione di ogni pretesa del coniuge acquirente in ordine al mantenimento ed ai trascorsi rapporti patrimoniali” e dunque avevano inteso regolare tutte le situazione di dare ed avere relative ai pregressi rapporti patrimoniali; d) non vi era prova della “scientia damni” dell’acquirente a titolo oneroso avendo la R. appreso per la prima volta della situazione debitoria del coniuge nei confronti della società Eleber soltanto dopo aver ricevuto la notifica del decreto ingiuntivo diretto al D. in data 7.7.2010 e dunque successivamente all’accordo di separazione.

Con il primo motivo i ricorrenti deducono la erroneità della statuizione del Tribunale in quanto non vi erano elementi atti a ritenere la natura onerosa del trasferimento immobiliare, non essendo stato pattuito alcun corrispettivo, come emergeva dall’atto pubblico, sostenendo – pertanto – che il Giudice avrebbe dovuto rilevare che il verbale di separazione dei coniugi era frutto di un accordo simulatorio. Con il secondo motivo sostengono che il Giudice di merito era pervenuto ad affermare in modo apodittico l’onerosità del trasferimento e la mancanza di conoscenza della situazione debitoria da parte della moglie, non considerando che la cronologia dei fatti (deposito del ricorso per separazione personale, ricezione della notifica del decreto ingiuntivo da parte della moglie, stipula dell’atto pubblico di compravendita) avrebbe dovuto indurre a pervenire all’accertamento della sicura conoscenza da parte della R. del pregiudizio che l’atto arrecava alle ragioni creditorie e quindi del “consilium fraudis” del terzo.

Orbene per costante giurisprudenza di questa Corte il ricorso per cassazione avverso la sentenza di primo grado, previsto dall’art. 348 ter c.p.c., comma 3, introdotto dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 convertito con modificazioni nella L. 7 agosto 2012, n. 134, ha natura ordinaria e, in quanto tale, deve contenere, a pena di inammissibilità, le prescrizioni dettate dall’art. 366 c.p.c., tra cui “l’esposizione sommaria dei fatti di causa”, prevista al n. 3 stesso articolo (Corte cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 6140 del 26/03/2015). Tale requisito di contenuto-forma previsto, a pena di inammissibilità, dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3), deve essere assolto necessariamente con il ricorso e non può essere ricavato da altri atti, quali la sentenza impugnata o il controricorso, perchè la causa di inammissibilità non può essere trattata come una causa di nullità cui applicare il criterio del raggiungimento dello scopo, peraltro, riferibile ad un unico atto (Corte cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 18623 del 22/09/2016).

Ne segue che nel ricorso per cassazione avverso la sentenza di primo grado, proponibile ai sensi dell’art. 348 ter c.p.c., comma 3, l’atto d’appello, dichiarato inammissibile, e la relativa ordinanza, pronunciata ai sensi dell’art. 348 bis c.p.c., costituiscono requisiti processuali speciali di ammissibilità, con la conseguenza che, ai sensi dell’art. 366 c.p.c., n. 3, è necessario che nel suddetto ricorso per cassazione sia fatta espressa menzione dei motivi di appello e della motivazione dell’ordinanza ex art. 348 bis c.p.c., al fine di evidenziare l’insussistenza di un giudicato interno sulle questioni sottoposte al vaglio del giudice di legittimità e già prospettate al giudice del gravame (Corte cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 10722 del 15/05/2014; id. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 2784 del 12/02/2015; id. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 19060 del 28/09/2016; id. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 26936 del 23/12/2016).

Nella specie nel ricorso non vengono trascritti e nemmeno riassunti i motivi di gravame che erano stati dedotti con l’atto di appello dichiarato inammissibile ai sensi dell’art. 348 bis c.p.c. (cfr. ricorso pag. 3), con la conseguenza che rimane impedito a questa Corte di verificare alla stregua del contenuto del ricorso se i vizi di legittimità della sentenza di primo grado fatti valere dai ricorrenti avessero costituito oggetto del “quantum devolutum” sottoposto alla cognizione del Giudice di appello e se, dunque, sulle questioni non si sia formato il giudicato interno.

Non rispondendo al requisito di ammissibilità ex art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3), il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna dei soccombenti alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in dispositivo.

PQM

dichiara inammissibile il ricorso principale.

Condanna i ricorrenti al pagamento in favore di ciascuno dei controricorrenti, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 6.100,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti principali, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 19 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 17 maggio 2017

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