Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12438 del 16/06/2016


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Cassazione civile sez. lav., 16/06/2016, (ud. 16/03/2016, dep. 16/06/2016), n.12438

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – rel. Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

PRESIDENZA DELLA REGIONE SICILIANA, L’ASSESSORATO ALLA PRESIDENZA,

L’ASSESSORATO ALLA SANITA’, in persona dei legali rappresentanti pro

tempore, rappresentati e difesi dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO

presso i cui Uffici domicilia in ROMA, ALLA VIA DEI PORTOGHESI, 12;

– ricorrenti –

contro

S.P.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1040/2010 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 06/10/2010 r.g.n. 2264/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

16/03/2016 dal Consigliere Dott. DANIELA BLASUTTO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MATERA Marcello, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Il dott. S.P., medico specialista, transitato, ai sensi del D.P.R. n. 382 del 1980, art. 120, dall’Università di Palermo (dove aveva prestato servizio come contrattista) nei ruoli della Regione Sicilia, con inquadramento nella qualifica di Ispettore sanitario (8 livello), ha agito nei confronti della Presidenza della Regione siciliana, l’Assessorato alla Presidenza e l’Assessorato alla Sanità al fine di ottenere, nel passaggio dall’Università alla Regione, tra l’altro, il riconoscimento dell’anzianità maturata in relazione al servizio prestato come titolare di borsa di studio dal 1.11.72 al 30.11.74.

2. A seguito della sentenza n. 18032 del 2008 delle Sezioni Unite di questa Corte, che hanno affermato la giurisdizione del giudice ordinario ravvisando nel Decreto Assessoriale 23 luglio 1999, n. 03231 l’atto lesivo del diritto oggetto della domanda, la Corte di appello di Palermo, pronunciando in sede di rinvio, con sentenza depositata il 6 ottobre 2010, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha dichiarato il diritto del ricorrente al riconoscimento, esclusivamente ai fini giuridici, del servizio prestato dal ricorrente quale borsista, confermando il rigetto di ogni altra domanda proposta con l’atto introduttivo.

La Corte di appello ha osservato, per quanto ancora rileva nella presente sede, che, ai sensi del D.L. n. 49 del 1986, art. 7, conv.

in L. n. 120 del 1986, è previsto il riconoscimento giuridico e ad ogni altro titolo della totale anzianità di servizio maturata nelle qualifiche che danno titolo al passaggio per gli aventi titolo al giudizio di idoneità a professore associato, senza nulla prevedere per gli aventi titolo al giudizio di idoneità a ricercatore, categoria nella quale rientrava l’appellante; che tuttavia, poichè non vi era alcuna giustificazione logica e giuridica di tale esclusione, nel contesto di una interpretazione costituzionalmente orientata (art. 3 Cost.) il richiamo alla categoria degli aventi titolo al giudizio di idoneità a professore associato doveva ritenersi effettuata a titolo solo esemplificativo, ma non preclusivo dell’altra (e più numerosa) categoria di soggetti; che tali rilievi consentivano il riconoscimento, ai fini giuridici, del servizio prestato dallo S. in qualità di borsista per medico interno presso la clinica odontoiatrica, rientrante nelle categorie di cui, D.P.R. n. 382 del 1980, art. 58; che invece non era possibile riconoscere l’anzianità pregressa ai fini economici, poichè ciò presupponeva che, all’atto del passaggio nei ruoli della Regione, ed in virtù della disciplina propria del rapporto di impiego del personale di quest’ultima, vigente al momento del transito (non potendo la disciplina di cui al D.L. n. 49 del 1986, art. 7 cit., invadere la materia riservata alla potestà legislativa esclusiva della Regione), l’anzianità di servizio assumesse rilievo ai fini della determinazione del trattamento economico del dipendente; che, invece, all’atto dell’assunzione in servizio dello S. presso la Regione (16/10/96) e anche al momento della riconosciuta decorrenza dell’inquadramento ai fini giuridici (8/7/95), era già in vigore la nuova disciplina (D.P.R. del 20 gennaio 1995, n. 11, art. 2) che aveva reso irrilevante ai fini economici l’anzianità di servizio, a differenza del precedente ordinamento del personale dell’Amministrazione comunale di cui alla L.R. del 29 ottobre 1985, n. 41.

3. Tale sentenza è ora impugnata dalla Presidenza della Regione Siciliana, dall’Assessorato alla Presidenza e dall’Assessorato alla Sanità con un solo motivo. S.P. è rimasto intimato.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con unico motivo di ricorso la Presidenza della Regione Siciliana, l’Assessorato alla Presidenza e l’Assessorato alla Sanità, denunciando violazione al D.P.R. n. 382 del 1980, art. 120, D.L. n. 49 del 1986, art. 7, conv. in L. n. 120 del 1986, (art. 360 c.p.c., n. 3), sostengono che la citata L. n. 120 del 1986, ha espressamente limitato il “riconoscimento giuridico e ad ogni altro titolo” della “anzianità di servizio maturata” dagli aventi titolo al giudizio di idoneità a professore associato, mentre la tesi del dott. S., accolta dalla Corte di appello di Palermo, è nel senso di estendere, in via di interpretazione adeguatrice, tale previsione anche agli “aventi titolo al giudizio di idoneità a ricercatore”. La tesi non considera che la prestazione del borsista è priva del carattere sinallagmatico, della continuità e dei profili gerarchici; manca in ogni caso un rapporto di pubblico impiego. L’ampliamento della portata della disposizione si risolverebbe in una generalizzazione impropria di una norma derogatrice del sistema ordinario.

2. Preliminarmente, quanto alla notifica del ricorso, risultano rispettate le disposizioni in tema di notifica a mezzo posta, ex art. 149 c.p.c. e L. n. 890 del 1980, art. 7, come modificato dalla L. n. 31 del 2008, (applicabile alla fattispecie ratione temporis). Risulta dall’avviso di ricevimento della raccomandata, depositato in atti, che detta notifica, effettuata presso il domicilio eletto di S. P., ossia presso lo studio degli avv.ti Sergio Capasso e Maria Teresa Nicotri, in Palermo, via Dante n. 322, è stata consegnata dall’agente postale in data 14.3.2011 al portiere dello stabile, in assenza del destinatario e di persone abilitate alla ricezione degli atti. Risulta altresì spedita in pari data la prescritta raccomandata di comunicazione (n. (OMISSIS) del 14.3.2011). Simile notifica, rispondente al meccanismo di cui alla L. 20 novembre 1982, n. 890, art. 7, risulta valida alla stregua della modifica introdotta del D.L. 31 dicembre 2007, n. 248, art. 36, comma 2 quater, convertito, con modificazioni, nella L. 28 febbraio 2008, n. 31. Tale disposizione ha aggiunto nel citato art. 7, comma ulteriore (ultimo), secondo cui, se il piego non viene consegnato personalmente al destinatario dell’atto, l’agente postale da notizia al destinatario medesimo dell’avvenuta notificazione dell’atto a mezzo di lettera raccomandata.

2.1. Secondo l’orientamento espresso da Cass. n. 10554 del 2015, condiviso dal Collegio, “nell’ipotesi di notifica dell’atto, a mezzo di ufficiale giudiziario, al portiere o al vicino (ex art. 139 c.p.c.), e nell’ipotesi di notifica dell’atto, a mezzo posta, a persona diversa dal destinatario (L. n. 890 del 1982, ex art. 7, come modificato nel 2007/2008) ai fini del perfezionamento della notifica, rispetto al destinatario, non è necessario che sia fatta con avviso di ricevimento la raccomandata diretta al destinatario e contenente la notizia della avvenuta notificazione dell’atto alle persone suddette; con la conseguenza che, nella specie, è stata legittimamente dichiarata la contumacia della parte, destinataria di atto di appello ricevuto dal portiere e della raccomandata, senza avviso di ricevimento, contenente la notizia dell’avvenuta consegna al portiere dell’atto”.

2.2. Alla Corte era stato sottoposto proprio il quesito se, ai fini del perfezionamento rispetto al destinatario della notifica dell’atto (ex art. 139 c.p.c., e L. n. 890 del 1982, ex art. 7), avvenuta nelle mani del portiere che, ai sensi dello stesse norme, rilascia ricevuta, sia necessario o meno, che la raccomandata contenente l’avviso della avvenuta notificazione al portiere, sia stata fatta con avviso di ricevimento e, quindi, se sia necessaria, o meno, la produzione dell’avviso di ricevimento con conseguenze sulla legittimità della dichiarazione di contumacia del destinatario”. A tale quesito la Corte ha ritenuto di dare risposta negativa.

2.3. Premesso che è ormai principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità quello secondo cui la mancata spedizione dell’avviso, sia che si tratti di applicazione dell’art. 139 cit., che di applicazione dell’art. 7 cit., dopo la novella del 2008, costituisce non una mera irregolarità, ma un’ipotesi di nullità, con la conseguenza che, fermi gli effetti della notifica per il notificante, la mancata spedizione dell’avviso rende nulla la notifica per il destinatario dello stesso (Cass. n. 17915 del 2008; n. 1366 del 2010, n. 21725 del 2012; n. 6345 del 2013), questa Corte ha osservato che, nel disciplinare la notifica al destinatario dell’avviso di avvenuta notificazione dell’atto a persona diversa, il legislatore ha fatto riferimento letterale alla sola raccomandata, senza ulteriori specificazioni: tanto, sia per la notifica mediante ufficiale giudiziario (art. 139 c.p.c., comma 4) che per la notifica a mezzo posta (L. n. 890 del 1982, art. 7, comma ultimo, aggiunto dal D.L. n. 248 del 2007, art. 36, comma 2 quater, conv. nella L. n. 31 del 2008); ha ritenuto, quindi, che nel caso di consegna dell’atto a portiere o vicini (art. 139 cit.) e di consegna dell’atto, con previsione più ampia, a persona diversa del destinatario (art. 7 cit.), la notizia al destinatario dell’avvenuta notificazione debba essere fornita con la sola raccomandata.

2.4. Gli argomenti di ordine sistematico, derivanti dall’analisi del sistema normativo delle notificazioni, sviluppati nella citata pronuncia, cui si fa rinvio in quanto pienamente condivisi, depongono per la soluzione secondo cui la previsione della sola raccomandata senza avviso di ricevimento è rispondente ad urea distinzione ragionevole dalle ipotesi nelle quali l’avviso di ricevimento è richiesto.

2.5. Nel caso di specie, l’informazione al destinatario mediante lettera raccomandata non è stata omessa, ma il mezzo utilizzato è la raccomandata senza avviso di ricevimento, ossia un mezzo di comunicazione da ritenere conforme alla prescrizione di legge, secondo l’indirizzo di Cass. n. 10554 del 2015, qui condiviso. Nè tale soluzione contrasta con Cass. n. 21725 del 2012, la quale ha affermato che, “in tema di notificazione degli atti processuali a mezzo del servizio postale, ai sensi del della L. n. 890 del 1982, art. 7, comma 6, introdotto dal D.L. n. 248 del 2007, art. 36, comma 2 quater, convertito in L. n. 31 del 2008, applicabile “ratione temporis” alla notifica eseguita dopo l’entrata in vigore della legge di conversione – la notificazione è nulla se il piego viene consegnato al portiere dello stabile in assenza del destinatario e l’agente postale non ne dà notizia al destinatario stesso mediante lettera raccomandata”. L’ipotesi di nullità è dunque stata ravvisata nel caso in cui sia stata omessa l’informativa dell’avvenuta consegna del plico al portiere e non nel caso di avvenuta comunicazione a mezzo di raccomandata senza avviso di ricevimento.

3. Tanto premesso, il ricorso è fondato e va pertanto accolto. La questione oggetto del giudizio è se il borsista universitario, nel passaggio alle dipendenze di P.A. (nella specie, alla Regione) ai sensi del D.P.R. n. 382 del 1980, art. 120, abbia diritto a vedere riconosciuta l’anzianità giuridica maturata presso l’Università in applicazione (estensiva) del D.L. n. 49 del 1986, art. 7, conv. in L. n. 120 del 1986, che prevede tale diritto solo per i ricercatori.

4. Del D.P.R. n. 382 del 1980, art. 120, (passaggio ad altre amministrazioni) stabilisce che “coloro che hanno titolo a presentare domanda per l’inquadramento nel ruolo dei professori associati o in quello dei ricercatori universitari,e che non superino o che non intendano sostenere il giudizio di idoneità, possono chiedere il passaggio ad altre amministrazioni pubbliche eccetto gli enti pubblici di ricerca, da individuare secondo un criterio di coerenza con la professionalità acquisita nell’università”.

Il D.L. n. 49 del 1986, art. 7, conv. in L. n. 120 del 1986, – di cui si discute – ha previsto, a sua volta, all’art. 1, che “il passaggio dall’università ad altra amministrazione pubblica di cui al D.P.R. del 11 luglio 1980, n. 382, art. 120, integrato dalla L. 19 dicembre 1985, n. 705, art. 17, per gli aventi titolo al giudizio di idoneità a professore associato, avviene con il riconoscimento giuridico e ad ogni altro titolo della totale anzianità di servizio maturata dagli aspiranti nelle qualifiche che danno titolo al passaggio e senza ulteriore periodo di prova”.

5. Il “riconoscimento giuridico e ad ogni altro titolo” della “anzianità di servizio maturata” è stato così testualmente contemplato in favore degli aventi titolo al giudizio di idoneità a professore associato. Non solo il dettato normativo delimita la platea dei beneficiari della previsione, ma esso fa espresso riferimento alla anzianità “di servizio”, ossia ad una anzianità che allude all’esistenza di un rapporto di pubblico impiego, insussistente nel caso del contratto di borsista universitario, a differenza del ricercatore universitario. Il rapporto che lega il contrattista all’istituzione universitaria ha natura di rapporto di lavoro speciale, di natura pubblicistica, ma non appartenente al rapporto di pubblico impiego, in quanto regolato specificamente in maniera diversa. Inoltre, questa Corte ha, già in altre occasioni, avuto modo di chiarire che locuzioni quali “riconoscimento dell’anzianità di servizio” alludono a rapporti di pubblico impiego in senso proprio (cfr. Cass. n. 23751 del 2009).

6. La Corte costituzionale ha precisato che non esiste un comune canone, enucleabile dalla legislazione in materia di pubblico impiego, al quale si possa attribuire la valenza di norma generale sul riconoscimento, ai fini della carriera, dei servizi prestati (sentenza n. 305 del 1995). Spetta alla discrezionalità del legislatore (nella specie, quello regionale) stabilire, ai fini della progressione in carriera dei dipendenti, l’incidenza dei servizi prestati e graduare il rilievo degli stessi (v. sentenza n. 19 del 1989), con una valutazione che può essere censurata solo sul piano della ragionevolezza, ovvero in caso di differente trattamento di situazioni giuridiche identiche: ciò non è ravvisabile nella fattispecie all’odierno esame.

7. Nè sussistono dubbi di incostituzionalità. Più volte la Corte Costituzionale ha escluso il carattere irragionevole o discriminatorio di norme che distinguono, ai fini dei determinati istituti o benefici, i borsisti dai ricercatori universitari.

8. Il diritto riconosciuto dalla Corte di appello non trova, dunque, fondamento alcuno nella legge statale richiamata nella sentenza impugnata. Nè risulta che fosse stata invocata in giudizio l’applicazione di specifiche leggi regionali a supporto del preteso diritto, alla luce della natura “primaria” della competenza assegnata dallo Statuto speciale alla Regione siciliana in tema di stato giuridico ed economico del proprio personale, natura cui consegue il rispetto da parte del legislatore regionale dei soli limiti derivanti dalle norme di rango costituzionale, dai principi generali dell’ordinamento giuridico statale, dalle norme fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica, nonchè dagli obblighi internazionali. Se è vero che la Corte costituzionale ha avuto modo di sottolineare come, nell’ambito dei limiti anzidetti, spetti al legislatore siciliano, nella disciplina del proprio personale, un’ampia discrezionalità, cui risulta collegata la possibilità di adottare trattamenti giuridici ed economici differenziati da quelli previsti per il personale statale, purchè correlati ad esigenze oggettive e peculiari la regionale (v. sentt. n. 112 del 1973; n. 12 del 1980; n. 1032 del 1988, n. 19 del 1989), nel caso in esame, non risulta invocata – quale fonte del preteso diritto – l’applicazione di specifiche disposizioni della legge regionale intese al riconoscimento dell’anzianità pregressa.

9. In conclusione, in accoglimento del ricorso, la sentenza deve essere cassata. Non occorrendo ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito ex art. 384 c.p.c., comma 2, con il rigetto integrale dell’originaria domanda.

10. Tenuto conto del diverso esito delle fasi di merito, si ravvisano giusti motivi per compensare le spese dell’intero giudizio.

PQM

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta integralmente l’originaria domanda;

compensa le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, il 16 marzo 2016.

Depositato in Cancelleria il 16 giugno 2016

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