Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12437 del 24/06/2020

Cassazione civile sez. lav., 24/06/2020, (ud. 10/12/2019, dep. 24/06/2020), n.12437

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI CERBO Vincenzo – Presidente –

Dott. RAIMONDI Guido – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. DE MARINIS Nicola – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 29798/2014 proposto da:

M.P., in proprio e nella qualità di genitore esercente

la potestà genitoriale della minore D.M.S.M.,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA SECCHI ANGELO 9, presso lo

studio dell’avvocato FABIO MASSIMO VENTURA, rappresentata e difesa

dall’avvocato VINCENZO ALESCI;

– ricorrente –

contro

CASSA EDILE PROVINCIA DI LATINA, in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI

268/A, presso lo studio dell’avvocato VINCENZO DEL DUCA,

rappresentata e difesa dall’avvocato SONIA DE SANCTIS;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 8963/2013 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 12/11/2013, R.G.N. 10663/2010.;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

10/12/2019 dal Consigliere Dott. NICOLA DE MARINIS;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SANLORENZO Rita, che ha concluso per l’inammissibilità, in

subordine per il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con sentenza del 12 novembre 2013, la Corte d’Appello di Roma confermava la decisione resa dal Tribunale di Latina e rigettava la domanda proposta da M.P. nella qualità di genitore esercente la potestà sulla figlia minore D.M.S. quale erede di D.M.L.I. nei confronti della Cassa Edile della provincia di Latina avente ad oggetto, in via principale, l’accertamento dello svolgimento da parte del de cuius, dalla data dell’assunzione presso la predetta Cassa Edile, proveniente dall’Ente Scuola Edile, al quale la Cassa aveva inoltrato la proposta di assunzione, fino alla data di cessazione del rapporto mansioni sproprie della categoria di Quadro superiori a quelle proprie del livvello di inquadramento assegnatogli e la condanna della Cassa al pagamento delle differenze retributive maturate ed al risarcimento del “danno economico” ed, in via subordinata, il riconoscimento del diritto alla conservazione presso la Cassa Edile del medesimo trattamento economico percepito presso l’Ente Scuola Edile con conseguente condanna della Cassa al pagamento di una più ridotta somma ai predetti titoli.

La decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto l’infondatezza della domanda principale in ragione della congruità, in relazione alle mansioni espletate, dell’inquadramento attribuito al D.M., alla luce della classificazione del personale di cui al CCNL per le imprese edili ed affini del 2000, pacificamente applicabile e l’infondatezza altresì della domanda subordinata per non essere desumibile dalla proposta di assunzione inoltrata dalla Cassa Edile all’Ente Scuola Edile l’impegno della prima alla conservazione dell’originario trattamento economico nè ravvisabile la dedotta violazione del principio di irriducibilità della retribuzione.

Per la cassazione di tale decisione ricorre la M., affidando l’impugnazione a due motivi, cui resiste, con controricorso, la Cassa Edile della provincia di Latina.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Rilevata l’infondatezza dell’eccezione sollevata dalla Cassa Edile controricorrente circa la tardività del ricorso per cassazione proposto dalla M., valendo nella specie, per essere stata la causa introdotta in epoca anteriore alla novella del 2009, il termine annuale di impugnazione, il Collegio dà corso al giudizio sulla proposta impugnazione, che verte, quanto al primo motivo, con il quale la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., art. 2103 c.c. e L. n. 190 del 1985, art. 2, sul difetto di motivazione e comunque sull’incongruità logica e giuridica del pronunciamento in ordine alla ritenuta riferibilità delle mansioni espletate dal D.M. all’inquadramento aziendalmente riconosciutogli, in particolare laddove esclude il rilievo del differente trattamento riservato ad altro dipendente impiegato nelle stesse mansioni in relazione al solo dato della maggiore anzianità di servizio di quest’ultimo e, quanto al secondo motivo, con il quale la ricorrente, denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 345 e 437 c.p.c., sull’error in procedendo in cui sarebbe incorsa la Corte territoriale nel valutare come domanda nuova quella tesa a fondare il diritto al superiore inquadramento su un impegno in tal senso risultante dall’accordo del 4.10.1993 intervenuto tra le associazioni sindacali di categoria cui è riconducibile la gestione tanto della Cassa Edile quanto della Scuole Edile.

Entrambe le censure devono ritenersi inammissibili.

In effetti, le censure di cui al primo motivo, limitandosi la ricorrente alla mera confutazione degli argomenti addotti dalla Corte territoriale a sostegno del proprio convincimento, non evidenziano specifici vizi dell’iter logico giuridico seguito dalla Corte territoriale che, viceversa, ha correttamente fondato il proprio giudizio esclusivamente sul raffronto tra la declaratoria contrattuale e le mansioni di fatto svolte dal D.M. quali accertate in sede istruttoria, approdando ad una valutazione circa la non rispondenza di queste ai contenuti professionali propri dell’inquadramento rivendicato del tutto coerente con le premesse del procedimento sillogistico seguito.

Dal canto loro le censure di cui al secondo motivo non colgono la ratio decidendi dal momento che la Corte territoriale non nega che all’accordo invocato la ricorrente abbia fatto riferimento sin dall’atto introduttivo ma correttamente rileva la novità della causa petendi invocata in sede di gravame, non più identificata nell’inadempimento di un obbligo che erroneamente si assumeva assunto nei confronti del D.M., ma data dall’asserita riferibilità di quell’obbligo, che si pretendeva desumibile dal predetto accordo, alla Cassa datrice in ragione della riconducibilità della gestione della stessa alle organizzazioni sindacali firmatarie

Il ricorso va, dunque, dichiarato inammissibile. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 4.000,00 per compensi, oltre spese generali al 15% ed altri accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 10 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 24 giugno 2020

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