Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12436 del 16/06/2016


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Cassazione civile sez. lav., 16/06/2016, (ud. 15/03/2016, dep. 16/06/2016), n.12436

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. TRICOMI Irene – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 4715-2011 proposto da:

MINISTERO DELLA SALUTE, C.F. (OMISSIS), in persona del Ministro

pro tempore, rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO presso i cui Uffici domicilia, in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI

n. 12;

– ricorrente –

contro

B.E., C.F. (OMISSIS); erede di D.

T., V.G., C.F. (OMISSIS);

– intimati –

Nonchè da:

B.E., C.F. (OMISSIS); erede di D.

T., elettivamente domiciliata in ROMA, CIRCONVALLAZIONE CLODIA

165, presso lo studio dell’avvocato SILVANA LOMBARDI,

rappresentata e difesa dall’avv. RENZO CASACCI, giusta delega in

atti;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

MINISTERO DELLA SALUTE, C.E. (OMISSIS), V.G. C.F.

(OMISSIS);

– intimati –

Nonchè da:

V.G., C.F. (OMISSIS), domiciliato in ROMA PIAZZA

CAVOUR, presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE,

rappresentato e difeso dall’avvocato CASACCI RENZO, giusta delega

in atti;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

MINISTERO DELLA SALUTE, C.F. (OMISSIS); B.E., C.F.

(OMISSIS) erede di D.T.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 568/2010 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 30/04/2010 R.G.N. 990/2007;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

15/03/2016 dal Consigliere Dott. IRENE TRICOMI;

udito l’Avvocato VITALE ANGELO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FRESA Mario, che ha concluso per il rigetto del ricorso principale e

del ricorso incidentale.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL FATTO

1. La Corte d’Appello di Firenze, con la sentenza n. 568 del 2010, accoglieva, in parte, l’impugnazione proposta dal Ministero della salute nei confronti di B.E., erede di D. T., e V.G., avverso sentenza resa dal Tribunale di Firenze tra le parti.

Il Tribunale di Firenze dichiarava il diritto dei ricorrenti a vedersi rivalutata annualmente la quota di indennizzo della L. n. 210 del 1992, ex art. 2, denominata indennità integrativa speciale, oltre interessi e relativo adeguamento dell’indennizzo in questione.

2. La Corte d’Appello accoglieva l’impugnazione solo quanto alla decorrenza della rivalutabilità in questione, ritenendo sussistente la stessa a decorrere dal gennaio 1995 ai sensi del D.L. n. 344 del 1996, art. 6, comma 1.

3. Per la cassazione della sentenza resa in grado di appello ricorre il Ministero della salute con un motivo.

4. Resiste con controricorso e ricorso incidentale articolato in tre motivi V.G..

5. B.E. è rimasta intimata.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo del ricorso principale è dedotta violazione di legge in relazione della L. n. 210 del 1992, art. 2, commi 1 e 2, come sostituito dalla L. n. 641 del 1996 e succ. modificato dalla L. n. 238, e dal D.L. n. 78 del 2010, art. 11.

Si censura la sentenza di appello per aver ritenuto la rivalutabilità della indennità integrativa speciale, in quanto componente del complessivo indennizzo riconosciuto ai soggetti danneggiati da epatiti post-trasfusionali.

1.1. Il motivo non è fondato.

La Corte costituzionale, con la sentenza n. 293 del 2011, intervenuta successivamente alla sentenza di appello e anche alla proposizione del presente ricorso, nonchè del controricorso, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del D.L. 31 maggio 2010, n. 78, art. 11, comma 13, convertito, con modificazioni, L. 30 luglio 2010, n. 122, art. 1, comma 1, per violazione del principio di uguaglianza.

Infatti, poichè la ratio del beneficio concesso ai soggetti portatori della sindrome da talidomide è da ravvisarsi nell’immissione in commercio di un farmaco in assenza di adeguati controlli sanitari sui suoi effetti, esso ha fondamento analogo, se non identico, a quello del beneficio introdotto dalla L. n. 210 del 1992, art. 1, comma 3, per le persone affette da epatite post-

trasfusionale, ove i danni irreversibili subiti dai pazienti sono derivati da trattamenti terapeutici non legalmente imposti e neppure incentivati e promossi dall’autorità nell’ambito di una politica sanitaria pubblica. Pertanto come ai primi è riconosciuta la rivalutazione annuale dell’intero indennizzo, anche a questi ultimi è dovuta la rivalutazione sulla componente diretta a coprire la maggior parte dell’indennizzo stesso, con la conseguenza, tra l’altro, che soltanto questo rimane esposto alla progressiva erosione derivante dalla svalutazione.

Questa Corte, con la sentenza n. 22256 del 2013, nel richiamare la suddetta pronuncia di illegittimità costituzionale, ha affermato che la componente dell’indennizzo costituita dall’indennità integrativa speciale di cui alla L. n. 210 del 1992, art. 2, comma 2, è rivalutabile secondo il tasso annuale di inflazione programmata di cui alla stessa L. n. 210 del 1992, art. 2, comma 1, (nello stesso senso, Cass. n. 8433 del 2013 e n. 6107 del 2014).

2. Può passarsi all’esame del ricorso incidentale, rilevando che le doglianze di cui al primo motivo, relative alla contrarietà della mancata rivalutazione al diritto comunitario (in particolare artt. 2 e 8 CEDU, artt. 1, 2, 3 e 35 Carta UE) e agli artt. 2, 32, 38 e 117 Cost., con conseguente sospetto di legittimità costituzionale della disciplina in esame, come già prospettato dai Tribunali di Parma e Reggio Emilia che rimettevano la questione alla Giudice delle Leggi, hanno trovato soluzione nella citata sentenza della Corte cost. n. 293 del 2011.

3. Con il secondo motivo di ricorso è dedotta violazione degli artt. 116 e 416 c.p.c. e art. 111 Cost..

Si censura che la Corte d’Appello ha rimesso in termini il Ministero in ordine alla contestazione del quantum debeatur ritenendo che il calcolo derivasse dalla applicazione di criteri legali e che pertanto, i Giudici, seppur in presenza di una contestazione generica, non avrebbero potuto omettere un controllo circa la correttezza del calcolo come effettuato.

Il motivo non è fondato. Questa Corte ha già avuto modo di affermare che, come si può rilevare dalla complessa evoluzione normativa e giurisprudenziale che ha interessato l’istituto in esame – in ragione del riconoscimento solo giurisprudenziale della rivalutabilità della indennità integrativa speciale di cui alla L. n. 210 del 1992, art. 2, comma 2, prima della sentenza n. 293 del 2011 della Corte costituzionale, della delimitazione temporale agli anni 1995 e 1996 di detta rivalutazione (per gli anni successivi si veda la L. n. 238 del 1997, art. 1, comma 8, e la L. n. 362 del 1999, art. 3, comma 2), che rinviene la sua ratio nell’introduzione della rivalutabilità dell’indennizzo ad opera del D.L. n. 344 del 1996, –

l’eccezione ed il motivo di ricorso del Ministero, sulla non spettanza della rivalutazione sulla quota IIS, investivano i giudici di merito di una complessiva qualificazione giuridica della vicenda in esame anche in ordine alla decorrenza del diritto in contestazione.

Non può trovare, dunque applicazione, trattandosi di fattispecie diversa, l’orientamento giurisprudenziale, richiamato dal ricorrente, secondo cui la mancata contestazione dei conteggi non consente la negazione del fatto posto a fondamento del credito vantato.

Nella specie, dunque, la decisione della Corte d’Appello, ha fatto corretta applicazione del principio iura novit curia, e della disciplina in esame.

4. Con il terzo motivo di ricorso è dedotta la violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 3, in relazione all’art. 91 c.p.c., in quanto, erroneamente, come dedotto nel secondo motivo di ricorso, la Corte d’Appello aveva riconsiderato la decorrenza della rivalutazione solo sui ratei erogati dal gennaio 1995.

Il motivo non è fondato. In ragione del rigetto del secondo motivo di ricorso, va rigettato anche il terzo motivo.

5. La Corte rigetta il ricorso principale ed il ricorso incidentale.

Compensa tra le parti le spese del presente giudizio.

PQM

La Corte rigetta il ricorso principale e quello incidentale. Compensa tra le parti le spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, il 16 marzo 2016.

Depositato in Cancelleria il 16 giugno 2016

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