Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12436 del 11/05/2021

Cassazione civile sez. III, 11/05/2021, (ud. 04/03/2021, dep. 11/05/2021), n.12436

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE STEFANO Franco – Presidente –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 3544/18 proposto da:

-) RESAIS – Risanamento e Sviluppo Attività Industriali Siciliane

s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato a Roma, lungotevere Flaminio n. 28 (c/o

avv. Massimo Errante), difeso dall’avvocato Roberto Croce, in virtù

di procura speciale apposta in margine al ricorso;

– ricorrente –

contro

-) S.A., e V.S., elettivamente domiciliati a

Roma, via XX settembre n. 3 (c/o avv. Donatella Rossi), difeso da

sè medesimi;

– controricorrenti –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Palermo 26 luglio 2017

n. 1417;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 4

marzo 2021 dal Consigliere relatore Dott. Marco Rossetti.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. S.A. e V.S., avvocati, assistettero B.C. in una controversia di lavoro nei confronti della società Resais s.p.a..

La domanda della lavoratrice venne accoltane la parte convenuta condannata al pagamento delle spese di lite, liquidate dal Tribunale di Palermo nella misura di Euro 5.617, con distrazione in favore dei due suddetti avvocati.

2. S.A. e V.S., muniti del solo dispositivo della sentenza di condanna, intimarono precetto alla Resais s.p.a. per ottenere il pagamento della somma suddetta, dopodichè iniziarono l’esecuzione nella forma del pignoramento presso terzi.

3. La Resais s.p.a. propose opposizione tanto al precetto, quanto al pignoramento, sostenendo che la possibilità di iniziare l’esecuzione forzata sulla base del solo dispositivo della sentenza, ai sensi dell’art. 431 c.p.c., è accordata dalla legge al solo lavoratore, ma non anche al suo difensore, nemmeno nell’ipotesi in cui abbia chiesto ed ottenuto la distrazione delle spese.

La medesima società, inoltre, dedusse di essere creditrice degli avvocati S. e V. per avere ad essi versato, sempre nella qualità di distrattari, circa 8.000 Euro in esecuzione di sentenze di merito successivamente impugnate e cassate in sede di legittimità.

Chiese pertanto, oltre la dichiarazione di nullità del precetto e del pignoramento, la condanna di S.A. e V.S. alla restituzione, a titolo di indebito oggettivo, della somma di Euro 8.982,11, oltre accessori.

4. Mentre il Tribunale di Palermo rigettò l’opposizione, la Corte d’appello della medesima città la accolse con sentenza 26 luglio 2017 n. 1417. Dichiarò di conseguenza che S.A. e V.S. non avevano diritto di procedere esecutivamente nei confronti della Resais s.p.a., e reputò “assorbita ogni altra questione”.

5. La sentenza d’appello è stata impugnata per cassazione dalla Resais s.p.a. con ricorso fondato su sei motivi.

Hanno resistito con controricorso S.A. e V.S..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Col primo motivo la società ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, la violazione del principio di corrispondenza tra chiesto pronunciato.

Deduce di avere domandato in grado di appello, oltre che la dichiarazione di nullità del precetto e del pignoramento, anche la condanna di S.A. e V.S. alla restituzione delle somme ad essi versate dalla Resais s.p.a. in esecuzione di provvedimenti giurisdizionali successivamente caducati. Lamenta che su tale questione la Corte d’appello abbia omesso di pronunciarsi e che in ogni caso tale domanda non poteva ritenersi “assorbita” dall’accoglimento dell’opposizione all’esecuzione.

1.1. Il motivo è fondato.

La circostanza che il giudizio di opposizione all’esecuzione abbia ad oggetto l’accertamento del diritto del creditore di procedere all’esecuzione forzata non toglie che quel giudizio resti pur sempre un ordinario giudizio di cognizione, e che ad esso si applichino le regole generali in tema di cumulo oggettivo (artt. 104 c.p.c.) e di connessione per riconvenzione (art. 36 c.p.c.).

Si è perciò ammesso che l’opponente possa legittimamente chiedere con l’atto introduttivo del giudizio di opposizione non solo l’accertamento dell’inesistenza del diritto del creditore di procedere esecutivamente, ma anche la condanna del creditore procedente al pagamento dell’eccedenza rispetto ad un controcredito opposto in compensazione (Sez. 3, Sentenza n. 11449 del 23/07/2003, Rv. 565364 – 01; così pure Sez. 3, Sentenza n. 971 del 20/04/1963, Rv. 261373 – 01).

Analogamente, e latere creditoris, si è ammesso che il convenuto nel giudizio di opposizione possa formulare domande riconvenzionali: ad esempio, esercitando in quella sede l’azione pauliana per sentir dichiarare l’inefficacia dell’atto negoziale posto a base dell’opposizione (Sez. 3 -, Ordinanza n. 3697 del 13/02/2020, Rv. 656728 – 01); oppure formulando una domanda diretta a costituire un nuovo titolo esecutivo (Sez. 3, Sentenza n. 7225 del 29/03/2006, Rv. 588120 – 01; così, peraltro, già Sez. 3, Sentenza n. 1282 del 18/05/1963, Rv. 261899 – 01).

Deve, pertanto, ormai ritenersi superato – e comunque non condivisibile – il diverso orientamento espresso dalla isolata decisione pronunciata da Sez. 3, Sentenza n. 1602 del 19/03/1979, Rv. 397948 – 01, secondo cui l’ambito del giudizio di opposizione all’esecuzione dovrebbe rimanere sempre circoscritto alla contestazione del diritto della parte a procedere ad esecuzione forzata, con la conseguenza che non sarebbe consentito alle pari proporre, ed al giudice esaminare, “questioni diverse da quelle che attengono all’esistenza o alla validità del titolo esecutivo, ovvero domande che non siano in riferimento o siano in contrasto con il contenuto di esso”, salvo il caso di espressa accettazione del contraddittorio.

Quale che fosse, infatti, la condivisibilità di tale orientamento all’epoca in cui sorse, una simile interpretazione del combinato disposto degli artt. 104 e 615 c.p.c. sarebbe oggi in aperto contrasto col principio di ragionevole durata del processo e con il divieto di inutile dispendio dell’attività giudiziaria, di cui all’art. 111 Cost..

1.2. Sussiste dunque effettivamente il vizio di omessa pronuncia denunciato dalla società ricorrente, dal momento che nulla impediva alla società opponente di formulare in sede di opposizione la propria eccezione di compensazione.

Irrilevanti a tal riguardo, invece, sono le allegazioni dei controricorrenti, secondo cui nel caso di specie non sussistevano i presupposti di diritto per l’operare della compensazione.

Ed infatti se quei presupposti sussistessero o non sussistessero era esattamente il quid disputandum sul quale il giudice di merito avrebbe dovuto pronunciarsi, ma non si pronunciò. Una questione, dunque, che deve essere sottoposta al giudice di merito e non può essere esaminata in questa sede.

2. I restanti motivi di ricorso restano assorbiti.

3. Le spese del presente giudizio di legittimità saranno liquidate dal giudice del rinvio.

PQM

la Corte di cassazione:

(-) accoglie il primo motivo di ricorso; dichiara assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte d’appello di Palermo, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Terza civile della Corte di cassazione, il 4 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 11 maggio 2021

 

 

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