Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12432 del 16/06/2016


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Cassazione civile sez. lav., 16/06/2016, (ud. 08/03/2016, dep. 16/06/2016), n.12432

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRONZINI Giuseppe – Presidente –

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 13743/2010 proposto da:

C.A., C.F. (OMISSIS), elettivamente

domiciliato in ROMA, presso ing. ANTONIO POTENZA – VIA DELL’ORATORIO

DAMASIANO 15, rappresentato e difeso dall’avvocato LUIGI POTENZA,

giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, C.F. (OMISSIS), in

persona del Presidente legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso

l’Avvocatura Centrale dell’Istituto rappresentato e difeso dagli

Avvocati ALESSANDRO RICCIO, MAURO RICCI, SERGIO PREDEN, giusta

delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1212/2009 della CORTE D’APPELLO di LECCE,

depositata il 16/06/2009 R.G.N. 2512/2007;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

08/03/2016 dal Consigliere Dott. LUIGI CAVALLARO;

udito l’Avvocato PATTERI ANTONELLA per delega verbale Avvocato

RICCI MAURO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CELESTE Alberto, che ha concluso in via principale a nuovo ruolo in

attesa Corte Costuzionale o in subordine rigetto del ricorso.

Fatto

Con sentenza depositata il 16.6.2009, la Corte d’appello di Lecce, in riforma della pronuncia di primo grado, rigettava la domanda proposta da C.A. per la riliquidazione della propria pensione di anzianità con il computo, nella relativa base di calcolo, dell’ammontare delle retribuzioni effettivamente percepite per l’attività lavorativa svolta in (OMISSIS).

La Corte, in particolare, riteneva che l’applicazione alle retribuzioni percepite in Svizzera di una aliquota contributiva diversa e minore di quella vigente pro tempore in Italia dovesse comportare, ai fini del calcolo della pensione, una corrispondente riparametrazione della retribuzione da assumere quale base di riferimento per la pensione, giusta il disposto della norma interpretativa recata dalla L. n. 296 del 2007, art. 1, comma 777 e rigettava pertanto la domanda dell’assistito, compensando le spese del doppio grado.

Per la cassazione di queste statuizioni ricorre C. A., affidandosi a cinque motivi. L’INPS ha resistito con controricorso e ha depositato memoria, in cui ha insistito per la decisione della controversia nonostante che, nelle more, questa Corte di legittimità abbia nuovamente sollevato, con ordinanza n. 4881 del 2015, questione di legittimità costituzionale della norma interpretativa.

Diritto

Con il primo motivo, il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 434 c.p.c., per avere la Corte di merito dato ingresso al ricorso in appello dell’INPS nonostante la carenza di specifici motivi d’impugnazione.

Con il secondo motivo, il ricorrente si duole della violazione dell’art. 1 dell’Accordo aggiuntivo alla Convenzione tra l’Italia e la Svizzera relativa alla sicurezza sociale del 14.2.1962, per avere la Corte territoriale ritenuto che l’applicazione alle retribuzioni percepite in Svizzera di un’aliquota contributiva minore di quella vigente in Italia dovesse comportare, ai fini del calcolo della pensione, una riduzione della retribuzione da assumere quale base di riferimento della pensione.

Con il terzo motivo, il ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione della L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 777, per avere la Corte ritenuto applicabile la disposizione de qua anche ai giudizi instaurati prima della sua entrata in vigore.

Con il quarto motivo, il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 51 del Trattato istitutivo della Comunità economica europea del 1957, per avere la Corte di merito dato applicazione alla L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 777, nonostante la disposizione in parola si ponesse in contrasto con la disposizione comunitaria cit. nonchè con il Regolamento comunitario n. 1408/1971.

Con il quinto motivo, il ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 92 c.p.c., per avere la Corte territoriale compensato le spese del doppio grado sulla scorta dell’applicazione della norma interpretativa di cui alla L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 777, più volte cit..

Il primo, il secondo e il quarto motivo possono esaminarsi congiuntamente, in relazione alla modalità di svolgimento della censura, e sono inammissibili.

Giova premettere che la sentenza impugnata è stata pubblicata nel vigore della disposizione di cui all’art. 366-bis c.p.c., secondo il quale, nei casi previsti dall’art. 360 c.p.c., nn. 1-4, “l’illustrazione di ciascun motivo deve concludersi, a pena d’inammissibilità, con la formulazione di un quesito di diritto”.

Ora, è agevole rilevare che, a conclusione dell’illustrazione dei motivi in esame, parte ricorrente non ha formulato alcun quesito di diritto; nè potrebbe in contrario ritenersi sufficiente il fatto che il quesito di diritto possa implicitamente desumersi dal motivo di ricorso, dal momento che una siffatta interpretazione si risolverebbe nell’abrogazione tacita della norma di cui all’art. 366-bis c.p.c., che ha all’opposto circoscritto la pronunzia del giudice di legittimità nei limiti di un accoglimento o di un rigetto del quesito formulato dalla parte (Cass. S.U. n. 23732 del 2007). Semmai, è il caso di soggiungere che il quarto motivo, relativo alla presunta violazione e falsa applicazione dell’art. 51 del Trattato istitutivo della Comunità economica europea del 1957 e del Regolamento comunitario n. 1408/1971, difetta perfino di specificità, non spiegando in alcun modo perchè mai la sentenza impugnata avrebbe violato le disposizioni comunitarie dianzi indicate, onde è da ritenersi formulato anche in violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 4.

Parimenti inammissibili sono il terzo e il quinto motivo di ricorso.

Questa Corte, invero, ha chiarito che, affinchè il quesito di diritto di cui all’art. 366-bis c.p.c., abbia i requisiti idonei ai fini dell’ammissibilità del ricorso per cassazione, è necessario, con riferimento al ricorso per violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 3, che siano enunciati gli errori di diritto in cui sarebbe incorsa la sentenza impugnata, richiamando le relative argomentazioni (Cass. n. 3519 del 2008), dovendo il quesito costituire una sintesi logico-

giuridica della questione tale da consentire al giudice di legittimità di enunciare, una regula iuris suscettibile di ricevere applicazione anche in casi ulteriori rispetto a quello deciso dalla sentenza impugnata (Cass. S.U. n. 26020 del 2008).

Viceversa, nel caso di specie, parte ricorrente ha formulato, a conclusione dei motivi in esame, due quesiti di diritto del seguente testuale tenore: “Dica l’Ecc.ma Corte Suprema di Cassazione se l’intervenuta liquidazione in favore del ricorrente del più favorevole trattamento pensionistico alla luce dei principi suesposti possa ritenersi acquisito definitivamente”; “Dica l’Ecc.ma Corte Suprema di Cassazione se la norma interpretativa e specificamente della L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 777, possa giustificare la compensazione delle spese del doppio grado di giudizio incidendo anche sul profilo e sul capo relativo al pagamento delle spese giudiziali, completamente distinto”.

Manca del tutto, come si vede, quella sintesi logico-giuridica della questione che dovrebbe consentire a questa Corte di enunciare una regula iuris suscettibile di ricevere applicazione anche in casi ulteriori rispetto a quello deciso dalla sentenza impugnata nel presente giudizio; e non potendo – come già detto – desumersi essa dall’illustrazione del motivo medesimo, salvo pervenire alla surrettizia abrogazione ante tempus dell’art. 366-bis c.p.c., anche detti motivi vanno dichiarati inammissibili.

Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di cassazione, che si liquidano in Euro 3.100,00, di cui Euro 3.000,00 per compensi, oltre il 15% per spese generali e accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 8 marzo 2016.

Depositato in Cancelleria il 16 giugno 2016

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