Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12429 del 24/06/2020

Cassazione civile sez. lav., 24/06/2020, (ud. 25/09/2019, dep. 24/06/2020), n.12429

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERRINO Umberto – Presidente –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – rel. Consigliere –

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16532/2015 proposto da:

I.N.A.I.L. – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI

INFORTUNI SUL LAVORO, C.F. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

IV NOVEMBRE 144, presso lo studio degli avvocati ANDREA ROSSI,

LETIZIA CRIPPA, che la rappresentano e difendono;

– ricorrente principale –

contro

G.A., in proprio e nella qualità di legale

rappresentante della Società G.A. di G.A. S.R.L.,

elettivamente domiciliato in ROMA, CORSO TRIESTE 87, presso lo

studio dell’avvocato BRUNO BELLI, che lo rappresenta e difende

unitamente all’avvocato MARIO SCARICA;

– controricorrente – ricorrente incidentale –

e contro

GI.MA., in proprio e nella sua qualità di madre esercente

la responsabilità genitoriale sui figli minori P.M.,

PE.MA., p.m., tutti domiciliati in ROMA, PIAllA CAVOUR,

presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE,

rappresentati e difesi dall’avvocato FABIO FABBRI;

ISTITUTO DIOCESANO PER IL SOSTENTAMENTO DEL CLERO, in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA A. BERTOLONI, 55, presso lo studio degli avvocati FEDERICO

MARIA CORBO’ e FILIPPO MARIA CORBO’, che lo rappresentano e

difendono;

pe.ma., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato DANILO PONGOLINI;

– controricorrenti al ricorso incidentale –

contro

I.N.A.I.L. – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI

INFORTUNI SUL LAVORO C.F.(OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

IV NOVEMBRE 144, presso lo studio degli avvocati ANDREA ROSSI,

LETIZIA CRIPPA, che la rappresentano e difendono;

– ricorrente principale – controricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 1684/2014 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 08/01/2015 r.g.n. 246/2014;

Il P.M. ha depositato conclusioni scritte.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Premesso:

che con sentenza n. 1684/2014, depositata l’8 gennaio 2015, pronunciando nella causa relativa all’infortunio occorso a pe.ma., dipendente della G.A. di G.A. S.r.l., il (OMISSIS), quando il lavoratore, mentre si trovava sul tetto di una stalla di proprietà dell’Istituto Diocesano per il Sostentamento del Clero, era precipitato al suolo da un’altezza di circa sei metri a causa del cedimento delle lastre di copertura, con gravi lesioni personali, la Corte di appello di Bologna: (a) ha ritenuto sussistente, come già il Tribunale di Parma, la responsabilità della società datrice di lavoro nella determinazione dell’evento, per non avere posto in essere alcuna misura di sicurezza volta a prevenirlo; (b) ha peraltro escluso, in riforma della sentenza di primo grado, la responsabilità in proprio del legale rappresentante della società, G.A., rigettando per l’effetto ogni domanda nei confronti del medesimo, fra cui quella proposta dall’INAIL D.P.R. n. 1124 del 1965, ex artt. 10 e 11, sul rilievo che la società era da considerarsi l’unico ed effettivo datore di lavoro del P. e che il G., pur presente al momento dell’infortunio, aveva agito, dando ordini e direttive, in nome e per conto di essa; (c) ha confermato la decisione di primo grado là dove il Tribunale aveva escluso qualsiasi responsabilità del proprietario dell’immobile; (d) ha diversamente liquidato, attribuendo somme maggiori, in accoglimento dell’appello incidentale dei familiari del P., il danno non patrimoniale dai medesimi sofferto; (e) quanto all’appello incidentale del lavoratore, lo ha respinto nella parte relativa alla richiesta di risarcimento del danno da lucro cessante, anche per sopravvenuta impossibilità di svolgere attività in favore della propria famiglia, e da perdita di chances;

– che nei confronti di detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’INAIL, con unico motivo;

– che ad esso hanno resistito con controricorso G.A. in proprio e la G.A. di G.A. S.r.l.;

– che con tale atto la società ha proposto altresì ricorso incidentale, affidato a quattro motivi, cui hanno resistito con distinti controricorsi l’INAIL, l’Istituto Diocesano per il Sostentamento del Clero nonchè il coniuge e i figli del lavoratore infortunato;

– che al ricorso della società ha resistito anche pe.ma. con controricorso con il quale ha proposto a sua volta ricorso incidentale, affidato a tre motivi;

– che G.A. in proprio e la G.A. di G.A. S.r.l. hanno depositato memoria;

– che il Procuratore Generale ha comunicato le proprie conclusioni;

rilevato:

che con l’unico motivo proposto, deducendo la violazione del D.P.R. n. 1124 del 1965, artt. 10 e 11, D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 2, comma 1, lett. b), nonchè degli artt. 2043 e 2087 c.c., l’INAIL censura la sentenza impugnata per avere escluso la sussistenza di una responsabilità personale di G.A. nella produzione del sinistro, e respinto di conseguenza la domanda di regresso proposta dall’Istituto assicuratore, oltre che nei confronti della società, anche nei confronti del legale rappresentante di essa in proprio: e ciò senza considerare che, ai sensi della disciplina per la prevenzione degli infortuni, è datore di lavoro non solo il soggetto titolare del rapporto di lavoro con il lavoratore, ma anche il soggetto (come, nella specie, il G.) responsabile in senso sostanziale dell’impresa, in quanto titolare dei poteri decisionali di organizzazione e di spesa; e che, ai fini dell’esercizio dell’azione di regresso da parte dell’INAIL, non può ritenersi terzo il legale rappresentante di una società di persone o di capitali, in quanto legato alla società da un rapporto organico;

– che, a mezzo del proprio ricorso incidentale, la G.A. di G.A. S.r.l. censura la sentenza impugnata: 1) con il primo motivo, deducendo violazione e falsa applicazione degli artt. 2043 e 2087 c.c. e delle norme del D.Lgs. n. 626 del 1994, nonchè vizio di motivazione, nella parte in cui la Corte di appello ha affermato la responsabilità esclusiva della società, peraltro utilizzando il contenuto di una sentenza penale non definitiva e trascurando di valutare che nel caso di specie nessuna attività di cantiere era stata effettuata, essendosi il giorno dell’infortunio, il datore di lavoro ed il P., recati presso la stalla al solo scopo di visionare lo stato dei luoghi; 2) con il secondo, deducendo violazione e falsa applicazione degli artt. 2043 e 2087 c.c. e del D.P.R. n. 1124 del 1965, artt. 10 e 11, nonchè vizio di motivazione, la ricorrente censura la sentenza nella parte in cui la Corte territoriale ha accolto la domanda di risarcimento danni proposta dal lavoratore infortunato e quella di regresso avanzata dall’Istituto assicuratore, facendo anche a tal fine riferimento ad una sentenza di condanna in sede penale non definitiva e svolgendo una non corretta disamina degli elementi di prova raccolti; 3) con il terzo, deducendo il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 3 ancora in relazione agli artt. 2043 e 2087 c.c., nonchè vizio di motivazione, la ricorrente si duole dell’accoglimento dell’appello incidentale proposto dai familiari del lavoratore, stante il difetto di qualsiasi prova circa l’esistenza dei danni lamentati e la misura abnorme e ingiustificata della loro liquidazione; 4) con il quarto motivo, infine, la società ricorrente, deducendo il vizio di cui all’art. 360, n. 3, in relazione agli artt. 1218,2043,2049 e 2087 c.c., nonchè vizio di motivazione, si duole della ritenuta esclusione di qualsiasi responsabilità dell’Istituto Diocesano per il Sostentamento del Clero nella determinazione dell’evento e del rigetto della domanda di manleva proposta nei confronti dello stesso, nonostante l’assenza di ogni informazione, da parte del proprietario dell’immobile e committente dei lavori, circa lo stato dei luoghi e la presenza di eventuali rischi per la sicurezza;

– che, a mezzo del proprio ricorso incidentale, il lavoratore si duole: 1) con il primo motivo (art. 360, n. 3, in relazione agli artt. 115 e 416 c.p.c.), della mancata liquidazione del danno da lucro cessante e da perdita di chances, sebbene la relativa richiesta trovasse fondamento in produzioni documentali e nella non contestazione di tali voci di danno da parte dei convenuti; 2) con il secondo (art. 360, n. 3, ancora in relazione agli artt. 115 e 416 c.p.c. e all’art. 2727 c.c.), della mancata liquidazione del danno da lucro cessante per la sopravvenuta impossibilità di svolgere attività a favore della propria famiglia, sebbene anche per tale voce di danno nessuna contestazione avessero formulato i convenuti in sede di costituzione e comunque operando al riguardo elementi presuntivi gravi, precisi e concordanti; 3) con il terzo (art. 360, n. 3, in relazione al D.P.R. n. 1124 del 1965, artt. 10 e 11, D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 2 e agli artt. 2043 e 2087 c.c.), il ricorrente incidentale si duole infine del mancato accertamento della responsabilità personale di G.A. e della omessa condanna del medesimo in solido con la società, nonostante che l’obbligazione risarcitoria, per i danni derivanti dall’infortunio, gravasse anche sul legale rappresentante di quest’ultima, nella qualità di persona fisica responsabile della sicurezza;

osservato:

che sono fondati, e devono essere accolti, il ricorso dell’INAIL e il terzo motivo del ricorso incidentale del lavoratore;

– che, infatti, nell’escludere una responsabilità personale del G. nella produzione dell’evento, riconducendole la figura e il ruolo a quello soltanto di legale rappresentante della società G.A. di G.A. S.r.l., la Corte territoriale non si è uniformata al consolidato principio di diritto (Sez. U. n. 3288/1997; conformi, fra le più recenti: Cass. n. 21250/2012; n. 17486/2013), per il quale l’azione di regresso spettante (jure proprio) all’INAIL ai sensi del D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, artt. 10 ed 11, è esperibile non solo nei confronti del datore di lavoro, ma anche verso i soggetti responsabili o corresponsabili dell’infortunio a causa della condotta da essi tenuta in attuazione dei loro compiti di preposizione o di meri addetti all’attività lavorativa, giacchè essi, pur essendo estranei al rapporto assicurativo, rappresentano organi o strumenti mediante i quali il datore di lavoro ha violato l’obbligo di garantire la sicurezza nel luogo di lavoro, senza che a ciò sia di ostacolo la possibile affermazione della loro responsabilità solidale atteso che l’art. 2055 c.c., consente la diversità dei rispettivi titoli di responsabilità (contrattuale per il datore di lavoro ed extracontrattuale per gli altri); nè si è attenuta al principio, secondo il quale “in caso di infortunio sul lavoro subito da un lavoratore, ai fini dell’azione di regresso da parte dell’INAIL non può essere considerato terzo, in quanto interno al rischio aziendale, il dipendente dell’imprenditore, nè tanto meno il legale rappresentante in una società di persone o di capitali, il quale è legato alla società dal rapporto organico; ne consegue che non solo l’istituto assicuratore può agire contro il legale rappresentante con azione di regresso, ma altresì che il procedimento penale contro il legale rappresentante produce effetti anche ai fini della decorrenza della prescrizione o della decadenza dell’azione di regresso verso la società datrice di lavoro, anche quando questa non sia stata citata nel processo come responsabile civile (Cass. n. 11426/2006);

– che è stato altresì sottolineato, nella giurisprudenza di questa Corte, che “in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro, destinatario della normativa antinfortunistica in una impresa strutturata come persona giuridica è il suo legale rappresentante, quale persona fisica attraverso cui l’ente collettivo agisce nel campo delle relazioni intersoggettive”, con la conseguenza che “la responsabilità penale del predetto, ad eccezione delle ipotesi di valida delega, deriva dalla sua qualità di preposto alla gestione societaria ed è indipendente dallo svolgimento, o meno, di mansioni tecniche” (Cass. penale, sez. III, n. 17426/2016, fra le numerose conformi);

– che devono invece essere disattesi il primo e il secondo motivo del ricorso incidentale del lavoratore, tendendo con gli stessi il ricorrente ad una nuova e diversa valutazione, non ammissibile nella presente sede, del materiale probatorio acquisito al giudizio e oggetto, da parte della Corte territoriale, di ampio e analitico esame (cfr. sentenza, pp. 28-30); nè comunque il ricorrente ha trascritto, quanto meno nei passi più rilevanti, la memoria di costituzione dei convenuti in primo grado, nella quale assume non esservi stata contestazione dell’esistenza delle voci di danno richieste, nè ha specificato quale fosse il “corredo documentale”, che comproverebbe il lucro cessante, riproducendone i testi essenziali ai fini dell’osservanza del requisito di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6;

– che parimenti non può trovare accoglimento il ricorso incidentale della G.A. di G.A. S.r.l.;

– che al riguardo deve, in primo luogo, rilevarsi come la censura di ordine motivazionale, presente in tutti i motivi in cui si articola il mezzo di impugnazione, sia inammissibile in forza della preclusione di cui all’art. 348 ter c.p.c., u.c. (c.d. “doppia conforme”), a fronte di giudizio di appello introdotto con ricorso depositato in epoca successiva all’11 settembre 2012, data di entrata in vigore della norma; nè la società, al fine di sottrarsi al rilievo di inammissibilità del motivo di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, ha indicato le ragioni di fatto poste a base della decisione di primo grado e quelle poste a base della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (Cass. n. 5528/2014 e successive numerose conformi);

– che le censure di violazione e falsa applicazione di norme di diritto risultano anch’esse inammissibili, posto che la ricorrente, sotto il velo della denuncia del vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 3, lungi dal dedurre una violazione in senso proprio, sotto il profilo dell’affermazione o negazione dell’esistenza della norma in contestazione, ovvero una falsa applicazione determinata da un errore di sussunzione, ha inteso rimettere in discussione l’accertamento di fatto posto in essere dal giudice del merito: accertamento peraltro chiaramente sottratto al sindacato di questa Corte di legittimità, tanto più nel quadro di applicazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, che ha ridotto il controllo sulla motivazione entro i limiti del “minimo costituzionale” (Sez. U. n. 8053/2014);

– che, d’altra parte, è palesemente infondato sia l’assunto, secondo il quale la Corte di merito avrebbe fondato le proprie conclusioni esclusivamente su di una sentenza penale non ancora passata in giudicato, avendo il giudice di appello rilevato in proposito – senza che il rilievo abbia formato oggetto di specifica censura – come la responsabilità esclusiva del datore di lavoro dovesse essere affermata non sulla base di detta sentenza ma degli elementi di prova ritualmente acquisiti nel corso del giudizio di primo grado, ivi comprese le risultanze delle indagini preliminari e del dibattimento penale; sia l’assunto, secondo il quale, non esistendo un cantiere aperto presso l’immobile (per attività di riparazione o manutenzione), non troverebbero applicazione nel caso di specie le norme in materia di prevenzione degli infortuni, essendo assorbente il rilievo, anch’esso esente da qualsiasi censura, secondo il quale, in ogni caso, il lavoratore, al momento dell’infortunio, stava rendendo la propria prestazione in favore della società datrice di lavoro (cfr. sentenza, p. 18);

ritenuto:

conclusivamente che – accolto il ricorso dell’INAIL e il terzo motivo del ricorso incidentale del P., rigettati gli altri motivi dello stesso ricorso nonchè il ricorso incidentale della G.A. di G.A. S.r.l. – l’impugnata sentenza n. 1684/2014 della Corte di appello di Bologna deve essere cassata e la causa rinviata, anche per la liquidazione delle spese del presente giudizio, alla medesima Corte in diversa composizione, la quale, con riferimento alla responsabilità personale del G., si atterrà ai principi di diritto sopra richiamati.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso dell’INAIL; accoglie il terzo motivo del ricorso incidentale di pe.ma., rigettati gli altri; rigetta altresì il ricorso incidentale di G.A. di G.A. S.r.l.; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa, anche per le spese, alla Corte di appello di Bologna in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 25 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 24 giugno 2020

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