Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12429 del 16/06/2016


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Cassazione civile sez. lav., 16/06/2016, (ud. 08/03/2016, dep. 16/06/2016), n.12429

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRONZINI Giuseppe – Presidente –

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 11309/2010 proposto da:

M.P., C.F. (OMISSIS), elettivamente

domiciliata in ROMA, CIRC.NE CLODIA 80, presso lo studio

dell’avvocato ALBERTO PROSPERINI, che la rappresenta e difende,

giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

MINISTERO ECONOMIA FINANZE, C.F. (OMISSIS);

– intimato –

e contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE C.F. (OMISSIS),

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso

l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli

Avvocati ALESSANDRO RICCIO, MAURO RICCI, CLEMENTINA PULLI, giusta

delega in calce alla copia notificata del ricorso;

– resistente con mandato –

avverso la sentenza n. 4395/2008 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 16/04/2009 R.G.N. 2107/2007;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

08/03/2016 dal Consigliere Dott. LUIGI CAVALLARO;

udito l’Avvocato RICCI MAURO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CELESTE Alberto, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

Fatto

Con sentenza depositata il 16.4.2009, la Corte d’appello di Roma, in parziale riforma della statuizione di primo grado, liquidava in Euro 1.658,00, di cui Euro 723,00 per onorari ed Euro 771,00 per diritti, le spese del procedimento di primo grado già pendente tra M. P. e l’INPS e il Ministero dell’Economia e delle Finanze e avente ad oggetto il riconoscimento dell’indennità di accompagnamento.

Per la cassazione di questa, pronuncia, a suo dire limitativa delle competenze spettanti per l’attività difensiva svolta, ricorre M.P. con un unico motivo di ricorso, illustrato con memoria. Il Ministero è rimasto intimato, mentre l’INPS ha depositato procura in calce al ricorso notificatogli e ha svolto difese orali in pubblica udienza.

Diritto

Con l’unico motivo di ricorso, la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del R.D.L. n. 1578 del 1933, art. 64 (conv. con L. n. 36 del 1934) e D.M. n. 127 del 2004, art. 1, sub Tabella B, “Diritti”, per non avere la Corte territoriale riconosciuto quali diritti le voci di cui ai nn. 1, 15, 19, 24, 45, 21 e 30, per un totale di Euro 500,00.

Il motivo è inammissibile.

Va premesso che la violazione di legge consiste in un’erronea ricognizione della norma recata da una disposizione di legge da parte del provvedimento impugnato, riconducibile o ad un’erronea interpretazione della medesima ovvero nell’erronea sussunzione del fatto così come accertato entro di essa, e non va confuso con l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa, che è esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, solo sotto l’aspetto del vizio di motivazione (cfr. fra le più recenti Cass. nn. 15499 del 2004, 18782 del 2005, 5076 e 22348 del 2007, 7394 del 2010, 8315 del 2013).

Ciò posto, è agevole rilevare che le censure formulate da parte ricorrente nell’unico motivo di ricorso incorrono precisamente nella confusione dianzi chiarita, dal momento che, pur essendo formulate con riferimento a presunte violazioni o false applicazioni delle norme indicate nella rubrica, hanno in realtà di mira il giudizio (di fatto) compiuto dalla Corte territoriale in ordine alla limitazione delle competenze alle voci concretamente riconosciute. E poichè l’erronea sussunzione del vizio nell’una o nell’altra fattispecie di cui all’art. 360 c.p.c., costituisce causa di inammissibilità del motivo di ricorso tutte le volte in cui, indipendentemente dalla corretta individuazione della norma di riferimento, la censura non sia debitamente formulata, anche sotto il profilo del rispetto del canone di autosufficienza ex art. 366 c.p.c., nn. 4 e 6, in relazione al tenore della pronuncia caducatoria richiesta (cfr. in tal senso Cass. S.U. n. 17931 del, 2013), il ricorso va dichiarato inammissibile.

Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo in favore dell’INPS, nulla nei confronti delle alte parti.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di cassazione, che si liquidano in Euro 1.100,00, di cui Euro 1.000,00 per compensi, oltre spese generali in misura pari al 15% e accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 8 marzo 2016.

Depositato in Cancelleria il 16 giugno 2016

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