Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12428 del 08/06/2011

Cassazione civile sez. trib., 08/06/2011, (ud. 15/03/2011, dep. 08/06/2011), n.12428

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ADAMO Mario – Presidente –

Dott. PERSICO Mariaida – Consigliere –

Dott. CIRILLO Ettore – Consigliere –

Dott. CARACCIOLO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 29381-2006 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12 presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrente –

contro

SOLIGON SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIALE PARIOLI 43 presso lo studio

dell’avvocato D’AYALA VALVA FRANCESCO, che lo rappresenta e difende

unitamente all’avvocato MOSCHETTI FRANCESCO, giusta delega a margine;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 43/2005 della COMM. TRIB. REG. di VENEZIA,

depositata il 22/07/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

15/03/2011 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE CARACCIOLO;

udito per il ricorrente l’Avvocato SPINA MARIA LUISA, che ha chiesto

l’accoglimento;

udito per il resistente l’Avvocato D’AYALA VALVA FRANCESCO, che ha

chiesto il rigetto;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MATERA Marcello che ha concluso per il rigetto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Gli atti del giudizio di legittimità.

Il giorno 21.10.2006 è stato notificato alla “Soligon spa” un ricorso dell’Agenzia delle Entrato por la cassazione della sentenza descritta in epigrafe (depositata 22.7.2005) che ha accolto l’appello della società contribuente contro la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Treviso n. 68/08/2003 che aveva, respinto il ricorso della stessa contribuente avverso avviso di accertamento ai fini IREG-ILOR per l’anno d’imposta 1996.

Si è costituita con controricorso la parte intimata.

La controversia è stata discussa alla pubblica udienza del 15.3.2011. in cui il PG ha concluso per il rigetto del ricorso.

2. I fatti di causa.

Con il menzionato avviso di accertamento l’Agenzia delle Entrate ha contestato alla Soligon la omessa contabilizzazione di ricavi per circa L. 355 milioni correlati alla omessa fatturazione della vendita di materiali ferrosi alla Solmetal srl avvenuta appunto nel corso dell’anno 1996 impugnazione di detto avviso – fondato sia sulla contestazione dell’avvenuto acquisto dei materiali che si assumono rivenduti sia sull’avere la Amministrazione omesso di considerare i costi correlati all’asserita vendita – è stata respinta dalla CTP di Treviso. L’appello proposto dalla società avverso la sentenza di primo grado è stato poi accolto dalla CTR di Venezia che ha del tutto annullato l’avviso di accertamento.

3. La motivazione della sentenza impugnata.

La sentenza della CTR, oggetto del ricorso per cassazione, è motivata nel senso che da un canto faceva difetto nel sillogismo su cui era fondato l’avviso di accertamento il “fatto noto e provato” (e cioè “il carattere traslativo della proprietà delle merci nel 1995”) dal quale si possa risalire al fatto ignoto (e cioè “la vendita nel 1996”); e che d’altro canto l’ipotesi accusatoria si era fondata su fatti che lo stesso ufficio procedente aveva deciso di escludere, limitando l’accertamento all’anno 1996 e così violando il principio di continuità, in ragione del quale “le rimanenze di esercizio costituiscono una componente positiva nell’anno precedente (1995) e negativa nell’anno successivo”.

4. I ricorso per cassazione.

Il ricorso per cassazione è sostenuto con unico motivo d’impugnazione e – dichiarato il valore della causa nella misura di Euro 200.000.00 circa – si conclude con la richiesta che sia cassata la sentenza impugnata, con ogni conseguente statuizione anche in ordine alle spese processuali.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

5. Il primo motivo d’impugnazione.

Il primo ed unico motivo d’impugnazione è collocato sotto la seguente rubrica: “Violazione e falsa applicazione dell’art. 2735 cod. civ., nonchè del D.P.R. 20 settembre 1973, n. 600, art. 33 e 39 e del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 53. Carenza di motivazione su di un punto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., n. 3 e n. 5).

La ricorrente Agenzia, – premesso che oggetto della controversia è solo il recupero a tassazione dei ricavi effettuati da Soligon nell’anno 1996 per effetto della vendita di rottami metallici alla Solmetal srl – si duole del fatto che il giudice di secondo grado non abbia preso in considerazione le dichiarazioni rese ai verbalizzanti da S.G., legale rappresentante di entrambe le predette società (dichiarazioni confermate da tale M.B., venditore delle merci, e “da un documento scritto riepilogativo di tutti gli acquisti e le vendite effettuati tra le quattro ditte soprarichiamate nel corso degli anni dal 1995 al 1999”. Se il giudicante avesse tenuto in considerazione dette prove – donde emergeva l’effettivo acquisto da parte della Soligon delle merci qui in discorso nel corso dell’anno 1995 e la loro omessa contabilizzazione con la successiva “formalizzazione de trasferimento” nel corso del 1996 e la fatturazione nel corso del 1997 – non avrebbe concluso che l’accertamento era basato su sole presunzioni, risultando invece ulteriori fonti di prova dei fatti su cui l’accertamento era basato.

Il motivo è inammissibile.

Ed infatti è costante e numerosa la giurisprudenza di questa Corte (tra le più recenti Cass. Sez. 3. Sentenza n. 24540 de 20/11/2009) secondo cui:”Nel caso in cui la decisione impugnata sia fondata su una pluralità di ragioni, tra di loro distinte e tutte autonomamente sufficienti a sorreggerla sul piano logico-giuridico, è necessario, affinchè si giunga alla cassazione della pronuncia, che il ricorso si rivolga contro ciascuna di queste, in quanto, in caso contrario, le ragioni non censurate sortirebbero l’effetto di mantenere ferma la decisione basata su di esse. (Nella specie, in applicazione del principio enunciato, la S.C. ha rigettato il ricorso avanzato da un lavoratore dipendente che aveva censurato la parte della sentenza di merito relativa alla correttezza della formazione della prova testimoniale ma aveva omesso di criticare la giustificazione della decisione che faceva leva, in aggiunta alla valutazione di detta prova, anche sull’impossibilità di riconoscere l’interruzione della prescrizione del diritto di credito vantato dallo stesso lavoratore)”.

Nella specie di causa., come si è detto, il giudice di secondo grado ha argomentato la decisione di accoglimento dell’appello proposto dalla società contribuente non solo sull’assenza di prove idonee a sorreggere i fatti da cui l’accertamento scaturisce (in specie in ordine all’asserito acquisto di rottami metallici avvenuto nel corso de 1995), ma anche sulla stessa intima illogicità dell’avviso di accertamento medesimo, appunto perchè limitato all’anno d’imposta 1996. A detta del giudice di appello, da siffatta limitazione era derivata violazione del canone della “continuità” tra le rimanenze finali ed iniziali dei consecutivi esercizi, sicchè poi l’accertamento risultava fondato “sull’esclusione” dei fatti che lo stesso Ufficio aveva deciso di escludere.

Nei confronti dell’anzidetta ratio decidendi non può considerarsi idonea censura quella che appare formulata dalla Agenzia ricorrente nel secondo profilo dell’unico motivo di impugnazione, poichè in detto profilo si ritorna a fare questione della prova dell’avvenuto acquisto dei materiali ferrosi, mentre resta del tutto inevasa la questione posta dal giudice di secondo grado con riferimento alla intrinseca contraddittorietà del provvedimento impositivo.

In difetto di censure contro detto secondo autonomo ed autonomamente efficiente argomento di decisione, non è chi non veda che il ricorso proposto dalla Agenzia non è idoneo a costituire sufficiente ragione per la cassazione della decisione impugnata.

La regolazione delle spese di lite è improntata al canone della soccombenza.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso. Condanna la parte ricorrente a rifondere alla parte intimata le spese del presente grado di giudizio liquidate in complessivi Euro 6.100,00 di cui Euro 100.00 per esborsi ed il resto per onorario, oltre spese generali e accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 15 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 8 giugno 2011

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