Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12426 del 20/05/2010

Cassazione civile sez. II, 20/05/2010, (ud. 18/02/2010, dep. 20/05/2010), n.12426

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHETTINO Olindo – Presidente –

Dott. MAZZIOTTI DI CELSO Lucio – Consigliere –

Dott. BUCCIANTE Ettore – Consigliere –

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 3225/2005 proposto da:

M.C., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA SISTINA

121, presso lo studio dell’avvocato MAURIELLO Giacomo, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato MELLUSO SIMONA;

– ricorrente –

contro

MA.VI. (OMISSIS), D.B.M.

(OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA C.

PASSAGLIA 14, presso lo studio MERLO, rappresentati e difesi

dall’avvocato CORSO Antonio;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 2714/2004 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 22/09/2004;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

18/02/2010 dal Consigliere Dott. VINCENZO CORRENTI;

udito l’Avvocato MAURIELLO Giacomo, difensore della ricorrente che ha

chiesto di riportarsi al ricorso e alla memoria;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SGROI Carmelo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione del 15.9.93 M.C., premesso di essere proprietaria di una azienda agricola in (OMISSIS), località (OMISSIS), denominata (OMISSIS), il cui fondo, composto di ettari 3.73.49, in catasto terreni fog. (OMISSIS) all. (OMISSIS), particelle (OMISSIS), confinante a sud con D.B.M. e Ma.Vi., cui era pervenuto con atto Sica del 24.4.79, riportato nel catasto terreni al fog. (OMISSIS) particella (OMISSIS), are 63.78, esponeva che, all’inizio del novembre 1992, lungo il confine tra i due fondi, aveva subito l’invasione e la sottrazione di parte del fondo dai citati D.B. e Ma., i quali avevano tra l’altro arato e zappato la scolina, la cui mezzeria costituiva il confine, ed eliminato parte della siepe e della recinzione poste all’interno della sua proprietà.

Conveniva i predetti davanti al Tribunale di Napoli per il ripristino dello stato dei luoghi ed i danni, domanda contestata dalle controparti.

Il Tribunale, sezione stralcio, sulla base della ctu, accoglieva in parte la domanda per il ripristino dei paletti di confine con rete di recinzione, per piantare una siepe e per i danni in L. 5.000.000.

Proponevano appello i soccombenti, resisteva la M. proponendo appello incidentale per la soppressione dello scolino e la Corte di appello di Napoli, con sentenza 2714/2004, accoglieva l’appello principale e rigettava l’incidentale, compensando le spese.

La corte territoriale deduceva che dalla ctu e dalla prova in primo grado emergeva che la rete di recinzione e la siepe, poste ai confini, erano in sito e, pur risultando, sia pure parzialmente, la rete abbattuta , non emergeva la responsabilità del parziale abbattimento, donde l’insufficienza della prova.

Ricorre con tre motivi, illustrati da memoria, la M., resistono le controparti.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente si deducono l’inammissibilità e la irrilevanza della produzione della sentenza non definitiva di primo grado n. 8645/97 del Tribunale di Napoli, di cui alla nota di deposito del 12.2.2010.

Col primo motivo si lamentano violazione degli artt. 2051 e 2697 c.c., artt. 113, 115 e 116 c.p.c., illogicità, incongruenza, insufficienza, erroneità e omissione avendo la ricorrente provato il proprio assunto. Si riportano deposizioni testimoniali.

Col secondo motivo si deducono violazione degli artt. 62 e 194 c.p.c., artt. 113, 115 e 116 c.p.c., vizi di motivazione e travisamento per non essere stato fatto corretto uso delle risultanze peritali.

Col terzo motivo si lamenta violazione degli artt. 948, 950, 1170, 2043 e 2051 c.c., art. 112 c.p.c., vizi di motivazione. Le censure possono esaminarsi congiuntamente.

La sentenza, richiamando testi e ctu, ha concluso per l’insufficienza della prova offerta dalla M. valorizzando le contraddittorie rivelazioni fornite dai numerosi testimoni e le incerte asserzioni del ctu dovute alla carenze di elementi di fatto inequivoci.

Alle pagine quattro e cinque, ha dedotto che i testi non hanno potuto contribuire, con le loro deposizioni, in parte anche non concordanti, ad offrire indizi concreti ed univoci, idonei a consentire la formazione di un quadro chiaro e privo di incertezze riguardo agli elementi di fatto posti a fondamento della domanda con particolare riguardo all’individuazione dei responsabili degli atti lesivi, nonchè alle modalità ed ai tempi in cui essi vennero commessi.

Le odierne doglianze, in parte nuove, tendono ad un riesame del merito non consentito in questa sede, con argomentazioni congiuntamente svolte per individuare violazioni di legge e vizi di motivazione, richiami a prove testimoniali non decisive, peraltro provenienti spesso da persone legate alle parti e deduzioni circa il travisamento dei fatti che presuppongono un errore revocatorio. Donde il rigetto del ricorso e la condanna alle spese.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese liquidate in Euro 1400,00 di cui Euro 1200,00 per onorari, oltre accessori.

Così deciso in Roma, il 18 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 20 maggio 2010

 

 

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