Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12426 del 11/05/2021

Cassazione civile sez. lav., 11/05/2021, (ud. 19/01/2021, dep. 11/05/2021), n.12426

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAIMONDI Guido – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 20551/2014 proposto da:

F.M.M., M.E., elettivamente domiciliati

in ROMA, Via GERMANICO n. 172, presso lo studio dell’avvocato SERGIO

GALLEANO, che li rappresenta e difende;

– ricorrenti –

contro

AZIENDA UNITA’ SANITARIA LOCALE N. (OMISSIS) DI MASSA E CARRARA, in

persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA BRENTA 2/A, presso lo studio dell’avvocato

ISABELLA MARIA STOPPANI, che la rappresenta e difende unitamente

all’avvocato VINCENZA LIGUORI;

– controricorrente –

e contro

GESTIONE LIQUIDATORIA EX UU.SS.LL. N. (OMISSIS) di MASSA CARRARA, in

persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA BRENTA 2/A, presso lo studio dell’avvocato

ISABELLA MARIA STOPPANI, che la rappresenta e difende unitamente

all’avvocato VINCENZA LIGUORI;

– controricorrente –

e contro

REGIONE TOSCANA, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA PIAZZA BARBERINI N. 12, presso lo

studio dell’Avvocato MARCELLO CECCHETTI, rappresentata e difesa

dall’Avvocato LUCIA BORA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 49/2014 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

depositata il 11/02/2014 R.G.N. 803/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

19/01/2021 dal Consigliere Dott. FRANCESCA SPENA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MUCCI Roberto, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

udito l’Avvocato SERGIO GALLEANO;

udito l’Avvocato ISABELLA MARIA STOPPANI;

udito l’Avvocato MARCELLO CECCHETTI per delega Avvocato LUCIA BORA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza in data 11 febbraio 2014 n. 49 la Corte d’appello di Genova confermava la sentenza del Tribunale di Massa, che aveva respinto le domande proposte da F.M.M. ed M.E., dirigenti sanitari non-medici della AZIENDA USL n. (OMISSIS) di MASSA e CARRARA (in prosieguo: AUSL), nei confronti della AUSL, della REGIONE TOSCANA e della GESTIONE LIQUIDATORIA delle ex UU.SS.LL. nn. (OMISSIS) di MASSA e CARRARA (in prosieguo: GESTIONE LIQUIDATORIA) per la rideterminazione del fondo per la retribuzione di risultato – di cui all’art. 61, comma 2 lettera a) CCNL 5.12.1996 per la dirigenza non medica del SSN – e per il pagamento delle differenze di retribuzione maturate per l’inadeguata liquidazione di tale voce accessoria nel periodo 1990-2008.

2. La Corte territoriale preliminarmente rilevava che non vi era motivo di gravame avverso la statuizione del difetto di legittimazione passiva della REGIONE TOSCANA, sicchè sul punto l’appello era inammissibile.

3. Nel merito, gli appellanti sostenevano che per la determinazione del fondo non poteva avere effetto l’accordo regionale dell’anno 1992 e che occorreva rielaborare i calcoli per la sua costituzione sulla base dei criteri stabiliti dal D.P.R. n. 270 del 1987, art. 67 e, successivamente, dal D.P.R. n. 384 del 1990, art. 58.

4. Il motivo era infondato, in quanto i due richiamati articoli stabilivano soltanto un massimale e non ostavano ad una disposizione regionale che determinasse il fondo in misura inferiore.

5. Con il secondo e correlato motivo di gravame le parti assumevano che il D.P.R. n. 384 del 1990, art. 57, comma 5, demandava alla contrattazione locale solo la distribuzione del fondo tra le diverse categorie del personale sanitario mentre la sua quantificazione era regolata soltanto dall’art. 58.

6. Il motivo era parimenti infondato.

7. L’art. 61 CCNL 5 dicembre 1996 si riferiva per la determinazione del fondo per la retribuzione di risultato del D.P.R. n. 384 del 1990, artt. 57 e segg.; D.P.R. n. 384 del 1990, art. 58, a sua volta, rinviava alla determinazione del fondo effettuata nell’anno 1989, in applicazione del D.P.R. n. 270 del 1987, art. 67. Tale ultimo articolo, al comma 3, prevedeva che in sede di accordo regionale fosse stabilita la entità del fondo da destinare all’istituto della incentivazione.

8. In virtù della successione di tali disposizioni, era dunque legittimo il riferimento della AUSL alla determinazione del fondo effettuata con l’accordo regionale del 1992.

9. Gli appellanti invocavano anche la applicazione dell’Accordo quadro regionale del 27.4.1992 n. 3625; tale motivo di appello era contraddittorio con la sostenuta illegittimità dell’accordo regionale. Non era chiaro, peraltro, per quale motivo le parti assumessero il mancato rispetto dell’accordo quadro regionale.

10. Hanno proposto ricorso per la cassazione della sentenza F.M.M. ed M.E., articolato in due motivi, cui hanno opposto difese con controricorso la REGIONE TOSCANA, la AUSL e la GESTIONE LIQUIDATORIA.

11. Il giudizio, già avviato alla trattazione camerale, è stato rinviato a nuovo ruolo per la fissazione della pubblica udienza.

12. Le parti ricorrenti hanno depositato memoria per l’adunanza camerale e per la pubblica udienza.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo le parti ricorrenti hanno dedotto violazione e falsa applicazione dell’art. 61 CCNL 5 dicembre 1996.

2. Hanno assunto che la norma contrattuale, attraverso il richiamo al D.P.R. n. 384 del 1990, artt. 57 e segg., rinviava agli accordi regionali intervenuti fino all’anno 1990 e non a quelli illegittimamente sottoscritti in epoca successiva. L’accordo regionale del 1992, recepito con Delibere del 1993, aveva determinato una riduzione del fondo di circa Euro 348.917,65, come pacifico in causa.

3. Con il secondo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 c.c. e segg., in relazione all’accordo quadro regionale del 27 aprile 1992.

4. Le parti ricorrenti hanno dedotto di avere sempre sostenuto – sia nell’atto introduttivo che nel ricorso in appello (alle pagine 31 e seguenti) – che l’accordo quadro del 1992 imponeva alla AUSL di recuperare i valori del fondo individuati nell’anno 1989, conformemente a quanto previsto dall’art. 61 CCNL 1996.

5. Hanno assunto che la sentenza impugnata aveva erroneamente interpretato l’accordo quadro e pertanto aveva individuato i criteri di quantificazione del fondo nelle delibere delle ex UU.SS.LL n. 348/1993 e 376/1993.

6. In via preliminare deve essere dichiarata la inammissibilità del ricorso proposto nei confronti della REGIONE TOSCANA.

7. Per quanto risulta della sentenza impugnata, il giudice di primo grado aveva dichiarato il difetto di legittimazione passiva della REGIONE TOSCANA; l’appello proposto dagli odierni ricorrenti nei confronti della REGIONE TOSCANA era dichiarato inammissibile, perchè la statuizione del difetto di legittimazione passiva dell’ente non era oggetto di impugnazione. In questa sede le parti ricorrenti propongono nuovamente ricorso nei confronti della REGIONE TOSCANA senza censurare la statuizione di inammissibilità del gravame resa dal giudice dell’appello.

8. Il ricorso deve essere dunque esaminato nei soli confronti della AUSL e della GESTIONE LIQUIDATORIA.

9. Il primo motivo è infondato.

10. Giova premettere che nella prima tornata contrattuale il CCNL 1994/1997 dell’Area della dirigenza sanitaria, professionale, tecnica ed amministrativa del comparto sanità, sottoscritto il 5 dicembre 1996, (in prosieguo: CCNL 1994/1997) introdusse il nuovo sistema incentivante della retribuzione di risultato, erogata in base al raggiungimento di obiettivi, finanziata da un apposito fondo.

11. L’art. 61, comma due, lettera a) del CCNL 1994/1997 disciplinò la formazione del fondo, nei seguenti termini:

” Il fondo è costituito, nel suo ammontare, dalla somma complessiva dei fondi di produttività sub 1 e sub 2 di cui del D.P.R. n. 384 del 1990, artt. 57 e segg. – ripartita secondo le quote storiche spettanti a ciascun ruolo – determinata per l’anno 1993 e decurtata dalla percentuale prevista dalla L. n. 537 del 1993, art. 8, comma 3″.

12. Pacifica è l’applicazione della decurtazione finale del 30%, di cui al richiamato della L. n. 537 del 1993, art. 8, comma 3.

13. La questione di causa attiene, invece, alla determinazione della base di partenza, ovvero della “somma complessiva dei fondi di produttività sub 1 e sub 2 di cui del D.P.R. n. 384 del 1990, artt. 57 e segg.”, determinata per l’anno 1993; nell’assunto delle odierne parti ricorrenti la AUSL avrebbe illegittimamente ridotto tale somma complessiva e, decurtando le risorse, avrebbe liquidato ai dirigenti una retribuzione di risultato inadeguata.

14. In sostanza, dalla illegittima determinazione del fondo all’atto della sua iniziale costituzione sarebbe derivato il parziale pagamento della retribuzione di risultato, anche negli anni successivi.

I FONDI DI PRODUTTIVITA’.

15. Occorre muovere dal rilievo che il nuovo fondo per la retribuzione di risultato era determinato in un importo pari alla somma dei precedenti fondi di produttività, come disciplinati, nel regime pubblicistico del rapporto di lavoro, dal D.P.R. n. 384 del 1990.

16. Tali fondi erano collegati al sistema delle “incentivazioni”, introdotto dal D.P.R. 25 giugno 1983, n. 348, in sostituzione dell’ex-istituto delle “compartecipazioni”.

17. Il suddetto D.P.R. n. 348 del 1983, artt. da 59 a 66, prevedeva la erogazione di “incentivazioni della produttività”, al fine di un miglioramento generale della qualità del servizio e della sua economicità (riduzione della spesa esterna). L’istituto, in estrema sintesi, era così articolato:

– i compensi venivano corrisposti a fronte dello svolgimento da parte degli operatori sanitari di attività autorizzate oltre l’orario di lavoro (in plusorario);

– il D.P.R. n. 348 del 1983, stabiliva tetti massimi settimanali di plusorario autorizzabile per ciascuna categoria di personale;

– la quantificazione del compenso avveniva ripartendo l’apposito “fondo di incentivazione”, costituito presso ciascuna USL, tra tre categorie di personale, secondo quote percentuali stabilite dal D.P.R. n. 348 del 1983: medici (categoria A), personale sanitario (categoria B), restante personale (categoria C);

– la liquidazione avveniva a consuntivo, essendo necessaria una fase di preventivo controllo sulla effettiva maggiore produttività ed una verifica delle disponibilità costituite dalle risorse affluite all’apposito fondo (per tutte: Consiglio di Stato sez. III, 11/10/2013, n. 4994)

18. Il D.P.R. n. 228 del 1987 – di rinnovazione del D.P.R. n. 348 del 1983, artt. 46,63,64 – aumentava a quattro le categorie tra le quali ripartire il fondo, introducendo la categoria A2) – biologici, chimici, fisici; tanto in attuazione della sentenza del Consiglio di Stato 28 aprile 1986 n. 308, che aveva annullato in parte qua il D.P.R. n. 348 del 1983, evidenziando la necessità di dare un autonomo riconoscimento al personale non-medico laureato.

19. Con il D.P.R. n. 270 del 1987, accordo collettivo per il triennio 1985/1987, la categoria dei laureati non-medici veniva individuata come categoria B)- biologi, chimici, fisici, farmacisti, ingegneri, psicologi.

20. Il suddetto D.P.R. n. 270 del 1987, artt. 66 e segg. (artt. 101 e segg. per i medici) – prevedeva due forme di incentivazione della produttività, aggiungendo alla produttività D.P.R. n. 348 del 1983, ex artt. 59 e segg., la produttività “per obiettivi”, quest’ultima legata a singoli progetti e finanziata con un apposito fondo.

21. La L. 29 dicembre 1990, n. 407, art. 5, stabilì la decadenza dall’1 febbraio 1991 dei provvedimenti disposti in applicazione degli istituti economici e normativi del D.P.R. n. 270 del 1987, tra l’altro in relazione alle incentivazioni e l’obbligo di applicare dalla stessa data i corrispondenti istituti del D.P.R. n. 384 del 1990, limitatamente a situazioni di inderogabili esigenze operative.

22. Il D.P.R. n. 384 del 1990, artt. 57 e segg. (nonchè artt. 123 e segg. per i medici) – confermava la struttura del sistema incentivante: incentivazione (lettera a); produttività per obiettivi (lettera b).

L’INTERPRETAZIONE AUTENTICA DELL’ART. 61, COMMA DUE, LETTERA a) CCNL 1994/1997.

23. L’excursus sin qui compiuto costituisce la premessa per una più chiara comprensione della norma di interpretazione autentica di cui al CCNL del 12.7.2001.

24. Ai fini della determinazione del fondo per la retribuzione di risultato, infatti, occorreva procedere alla ricognizione della quota dei precedenti fondi spettante al personale laureato non-medico ovvero alla ex-categoria B. Si trattava, infatti, del personale che con la privatizzazione era confluito nell’area della dirigenza non-medica del comparto SANITA’, nel cui ambito era sottoscritto il CCNL 1994/1997.

25. Con l’accordo di interpretazione autentica le parti sociali hanno precisato che il termine “quote storiche spettanti a ciascun ruolo”, utilizzato dall’art. 61, comma 2 lettera a) del CCNL 1994/1997, non è riferito a quanto “corrisposto” o “speso” dalle singole aziende nell’anno 1993, ma all’importo del fondo “spettante” a ciascun ruolo e dunque alle quote “originariamente determinate ai sensi del D.P.R. n. 384 del 1990, artt. 57 e segg., applicati immediatamente prima del passaggio al nuovo sistema della retribuzione di risultato”.

26. Come si legge nella premessa dell’accordo di interpretazione autentica, la espressione “quote storiche spettanti” era ispirata dal

fatto che il pagamento delle quote di produttività da parte delle aziende avveniva in epoca successiva all’anno di riferimento sicchè se la formazione dei fondi si fosse fondata sulle risorse “spese” nell’anno 1993 anzichè su quelle “spettanti” ne sarebbe derivato un indiretto abbattimento del fondo, non prefigurato dalla norma pattizia.

27. L’accordo di interpretazione autentica non ha risolto il contenzioso avviato dai dirigenti non medici; sulla questione si sono pronunciate le Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza 15 dicembre 2017, n. 30222, che ha superato il diverso orientamento in epoca precedente espresso dalla sezione lavoro (Cass. sez. lav. 21 novembre 2007, n. 24248; 2 marzo 2012, n. 3304; 26 ottobre 2012, n. 18463).

28. Le Sezioni Unite hanno chiarito che la “quota storica spettante” all’ex categoria B non deve essere determinata sulla base delle somme “virtuali” del precedente fondo di incentivazione delle attività svolte in plusorario, quali risultanti dalla applicazione del solo del D.P.R. n. 384 del 1990, art. 58, ma sulla base del cd. massimo spendibile, ovvero tenendo conto: da un lato, dei limiti massimi di plus orario settimanale (stabiliti dall’art. 61, comma 2, dello stesso D.P.R., in sette ore settimanali); dall’altro, del numero dei laureati non medici in servizio presso le singole Aziende nell’anno 1993 (ciò sul rilievo che essi sono in numero molto più limitato dei medici sicchè, a ragionare diversamente, avrebbero goduto di un trattamento superiore a questi ultimi, trascendendo di molto la logica perequativa che aveva condotto al riconoscimento della loro categoria).

29. In definitiva, secondo il principio enunciato dalle Sezioni Unite, la “quota storica” va determinata: sulla base del valore unitario del plus orario, definito nel D.P.R. n. 384 del 1990, art. 61, comma 7, moltiplicato per il numero massimo delle ore di plus orario consentito (dall’art. 61, comma 2 cit.) e per le unità di personale impegnato nell’attività incentivata.

30. In sintesi:

– dalla norma di interpretazione autentica risulta che le “quote storiche” non fanno riferimento a quanto “speso” dalle Aziende nell’anno 1993;

– le Sezioni Unite hanno chiarito che la “quota storica” dell’ex gruppo B non deve essere determinata in misura astratta, ma secondo il criterio del “massimo spendibile” (id est: tenendo conto sia del limite di plusorario autorizzabile, pari a 7 ore settimanali, che del numero dei laureati non medici in servizio in ciascuna Azienda nell’anno 1993);

– resta aperta la diversa questione della rilevanza degli accordi regionali intervenuti, negli anni 1990/1993, a ridurre l’importo del fondo, come nella fattispecie di causa.

GLI ACCORDI REGIONALI.

31. Sulla questione questa Corte si è pronunciata con ordinanza dell’1 dicembre 2019 n. 3134.

32. Si è ivi ritenuta la inapplicabilità degli accordi regionali, in quanto la competenza ad intervenire sul fondo è riservata ai contratti collettivi nazionali di lavoro (al riguardo si è evidenziato che la determinazione del trattamento economico dei dirigenti, per costante giurisprudenza costituzionale, rientra nella materia dell’ordinamento civile, riservata alla competenza legislativa esclusiva statale). Gli accordi regionali, dunque, sarebbero applicabili soltanto limitatamente ai dirigenti che non erano ancora passati al sistema della retribuzione di risultato e fino al 30 giugno 1997, data fissata dall’art. 62, comma 9 CCNL 1994/1997 come ultimo momento per il passaggio al nuovo sistema.

33. Ritiene la Corte di dovere rimeditare tale principio.

34. Si discute del rilievo di una contrattazione decentrata che non riguardava i dirigenti già passati al regime della retribuzione di risultato – nè si era svolta in epoca successiva al 30 giugno 1997 – ma che era intervenuta nel regime pubblicistico, in epoca anteriore al CCNL 1994/1997.

35. Si tratta di stabilire se i fondi determinati per l’anno 1993 ai sensi del D.P.R. n. 384 del 1990 – ai quali rinviava l’art. 61, comma 2 letta a) CCNL 1994/1997 – dovessero tenere conto (o meno) degli accordi regionali conclusi sino a quella data.

36. Ritiene il Collegio che le parti collettive abbiano inteso riferirsi anche a detti accordi regionali.

37. La norma contrattuale utilizza la espressione “quote storiche”; il CCNL di interpretazione autentica del 12 luglio 2001 le definisce come quote “originariamente determinate ai sensi del D.P.R. n. 384 del 1990, artt. 57 e segg., applicati immediatamente prima del passaggio al nuovo sistema della retribuzione di risultato”.

38. Si tratta di una tecnica regolativa già utilizzata dalle leggi intervenute a contenere l’importo dei fondi dopo il D.P.R. n. 384del 1990.

39. Il D.L. 11 luglio 1992, n. 333, art. 2, comma 3, convertito con modificazioni in L. 8 agosto 1992, n. 359, disponeva che le somme relative ai fondi di incentivazione previsti dai singoli accordi di comparto non potessero essere attribuite in misura superiore ai corrispettivi “stanziamenti di bilancio” per l’anno finanziario 1991.

40. L’anno successivo, la L. 24 dicembre 1993, n. 537, art. 8, comma 3, ha previsto che per il comparto della sanità, a decorrere dal 1 gennaio 1994, l’importo dei fondi di incentivazione di cui del D.P.R. 28 novembre 1990, n. 384, artt. 58 e 124, non può eccedere il 70 per cento degli “stanziamenti” relativi all’anno 1991.

41. Le disposizioni legislative hanno assunto, dunque, come riferimento il monte in precedenza “stanziato” in ciascuna azienda nell’anno 1991 ai fini del pagamento dell’emolumento.

42. Con la medesima tecnica il CCNL 1994/1997 ha inteso fare riferimento a quanto assegnato a ciascun gruppo di personale sotto il profilo “storico” e, dunque, anche in attuazione degli accordi regionali vigenti in ciascuna azienda prima della applicazione dell’art. 61.

43. Una diversa interpretazione comporterebbe che, in applicazione dell’art. 61 del CCNL 1994/1997, si dovrebbe procedere, ora per allora, ad un nuovo calcolo delle somme da destinare ai fondi di cui del D.P.R. n. 384 del 1990, artt. 57 e segg., con recupero ex post delle economie sino ad allora realizzate.

44. Tale effetto è stato escluso dalle parti collettive appunto con il prevedere il riferimento alle quote “storiche”.

45. Anche dalla interpretazione autentica risulta, in premessa, il riferimento delle parti collettive “all’accordo decentrato ed alle clausole ivi previste, vigente nell’azienda immediatamente prima dell’applicazione dell’art. 61 del CCNL”; si legge nel dispositivo che le quote storiche spettanti sono le quote “originariamente determinate ai sensi del D.P.R. n. 384 del 1990, artt. 57 e segg., applicati prima del passaggio al nuovo sistema della retribuzione di risultato”. Il riferimento è dunque all’applicazione D.P.R. n. 384 del 1990, artt. 57 e segg., avvenuta immediatamente prima del passaggio al nuovo sistema.

46. La sentenza impugnata è conforme al principio di diritto sin qui esposto, avendo ritenuto rilevanti ai fini della determinazione delle “quote storiche spettanti a ciascun ruolo” – di cui all’art. 61, comma due, lettera a) CCNL 1994/1997 dell’area della dirigenza sanitaria, tecnica, professionale, amministrativa del comparto SANITA’ – gli accordi regionali vigenti in azienda immediatamente prima dell’applicazione del suddetto art. 61.

47. Il secondo motivo del ricorso è inammissibile, in quanto non attinge la ratio decidendi della sentenza impugnata.

48. La Corte territoriale ha rigettato il motivo di appello con il quale si invocava il testo dell’accordo quadro regionale dell’anno 1992 osservando: che tale motivo di appello era in contraddizione con la sostenuta illegittimità delle disposizioni del livello regionale; che gli appellanti non chiarivano sotto quale profilo l’accordo regionale non fosse stato rispettato.

49. Il ricorso non si confronta con le suddette considerazioni.

50. Inoltre, nel dedurre la violazione dei criteri ermeneutici di cui

agli artt. 1362 c.c. e segg., la censura non rispetta nè il canone di specificità di cui all’art. 366 c.p.c., n. 6 – in quanto non trascrive il testo dell’accordo regionale interpretato – nè l’onere, ex art. 366 c.p.c., n. 4, di indicare i motivi per cui si chiede la cassazione – poichè non indica le specifiche norme violate e le ragioni dell’assunta violazione.

51. Il ricorso deve essere conclusivamente respinto.

52. Le parti ricorrenti vanno condannate al pagamento delle spese nei confronti della REGIONE TOSCANA, nuovamente evocata in lite senza tenere in alcun conto la dichiarazione del suo difetto di legittimazione passiva resa nel primo grado e la conseguente dichiarazione di inammissibilità dell’appello.

53. Nei confronti della AUSL e della GESTIONE LIQUIDATORIA le spese di giudizio si compensano per la novità del principio di diritto affermato.

54. Trattandosi di giudizio instaurato successivamente al 30 gennaio 2013 sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17 (che ha aggiunto al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater) – della sussistenza dei presupposti processuali dell’obbligo di versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la impugnazione integralmente rigettata, se dovuto (Cass. SU 20 febbraio 2020 n. 4315).

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso nei confronti della Regione Toscana. Rigetta nei confronti degli altri.

Condanna le parti ricorrenti al pagamento delle spese nei confronti della Regione Toscana, che liquida in 200 per spese ed Euro 4.000 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.

Compensa le spese nei confronti delle altre parti controricorrenti.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 19 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 11 maggio 2021

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