Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12425 del 24/06/2020

Cassazione civile sez. VI, 24/06/2020, (ud. 16/01/2020, dep. 24/06/2020), n.12425

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE STEFANO Franco – Presidente –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – rel. Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 10022-2018 proposto da:

COOPERATIVA AGRICOLA S. LAZZARO 92 A RL, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE

PICO DELLA MIRANDOLA 56/H, presso lo studio dell’avvocato BRUNETTI

MASSIMO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

UNICREDIT LEASING SPA e per essa la sua mandataria DOBANK SPA già

UNICREDIT CREDIT MANAGEMENT BANK SPA, in persona del Procuratore pro

tempere, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA OVIDIO 20, presso lo

studio dell’avvocato DELFINI FRANCESCA, rappresentata e difesa

dall’avvocato D’AMATO GIAMBERTO;

– controricorrente –

contro

ITALIANA ASSICURAZIONI SPA, in persona del Procuratore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CRATILO DI ATENE 31, presso

lo studio dell’avvocato VIZZONE DOMENICO, che la rappresenta e

difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4184/2017 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 03/10/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 16/01/2020 dal Consigliere Relatore Dott. VALLE

CRISTIANO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Corte di Appello di Milano ha, con sentenza n. 04184 del 03/10/2017, rigettato l’impugnazione della Soc. Cooperativa Agricola S. Lazzaro 92 a r.l. avverso pronuncia di rigetto, del Tribunale di Milano, della domanda di corresponsione dell’indennizzo pattuito con la Italiana Assicurazioni S.p.a. per il caso di furto dei semirimorchi, di cui al contratto di leasing intercorso tra la Cooperativa S. Lazzaro a r.l., quale utilizzatrice, e la Unicredit Leasing S.p.a., coperti da assicurazione per detto evento, in concreto perpetrato ad opera di ignoti su quattro dei detti beni mobili, nella notte tra il 26 ed il 27 luglio 2009, ed a seguito di diniego della compagnia assicuratrice di versamento dell’indennizzo alla concedente.

Il ricorso della Cooperativa S. Lazzaro 92 a r.l. è affidato a tre motivi ed è corredato da memoria ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., comma 2, a confutazione della proposta del relatore.

Resistono, con distinti controricorsi, la Unicredit Leasing S.p.a., e per essa la Dobank s.p.a. e Italiana Assicurazioni S.p.a., che ha, altresì, depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

I tre motivi di ricorso sono proposti: il primo per violazione e (o) falsa applicazione dell’art. 342 c.p.c. e art. 115 c.p.c., comma 1, per avere la sentenza d’appello ritenuto non impugnate, nè specificamente confutate, le circostanze della mancata riparazione del cancello del deposito in cui erano custoditi i semirimorchi, o non fornita una giustificazione all’assenza di segni di forzatura o di manomissione del cancello, riportata dal teste B., e nel non avere ritenuta impugnata o contrastata la decisione del Tribunale laddove affermava che nessuno dei testi diversi dal B. avesse riportato circostanze constate personalmente.

Il secondo mezzo deduce violazione e (o) falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. e artt. 115 e 116 c.p.c. per avere i giudici di merito considerato inattendibile il teste D’Auria Lazzaro solo perchè socio della cooperativa S. Lazzaro.

Il terzo motivo afferma omesso (‘esame di fatto decisivo, consistente sull’epoca successiva di almeno quindici giorni del sopralluogo del B. rispetto al furo e che l’assenza di manomissioni alla cremagliera era superata da quanto riscontrato da altro teste N.R., oltre che dal D., che entrambi riferivano della manomissione del cancello ai fini di furto e ad opera di ignoti.

Il primo motivo è infondato.

La Corte territoriale ha proceduto a rinnovata disamina delle risultanze di causa, motivando adeguatamente sulle ragioni di inattendibilità delle dichiarazioni del teste T.P., in quanto smentite dalle affermazioni del teste B., investigatore privato, che aveva constatato di persona come il cancello posto a chiusura del deposito ove erano ubicati i semirimorchi non presentava alcun segno di forzatura e che, nonostante una specifica richiesta di esibizione o di consegna non gli era stata messa a disposizione alcuna documentazione relativa all’avvenuta riparazione del cancello automatizzato con meccanismo a cremagliera e ritenuto, sulla base di una complessiva valutazione del materiale probatorio e delle circostanze che esso era volto a provare, non adeguatamente dimostrato che il T. non avesse sentito alcun rumore la notte del 27/07/2009, anche in considerazione del fatto che ad essere asportati erano beni di notevole consistenza e non semoventi e che egli si trovava in un locale adiacente il deposito, nel quale avrebbe dovuto esplicare mansioni di guardiano.

Il secondo motivo è inammissibile. La sentenza in scrutinio ha confermato l’inattendibilità del teste D. non (solo) in quanto socio della Cooperativa S. Lazzaro 92, ma in quanto si era limitato ad affermare di avere constatato l’assenza dei rimorchi all’interno del deposito ove erano stati parcheggiati, senza null’altro aggiungere sul presunto furto. Ciò posto, ritiene il Collegio che la sentenza è non adeguatamente censurata con riferimento all’art. 2697 c.c.: un motivo denunciante la violazione dell’art. 2697 c.c. si configura effettivamente e, dunque, dev’essere scrutinato come tale solo se in esso risulti dedotto che il giudice di merito abbia applicato la regola di giudizio fondata sull’onere della prova in modo erroneo, cioè attribuendo l’onus probandi a una parte diversa da quella che ne era onerata secondo le regole di scomposizione della fattispecie basate sulla differenza fra fatti costitutivi ed eccezioni. Viceversa, allorquando, come nel ricorso in esame, il motivo deducente la violazione del paradigma dell’art. 2697 c.c. non risulti argomentato in questi termini, ma solo con la postulazione (erronea) che la valutazione delle risultanze probatorie ha condotto ad un esito non corretto, il motivo stesso è inammissibile come motivo in iure ai sensi del n. 4 dell’art. 360 c.p.c. (se si considera l’art. 2697 c.c. norma processuale) e ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 (se si considera l’art. 2697 c.c. norma sostanziale, sulla base della vecchia idea dell’essere le norme sulle prove norma sostanziali) e, nel regime dell’art. 360 c.p.c., n. 5 oggi vigente si risolve in un surrettizio tentativo di postulare il controllo della valutazione delle prove oggi vietato ai sensi di quella norma (giusta Sez. U n. 8053 e 8054 del 2014). Inadeguato appare anche il riferimento all’art. 115 c.p.c., di cui al secondo motivo di ricorso: perchè si configuri effettivamente un motivo denunciante la violazione del paradigma dell’art. 115 c.p.c. è necessario che venga denunciato, nell’attività argomentativa ed illustrativa del motivo, che il giudice non ha posto a fondamento della decisione le prove dedotte dalle parti, cioè che abbia giudicato in contraddizione con la prescrizione della norma, il che significa che, per realizzare la violazione, deve avere giudicato o contraddicendo espressamente la regola di cui alla norma, cioè dichiarando di non doverla osservare, o contraddicendola implicitamente, cioè giudicando sulla base di prove non introdotte dalle parti e disposte invece di sua iniziativa al di fuori dei casi in cui gli sia riconosciuto un potere officioso di disposizione del mezzo probatorio (fermo restando il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio, previsti dallo stesso art. 115 c.p.c.), mentre detta violazione non si può ravvisare nella mera circostanza che il giudice abbia valutato le prove proposte dalle parti attribuendo maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività consentita dal paradigma dell’art. 116 c.p.c., che non a caso è rubricato alla “valutazione delle prove”. Ne segue che il motivo così dedotto è privo di fondamento per ciò solo (Sez. U. n. 01659 e Cass. n. 11892 del 2016).

Il terzo motivo deduce omesso esame di fatto decisivo: esso è inammissibile sia in quanto tenta di introdurre nuovamente un esame sulla valutazione delle risultanze istruttorie, precluso alla stregua dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 nella vigente formulazione, giusta quanto s&a detto, sia perchè la testimonianza del teste D. è stata compiutamente presa in esame dalla Corte territoriale che l’ha comparativamente valutata rispetto alle altre, escludendone l’esito favorevole auspicato dalla parte.

Il ricorso è, pertanto, rigettato.

Le spese seguono la soccombenza della ricorrente, e tenuto conto del valore della causa, sono liquidate come da dispositivo in favore di

ognuna delle controparti costituite in relazione alla difese rispettivamente svolte.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

PQM

rigetta il ricorso;

condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite, che liquida in Euro 5.600,00, oltre Euro 200,00 per esborsi per Unicredit Leasing S.p.a. come rappresentata ed in Euro 7.300,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, per Italiana Assicurazioni S.p.a., oltre rimborso forfetario al 15%, oltre CA e IVA per legge su detti importi.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento) da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 3 della Corte Suprema di Cassazione, il 16 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 24 giugno 2020

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