Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12425 del 11/05/2021

Cassazione civile sez. lav., 11/05/2021, (ud. 19/01/2021, dep. 11/05/2021), n.12425

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAIMONDI Guido – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 11132/2014 proposto da:

A.S.U.R. MARCHE – AZIENDA SANITARIA UNICA REGIONALE, in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIALE BRUNO BUOZZI n. 86, presso lo studio dell’avvocato

MASSIMO COLARIZI, che la rappresenta e difende unitamente

all’avvocato MARISA BARATTINI;

– ricorrente –

contro

B.S., F.A., G.C.,

GI.AN., I.F., M.P., MA.FE.,

P.P., PA.FR., Z.R., tutti elettivamente

domiciliati in ROMA, VIALE PASTEUR n. 56, presso lo studio

dell’avvocato ALBERTO PANUNZI, rappresentati e difesi dall’avvocato

BRUNO PETTINARI;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 967/2013 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,

depositata il 23/01/2014 R.G.N. 192/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

19/01/2021 dal Consigliere Dott. FRANCESCA SPENA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MUCCI Roberto, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato MARISA BARATTINI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. con sentenza in data 23 gennaio 2014 n. 967 la Corte d’Appello di Ancona confermava la sentenza del Tribunale di Macerata, che aveva accolto la domanda con la quale gli odierni controricorrenti, dirigenti del ruolo sanitario (non medico) di ASUR MARCHE, lamentavano la illegittima determinazione del fondo per la retribuzione di risultato – di cui all’art. 61, comma 2, lett. a) CCNL 5.12.1996 per la dirigenza non medica del SSN – ed il conseguente parziale pagamento di tale voce accessoria.

2. Per quanto ancora in discussione, la Corte territoriale esponeva che secondo l’assunto dell’appellante ASUR MARCHE nel determinare l’importo dei fondi di incentivazione per l’anno 1993 occorreva tenere conto degli accordi integrativi regionali, che ne avevano ridotto l’ammontare.

3. Sul punto il Collegio d’appello riteneva essere decisivo -indipendentemente dalla questione della legittimazione della contrattazione decentrata regionale ad incidere sulla determinazione del fondo di incentivazione – l’accordo di interpretazione autentica dell’art. 61 CCNL 5 dicembre 1996, sottoscritto il 12 luglio 2001.

4. Dall’accordo risultava che la espressione “quote storiche spettanti”, di cui al predetto art. 61, non doveva interpretarsi come “quote effettivamente spese o corrisposte”; la norma si riferiva alle quote cd. “virtuali” cioè “da stanziare”, secondo quanto previsto dal D.P.R. 28 dicembre 1990, n. 384.

5. Peraltro il Consiglio di Stato, con sentenza del 15 ottobre 1994, n. 806, aveva affermato che dopo l’entrata in vigore del D.P.R. n. 384 del 1990, il meccanismo di determinazione dell’entità dei fondi di incentivazione non poteva più formare oggetto di contrattazione decentrata regionale.

6. Ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza ASUR MARCHE, articolato in due motivi, cui i dirigenti sanitari hanno resistito con controricorso.

7. La causa, già fissata per la trattazione in Camera di consiglio, in relazione alla quale la parte ricorrente depositava memoria, è stata rinviata a nuovo ruolo per la fissazione della pubblica udienza.

8. ASUR MARCHE ha depositato nuova memoria per la pubblica udienza.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo ASUR MARCHE ha dedotto – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 – violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1362 e 1363 c.c., in relazione all’art. 61 CCNL 5.12.1996 Area della dirigenza sanitaria, tecnica ed amministrativa del Servizio sanitario nazionale, come autenticamente interpretato in data 12.7.2001.

2. Ha dedotto la erroneità dell’interpretazione delle previsioni contrattuali posta a base della sentenza impugnata, assumendo che la disposizione di interpretazione autentica individuava come “quote storiche spettanti” quelle originariamente determinate, ai sensi del D.P.R. n. 384 del 1990, artt. 57 e segg., così come applicate immediatamente prima del passaggio al nuovo sistema della retribuzione di risultato. Sulla base di tale presupposto la clausola di interpretazione autentica aveva ottenuto il visto della Corte dei Conti.

3. Dovevano dunque considerarsi i provvedimenti che la L. n. 407 del 1990, art. 5, comma 1, aveva demandato alle Regioni ed i successivi provvedimenti attuativi adottati dalle AUSL, come ritenuto anche dal Consiglio di Stato (C.d.S. sent. 4.3.2013 n. 1274).

4. Con il secondo motivo ASUR MARCHE ha denunciato – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 – omessa e contraddittoria motivazione su fatti decisivi della controversia.

5. Ha assunto che le Delibere adottate dalla Regione per la determinazione del fondo, ai sensi della L. n. 407 del 1990, art. 5, comma 1 – e le delibere attuative delle singole ASL per la quantificazione del fondo – non costituivano un atto di gestione del rapporto di lavoro ma erano espressione di potestà autoritativa sicchè, in mancanza di impugnazione, erano divenute definitive; la pronuncia del Consiglio di Stato richiamata nella sentenza impugnata si riferiva, invece, a provvedimenti della Regione Veneto, tempestivamente impugnati davanti al giudice amministrativo.

6. Si afferma, comunque, la legittimazione della contrattazione decentrata nella materia delle incentivazioni anche nella vigenza del D.P.R. n. 384 del 1990.

7. Si assume, da ultimo, che ove si fosse ritenuto che l’accordo di interpretazione autentica del 12 luglio 2001 intendeva annullare gli accordi intervenuti a livello regionale, il relativo onere di spesa sarebbe caduto a carico di ASUR in violazione delle previsioni della L. 23 dicembre 1994, n. 724, art. 6, comma 1.

8. Si espone che nella fattispecie con Delib. Giunta Regionale 1 luglio 1991, n. 3440, veniva recepito l’accordo quadro regionale con il quale venivano stabilite le modalità per la costituzione dei fondi sub 1 per gli anni 1990 e 1991. Il Presidente della Giunta aveva determinato per ogni USL le somme attribuibili per l’istituto della produttività, stabilendo che di tali importi si tenesse conto, con effetto dall’1 gennaio 1993, nella autorizzazione di qualsiasi tipo di plusorario.

9. Il ricorso, i cui motivi possono essere esaminati congiuntamente per la loro connessione, è fondato.

10. Giova premettere che nella prima tornata contrattuale il CCNL 1994/1997 dell’Area della dirigenza sanitaria, professionale, tecnica ed amministrativa del comparto sanità, sottoscritto il 5 dicembre 1996, (in prosieguo: CCNL 1994/1997) introdusse il nuovo sistema incentivante della retribuzione di risultato, erogata in base al raggiungimento di obiettivi, finanziata da un apposito fondo.

11. L’art. 61, comma due, lett. a) del CCNL 1994/1997 disciplinò la formazione del fondo, nei seguenti termini:

“Il fondo è costituito, nel suo ammontare, dalla somma complessiva dei fondi di produttività sub 1 e sub 2 di cui al D.P.R. n. 384 del 1990, artt. 57 e segg. – ripartita secondo le quote storiche spettanti a ciascun ruolo – determinata per l’anno 1993 e decurtata dalla percentuale prevista dalla L. n. 537 del 1993, art. 8, comma 3”.

12. Pacifica è l’applicazione della decurtazione finale del 30%, di cui al richiamato della L. n. 537 del 1993, art. 8, comma 3.

13. La questione di causa attiene, invece, alla determinazione della base di partenza, ovvero della “somma complessiva dei fondi di produttività sub 1 e sub 2 di cui del D.P.R. n. 384 del 1990, artt. 57 e segg.”, determinata per l’anno 1993; nell’assunto delle odierne parti controricorrenti ASUR MARCHE avrebbe illegittimamente ridotto tale somma complessiva e, decurtando le risorse, avrebbe liquidato ai dirigenti una retribuzione di risultato inadeguata.

14. In sostanza, dalla illegittima determinazione del fondo all’atto della sua iniziale costituzione- (avvenuta con Delib. ASUR MARCHE 30 ottobre 1997, n. 590)- sarebbe derivato il parziale pagamento della retribuzione di risultato, anche negli anni successivi.

I FONDI DI PRODUTTIVITA’.

15. Occorre muovere dal rilievo che il nuovo fondo per la retribuzione di risultato era determinato in un importo pari alla somma dei precedenti fondi di produttività, come disciplinati, nel regime pubblicistico del rapporto di lavoro, dal D.P.R. n. 384 del 1990.

16. Tali fondi erano collegati al sistema delle “incentivazioni”, introdotto dal D.P.R. 25 giugno 1983, n. 348, in sostituzione dell’ex-istituto delle “compartecipazioni”.

17. Il suddetto D.P.R. n. 348 del 1983, artt. da 59 a 66, prevedeva la erogazione di “incentivazioni della produttività”, al fine di un miglioramento generale della qualità del servizio e della sua economicità (riduzione della spesa esterna). L’istituto, in estrema sintesi, era così articolato:

– i compensi venivano corrisposti a fronte dello svolgimento da parte degli operatori sanitari di attività autorizzate oltre l’orario di lavoro (in plusorario);

– il D.P.R. n. 348 del 1983, stabiliva tetti massimi settimanali di plusorario autorizzabile per ciascuna categoria di personale;

– la quantificazione del compenso avveniva ripartendo l’apposito “fondo di incentivazione”, costituito presso ciascuna USL, tra tre categorie di personale, secondo quote percentuali stabilite dal D.P.R. n. 348 del 1983: medici (categoria A), personale sanitario (categoria B), restante personale (categoria C);

– la liquidazione avveniva a consuntivo, essendo necessaria una fase di preventivo controllo sulla effettiva maggiore produttività ed una verifica delle disponibilità costituite dalle risorse affluite all’apposito fondo (per tutte: Consiglio di Stato sez. III, 11/10/2013, n. 4994)

18. Il D.P.R. n. 228 del 1987 – di rinnovazione del D.P.R. n. 348 del 1983, artt. 46,63,64 – aumentava a quattro le categorie tra le quali ripartire il fondo, introducendo la categoria A2)- biologici, chimici, fisici; tanto in attuazione della sentenza del Consiglio di Stato 28 aprile 1986 n. 308, che aveva annullato in parte qua il D.P.R. n. 348 dle 1983, evidenziando la necessità di dare un autonomo riconoscimento al personale non-medico laureato.

19. Con il D.P.R. n. 270 del 1987, accordo collettivo per il triennio 1985/1987, la categoria dei laureati non-medici veniva individuata come categoria B)- biologi, chimici, fisici, farmacisti, ingegneri, psicologi.

20. Il suddetto D.P.R. n. 270 del 1987, artt. 66 e segg. (artt. 101 e segg. per i medici) – prevedeva due forme di incentivazione della produttività, aggiungendo alla produttività D.P.R. n. 348 del 1983, ex artt. 59 e segg., la produttività “per obiettivi”, quest’ultima legata a singoli progetti e finanziata con un apposito fondo.

21. La L. 29 dicembre 1990, n. 407, art. 5, stabilì la decadenza dall’1 febbraio 1991 dei provvedimenti disposti in applicazione degli istituti economici e normativi del D.P.R. n. 270 del 1987, tra l’altro in relazione alle incentivazioni e l’obbligo di applicare dalla stessa data i corrispondenti istituti del D.P.R. n. 384 del 1990, limitatamente a situazioni di inderogabili esigenze operative.

22. Il D.P.R. n. 384 del 1990, artt. 57 e segg. (nonchè artt. 123 e segg. per i medici) – confermava la struttura del sistema incentivante: incentivazione (lettera a); produttività per obiettivi (lettera b).

L’INTERPRETAZIONE AUTENTICA DELL’ART. 61, COMMA DUE, LETTERA a) CCNL 1994/1997

23. L’excursus sin qui compiuto costituisce la premessa per una più chiara comprensione della norma di interpretazione autentica di cui al CCNL del 12.7.2001.

24. Ai fini della determinazione del fondo per la retribuzione di risultato, infatti, occorreva procedere alla ricognizione della quota dei precedenti fondi spettante al personale laureato non-medico ovvero alla ex-categoria B. Si trattava, infatti, del personale che con la privatizzazione era confluito nell’area della dirigenza non-medica del comparto SANITA’, nel cui ambito era sottoscritto il CCNL 1994/1997.

25. Con l’accordo di interpretazione autentica le parti sociali hanno precisato che il termine “quote storiche spettanti a ciascun ruolo”, utilizzato dall’art. 61, comma 2 lettera a) del CCNL 1994/1997, non è riferito a quanto “corrisposto” o “speso” dalle singole aziende nell’anno 1993, ma all’importo del fondo “spettante” a ciascun ruolo e dunque alle quote “originariamente determinate ai sensi del D.P.R. n. 384 del 1990, artt. 57 e segg., applicati immediatamente prima del passaggio al nuovo sistema della retribuzione di risultato”.

26. Come si legge nella premessa dell’accordo di interpretazione autentica, la espressione “quote storiche spettanti” era ispirata dal

fatto che il pagamento delle quote di produttività da parte delle aziende avveniva in epoca successiva all’anno di riferimento sicchè se la formazione dei fondi si fosse fondata sulle risorse “spese” nell’anno 1993 anzichè su quelle “spettanti” ne sarebbe derivato un indiretto abbattimento del fondo, non prefigurato dalla norma pattizia.

27. L’accordo di interpretazione autentica non ha risolto il contenzioso avviato dai dirigenti non medici; sulla questione si sono pronunciate le Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza 15 dicembre 2017, n. 30222, che ha superato il diverso orientamento in epoca precedente espresso dalla sezione lavoro (Cass. sez. lav. 21 novembre 2007, n. 24248; 2 marzo 2012, n. 3304; 26 ottobre 2012, n. 18463).

28. Le Sezioni Unite hanno chiarito che la “quota storica spettante” all’ex categoria B non deve essere determinata sulla base delle somme “virtuali” del precedente fondo di incentivazione delle attività svolte in plusorario, quali risultanti dalla applicazione del solo del D.P.R. n. 384 del 1990, art. 58, ma sulla base del cd. massimo spendibile, ovvero tenendo conto: da un lato, dei limiti massimi di plus orario settimanale (stabiliti dall’art. 61, comma 2, dello stesso D.P.R., in sette ore settimanali); dall’altro, del numero dei laureati non medici in servizio presso le singole Aziende nell’anno 1993 (ciò sul rilievo che essi sono in numero molto più limitato dei medici sicchè, a ragionare diversamente, avrebbero goduto di un trattamento superiore a questi ultimi, trascendendo di molto la logica perequativa che aveva condotto al riconoscimento della loro categoria).

29. In definitiva, secondo il principio enunciato dalle Sezioni Unite, la “quota storica” va determinata: sulla base del valore unitario del plus orario, definito nel D.P.R. n. 384 del 1990, art. 61, comma 7 moltiplicato per il numero massimo delle ore di plus orario consentito (dall’art. 61, comma 2 cit.) e per le unità di personale impegnato nell’attività incentivata.

30. Dal quadro sin qui tracciato emerge l’errore commesso dalla sentenza impugnata nell’affermare il valore decisivo nel senso della fondatezza dell’originaria domanda dei dirigenti non medici dell’accordo di interpretazione autentica.

31. A volere attribuire rilevanza all’accordo di interpretazione autentica, esso deporrebbe, anzi, in senso opposto. Nella premessa, infatti, detto accordo fa salve le pattuizioni decentrate nel frattempo intervenute, nei seguenti termini:

“che, pertanto, le parti ritengono che nel ricorso in atto si debba fare soprattutto riferimento all’accordo decentrato ed alle clausole ivi previste, vigente nell’azienda immediatamente prima dell’applicazione dell’art. 61 del CCNL”.

32. In sintesi:

– dalla norma di interpretazione autentica risulta che le “quote storiche” non fanno riferimento a quanto “speso” dalle Aziende nell’anno 1993;

– le Sezioni Unite hanno chiarito che la “quota storica” dell’ex gruppo B non deve essere determinata in misura astratta, ma secondo il criterio del “massimo spendibile” (id est: tenendo conto sia del limite di plusorario autorizzabile, pari a 7 ore settimanali, che del numero dei laureati non medici in servizio in ciascuna Azienda nell’anno 1993);

– resta aperta la diversa questione della rilevanza degli accordi regionali intervenuti, negli anni 1990/1993, a ridurre l’importo del fondo, come nella fattispecie di causa.

GLI ACCORDI REGIONALI.

33. Sulla questione questa Corte si è pronunciata con ordinanza dell’1 dicembre 2019 n. 3134.

34. Si è ivi ritenuta la inapplicabilità degli accordi regionali, in quanto la competenza ad intervenire sul fondo è riservata ai contratti collettivi nazionali di lavoro (al riguardo si è evidenziato che la determinazione del trattamento economico dei dirigenti, per costante giurisprudenza costituzionale, rientra nella materia dell’ordinamento civile, riservata alla competenza legislativa esclusiva statale). Gli accordi regionali, dunque, sarebbero applicabili soltanto limitatamente ai dirigenti che non erano ancora passati al sistema della retribuzione di risultato e fino al 30 giugno 1997, data fissata dall’art. 62, comma 9 CCNL 1994/1997 come ultimo momento per il passaggio al nuovo sistema.

35. Ritiene la Corte di dovere rimeditare tale principio.

36. Si discute del rilievo di una contrattazione decentrata che non riguardava i dirigenti già passati al regime della retribuzione di risultato nè si era svolta in epoca successiva al 30 giugno 1997 ma che era intervenuta nel regime pubblicistico, in epoca anteriore al CCNL 1994/1997.

37. Si tratta di stabilire se i fondi determinati per l’anno 1993 ai sensi del D.P.R. n. 384/1990 – ai quali rinviava l’art. 61, comma 2 letta a) CCNL 1994/1997 – dovessero tenere conto (o meno) degli accordi regionali conclusi sino a quella data.

38. Ritiene il Collegio che le parti collettive abbiano inteso riferirsi anche a detti accordi regionali.

39. La norma contrattuale utilizza la espressione “quote storiche”; il CCNL di interpretazione autentica del 12 luglio 2001 le definisce come quote “originariamente determinate ai sensi del D.P.R. n. 384 del 1990, artt. 57 e segg., applicati immediatamente prima del passaggio al nuovo sistema della retribuzione di risultato”.

40. Si tratta di una tecnica regolativa già utilizzata dalle leggi intervenute a contenere l’importo dei fondi dopo il D.P.R. n. 384 del 1990.

41. Il D.L. 11 luglio 1992, n. 333, art. 2, comma 3, convertito con modificazioni in L. 8 agosto 1992, n. 359, disponeva che le somme relative ai fondi di incentivazione previsti dai singoli accordi di comparto non potessero essere attribuite in misura superiore ai corrispettivi “stanziamenti di bilancio” per l’anno finanziario 1991.

42. L’anno successivo, della L. 24 dicembre 1993, n. 537, art. 8, comma 3, ha previsto che per il comparto della sanità, a decorrere dal 1 gennaio 1994, l’importo dei fondi di incentivazione di cui al D.P.R. 28 novembre 1990, n. 384, artt. 58 e 124, non può eccedere il 70 per cento degli “stanziamenti” relativi all’anno 1991.

43. Le disposizioni legislative hanno assunto, dunque, come riferimento il monte in precedenza “stanziato” in ciascuna azienda nell’anno 1991 ai fini del pagamento dell’emolumento.

44. Con la medesima tecnica il CCNL 1994/1997 ha inteso fare riferimento a quanto assegnato a ciascun gruppo di personale sotto il profilo “storico” e, dunque, anche in attuazione degli accordi regionali vigenti in ciascuna azienda prima della applicazione dell’art. 61.

45. Una diversa interpretazione comporterebbe che, in applicazione dell’art. 61 del CCNL 1994/1997, si dovrebbe procedere, ora per allora, ad un nuovo calcolo delle somme da destinare ai fondi di cui del D.P.R. n. 384 del 1990, artt. 57 e segg., con recupero ex post delle economie sino ad allora realizzate.

46. Tale effetto è stato escluso dalle parti collettive appunto con il prevedere il riferimento alle quote “storiche”.

47. Anche dalla interpretazione autentica risulta, in premessa, il riferimento delle parti collettive “all’accordo decentrato ed alle clausole ivi previste, vigente nell’azienda immediatamente prima dell’applicazione dell’art. 61 del CCNL”; si legge nel dispositivo che le quote storiche spettanti sono le quote “originariamente determinate ai sensi del D.P.R. n. 384 del 1990, artt. 57 e segg., applicati prima del passaggio al nuovo sistema della retribuzione di risultato”. Il riferimento è dunque all’applicazione del D.P.R. n. 384 del 1990, artt. 57 e segg., avvenuta immediatamente prima del passaggio al nuovo sistema.

48. La sentenza impugnata deve essere pertanto cassata, enunciando il seguente principio di diritto: ” Con riferimento alla formazione del fondo per la retribuzione di risultato, di cui all’art. 61, comma due, lettera a) CCNL 1994/1997 dell’area della dirigenza sanitaria, tecnica, professionale, amministrativa del comparto SANITA’, per quote storiche spettanti a ciascun ruolo si intendono quelle determinate sulla base degli accordi regionali vigenti in ciascuna azienda immediatamente prima dell’applicazione del suddetto art. 61″.

49. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, con il rigetto della domanda originaria.

50. Le spese dell’intero giudizio devono essere compensate tra le parti per la novità del principio affermato.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso.

Cassa la sentenza impugnata e – decidendo nel merito – rigetta la domanda originaria.

Compensa le spese dell’intero processo.

Così deciso in Roma, il 19 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 11 maggio 2021

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