Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12424 del 24/06/2020

Cassazione civile sez. VI, 24/06/2020, (ud. 16/01/2020, dep. 24/06/2020), n.12424

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE STEFANO Franco – Presidente –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – rel. Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 21775-2017 proposto da:

GEOM R. COSTRUZIONI SRL, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

SAN NICOLA DE’ CESARINI 3, presso lo studio dell’avvocato MACARIO

FRANCESCO, rappresentata e difesa dall’avvocato CATALDO DOMENICO;

– ricorrente –

contro

ZETA INVESTIMENTI SRL SOCIETA’ A SOCIO UNICO, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,

PIAZZA CAVOUR 17, presso lo studio dell’avvocato DEL NOSTRO

PATRIZIA, rappresentata e difesa dall’avvocato CASALEGNO PIERPAOLO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 264/2017 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

depositata il 24/02/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 16/01/2020 dal Consigliere Relatore Dott. VALLE

CRISTIANO, osserva.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Corte di Appello di Genova ha, con sentenza n. 00264 del 24/02/2017, per quanto ancora rileva in questa sede, confermato la sentenza del Tribunale della stessa sede che aveva rigettato la domanda della Geom. R. Costruzioni S.r.l. nei confronti della Zeta Investimenti S.r.l. (società a responsabilità limitata con socio unico ed assuntrice del concordato della GEPCO SALC S.p.a.) di risarcimento danni da ritardo nella consegna di bene mobile locato, costituito da un impianto per la produzione del calcestruzzo (impianto di betonaggio), perchè limitato al periodo 01/04/2003-14/07/2003 e per carenza di prova sui maggiori esborsi esposti, ed ha accolto la riconvenzionale di condanna della Zeta Investimenti S.r.l. al pagamento in suo favore dei canoni con penale giornaliera, ridotta equitativamente rispetto all’ammontare originario previsto in contratto.

Avverso la sentenza della Corte territoriale ricorre, con atto affidato a sei motivi, la Geom. R. Costruzioni S.r.l.

Resiste con controricorso la Zeta Investimenti S.r.l.

La società controricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c..

Il Collegio di questa Sez. VI – 3 originariamente investito della trattazione della causa aveva, con ordinanza interlocutoria n. 01015 del 16/01/2019, rinviato la causa a nuovo ruolo.

La causa è stata, quindi, chiamata all’adunanza camerale non partecipata del 16/01/2020.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il Collegio rileva che i dubbi sulla procedibilità, prospettati con ordinanza interlocutoria di questa Sez. VI – 3, ed incentrati sulla mancata produzione da parte del ricorrente, di copia notificata ed asseverata della sentenza impugnata, risultano dissipati a seguito dell’intervento delle Sezioni Unite(Sez. U n. 8312 del 25/03/2019) e, conseguentemente, il ricorso è procedibile.

Dei motivi di ricorso il primo attiene all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5 in relazione agli artt. 1176,1363,1375 e 2700 c.c.; il secondo, proposto, ugualmente, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5; agli artt. 1218,1223,1227,2697 e 2729 c.c.; il terzo,- denuncia censure di cui ai nn. 3 e 5 c.p.c. in relazione agli artt. 1218 e 2697 c.c.; il quarto mezzo deduce violazione e (o) falsa applicazione degli artt. 1382 e 1575 c.c.; il quinto afferma pure violazione e (o) falsa applicazione dell’art. 1382 c.c.; ed infine il sesto deduce omesso esame di fatto decisivo rilevante con riferimento alla penale.

Il primo motivo di ricorso è inammissibile.

La Corte d’Appello di Genova, nella sentenza gravata, conferma la conoscenza dello stato dei beni locati, sostanzialmente indisponibili, accettato all’atto del contratto, negando sussista prova di non funzionamento anche nell’ottobre 2003.

Il ricorso di legittimità omette di specificare quando il contenzioso in primo grado è iniziato e, in ogni caso, non censura adeguatamente il ragionamento decisorio della Corte territoriale, in particolare avuto riguardo alla clausola di esonero da responsabilità che la impresa qui ricorrente aveva sottoscritto in data 31/03/2003 – stipulando la locazione dei beni “nello stato in cui si trovano” esonerando la locatrice da “qualsivoglia responsabilità e/o garanzia per vii o difetti quand’anche occulti” – e limitandosi le censure restanti alla mera riproduzione di deduzioni in fatto e relative allo stato del bene locato, laddove la Corte territoriale ha motivato ampiamente sulla conoscenza che la Geom. R. S.r.l. aveva dello stato dell’impianto di betonaggio, per averlo già in precedenza utilizzato nel corso dei lavori svolti insieme all’impresa poi dichiarata fallita.

Il secondo motivo difetta, anch’esso, di specificità e, in particolare, omette di indicare adeguatamente ove la questione, che si trattava di contratto per la fornitura di calcestruzzo per la realizzazione di opere pubbliche (completamento autostrada Messina-Palermo), era stata posta nelle fasi di merito.

Nel resto il mezzo contiene deduzioni in fatto, inammissibili in sede di legittimità, circa la mancanza di idonea condotta di cooperazione da parte della società locatrice e censura, inammissibilmente, il mancato utilizzo del ragionamento presuntivo al fine di accertare il nesso causale.

Il terzo mezzo è inammissibile in quanto non adeguatamente specifico, e fondato sul presupposto, di cui al secondo motivo di ricorso (della cui carenza di specificità si è già detto), dell’avvenuta dimostrazione della sussistenza del nesso causale.

Esso, inoltre, prospetta solo una possibile conseguenza della (auspicata) fondatezza dei primi due motivi di ricorso, omettendo di censurare l’alternativa decisoria.

La Corte ha affermato, infatti, che la documentazione costituita da fatture dimostrava l’acquisto di altro impianto di betonaggio e non che la Geom. R. S.r.l. aveva dovuto approvvigionarsi altrove di calcestruzzo e che, comunque, la prospettata fornitura di calcestruzzo da impresa terza fosse stata causata dalla necessità di sopperire al mancato funzionamento dell’impianto locato.

Il quarto motivo, formulato quale violazione e (o) falsa applicazione degli artt. 1382 e 1575 c.c., è inammissibile sia perchè censura, anch’esso, solo una delle possibili conseguenze dell’auspicabile fondatezza dei primi due motivi, sia in quanto non indicara7 dove e quando la questione in esso prospettata sia stata posta alla Corte territoriale ed omette di riportare specificamente il testo contrattuale, quantomeno nella parte relativa alla clausola penale, al quale fa riferimento.

Il quinto ed il sesto mezzo vertono, parimenti, sulla penale contrattuale, richiamando ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 (il quinto mezzo) e n. 5 (il sesto motivo), l’art. 1382 c.c..

I motivi sono entrambi inammissibili, in quanto carenti di specificità in punto di mancata riproduzione del testo contrattuale di riferimento e non novità della domanda, ossia non indicano dove e quando, nelle fasi di merito, le questioni prospettate sono state poste e, comunque, per avere la Corte territoriale adeguatamente motivato sia sulla adeguatezza dell’ammontare monetario della clausola penale in rapporto al canone locativo, di novecento Euro al giorno, sia in relazione alla sua riduzione effettuata dal giudice di prime cure, che l’aveva rideterminata in Euro cento al giorno a fronte di un’originaria pattuizione di cinquecento Euro, ai sensi dell’art. 1384 c.c..

Il ricorso deve, conclusivamente, essere dichiarato del tutto inammissibile.

Le spese seguono la soccombenza della ricorrente, e tenuto conto del valore della causa, sono liquidate come da dispositivo.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

PQM

dichiara inammissibile il ricorso;

condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali, che liquida in Euro 10.200,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario al 15%, oltre CA e IVA per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 3 della Corte Suprema di Cassazione, il 16 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 24 giugno 2020

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