Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12422 del 24/06/2020

Cassazione civile sez. VI, 24/06/2020, (ud. 16/01/2020, dep. 24/06/2020), n.12422

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE STEFANO Franco – Presidente –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – rel. Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 482-2019 proposto da:

P.R., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA SESTIO CALVINO

33, presso lo studio dell’avvocato BOSCO ANTONINO, rappresentato e

difeso dagli avvocati CONVENTO SABRINA, SCATTOLIN MAURIZIO;

– ricorrente –

contro

PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO, in persona del Presidente pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA FEDERICO CONFALONIERI 5,

presso lo studio dell’avvocato MANZI LUIGI, rappresentata e difesa

dall’avvocato ASCHBACHER KURT;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 242/2018 della CORTE D’APPELLO di TRENTO,

depositata il 17/10/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 16/01/2020 dal Consigliere Relatore Dott. POSITANO

GABRIELE.

Fatto

RILEVATO

Che:

con atto di citazione del 29 settembre 2014, P.R. evocava in giudizio la Provincia autonoma di Trento per sentirla condannare, ai sensi degli artt. 2043 o 2051 c.c., al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti in occasione dell’incidente verificatosi l’8 luglio 2012. Aggiungeva che, mentre percorreva la strada statale a bordo del proprio motociclo, era caduto a causa di un paletto che sporgeva dalla massicciata posta sulla destra della carreggiata. Si costituiva la Provincia autonoma di Trento, chiedendo il rigetto della pretesa, in quanto il paletto in oggetto consisteva nel vecchio supporto per i pali di ancoraggio della segnaletica stradale verticale, posto oltre la linea di margine della strada, sporgendo di circa 10 cm dalla parete di sostegno. Per tale motivo, non sarebbe stato di intralcio alla normale circolazione, mentre il sinistro doveva ritenersi conseguenza di un errore di guida dell’attore;

il Tribunale di Trento, con sentenza n. 865 del 2017, riteneva sussistente la natura insidiosa della res, condannando la Provincia al risarcimento del danno ai sensi dell’art. 2051 c.c.;

con atto di citazione del 22 novembre 2017, la Provincia Autonoma di Trento proponeva appello, deducendo l’errata valutazione del materiale probatorio, l’ingiusta attribuzione di responsabilità ai sensi dell’art. 2051 c.c. e l’erronea liquidazione del danno e delle spese di lite. Si costituiva il danneggiato, chiedendo il rigetto del gravame;

con sentenza del 17 ottobre 2018, la Corte d’Appello di Trento escludeva che il paletto costituisse una insidia non invadendo la carreggiata. L’ostacolo avrebbe dovuto essere evitato con l’uso di una ordinaria diligenza di guida. Conseguentemente riteneva che il sinistro si era verificato per disattenzione o imprudenza dell’appellato. Pertanto, in accoglimento dell’appello proposto, rigettava le domande avanzate da P.R., che condannava al pagamento delle spese di lite e di consulenza medico legale;

avverso tale decisione propone ricorso per cassazione P.R., affidandosi a due motivi. Resiste con controricorso la Provincia autonoma di Trento, che illustra con memoria.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

preliminarmente va esaminata la questione relativa all’inammissibilità del ricorso sollevata dalla resistente, in quanto il ricorrente avrebbe prestato acquiescenza alla sentenza impugnata. In particolare, a seguito della pubblicazione della sentenza impugnata era intervenuto uno scambio di proposte tra le parti al fine di addivenire ad una soluzione bonaria della vicenda. Da ultimo, con comunicazione PEC dell’odierna controricorrente del 6 novembre 2018, era stato proposto di chiudere la vicenda dietro il pagamento, da parte del P., della somma oggetto di condanna ridotta del 10%, con l’ulteriore condizione che il pagamento intervenisse entro il mese di novembre 2018. Con successiva PEC del 14 novembre 2018, il difensore di P. accettava la proposta, richiedendo, però, una ulteriore riduzione dell’importo che, tuttavia, veniva disattesa con successiva comunicazione del 19 novembre 2018 della Provincia. In data 29 novembre 2018, poi, l’odierno ricorrente, per il tramite del proprio legale, comunicava di avere corrisposto alla controparte il totale importo oggetto di condanna, senza approfittare dello sconto offerto con la precedente missiva. Sulla base di tali elementi si sarebbe perfezionato un accordo transattivo, avendo l’odierno ricorrente corrisposto l’importo entro il mese di novembre 2018, con ciò rinunciando alla proposizione del ricorso per cassazione;

l’eccezione è infondata sotto due profili. In primo luogo, l’accordo tra le parti deve avere ad oggetto una proposta e una accettazione conforme, mentre, nel caso di specie, alla controproposta del 6 novembre 2018, è stata contrapposta una nuova proposta, oggetto della comunicazione del 14 novembre 2018 da parte del P., con la quale la si subordinava all’accettazione di controparte dell’ulteriore riduzione dell’importo oggetto della condanna disposta dalla Corte territoriale. Ma tale controproposta non ha avuto esito favorevole poichè non è intervenuta alcuna accettazione conforme, in quanto la PAT ha comunicato che “non avrebbe potuto accordare alcun ulteriore sconto al signor P.”. Rispetto a tale profilo, la circostanza che il pagamento sia intervenuto (nell’importo determinato con lo sconto del 10% e non dell’importo integrale) entro il mese di novembre 2018, costituisce un aspetto irrilevante, in difetto di perfezionamento di un valido accordo e comunque non potendo costituire tale condotta uno spontaneo adempimento in difetto delle condizioni di legge. In secondo luogo, non ricorre neppure l’oggetto di una transazione, intesa quale reciproca concessione di riduzioni o altri vantaggi, in quanto il pagamento dell’intero importo non conterrebbe alcuna utilità diversa da quella della parte che non intenda addivenire ad alcun accordo bonario e decida, al contrario, di impugnare la decisione, come nel caso di specie;

con il primo motivo si lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 la violazione dell’art. 2051 c.c.. La Corte d’Appello, in contrasto con quanto statuito dal giudice di prime cure e dalla giurisprudenza di legittimità, avrebbe posto a fondamento della decisione una valutazione relativa alla circostanza se il paletto in ferro, che sporgeva dalla massicciata, dovesse o meno essere considerato insidia e se tale insidia fosse o meno visibile e prevedibile;

con il secondo motivo si lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti e rilevante ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5. La Corte territoriale avrebbe erroneamente ritenuto inattendibile la testimonianza di tale C.M.;

il primo motivo è inammissibile, perchè non si confronta con la decisione impugnata, che individua nella condotta del danneggiato la causa esclusiva dell’evento (in corretta applicazione dei principi ribaditi, da ultimo, da Cass. ordd. nn. 2478, 2480 e 2482 del 2018), in considerazione dell’ubicazione del paletto esterno alla carreggiata, sulla base di una valutazione in fatto non sindacabile in sede di legittimità;

il secondo motivo è inammissibile, perchè la valutazione delle prove esula dal perimetro dell’art. 360 c.p.c., n. 5, ed il giudizio di attendibilità del teste è di esclusiva pertinenza del giudice di merito;

nello stesso modo il vizio di motivazione non è sindacabile sulla base del testo vigente della norma invocata (art. 360 c.p.c., n. 5);

ne consegue che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile; le spese del presente giudizio di cassazione – liquidate nella misura indicata in dispositivo – seguono la soccombenza. Infine, tenuto conto del tenore della decisione, mancando ogni discrezionalità al riguardo (Cass. Sez. U. 27/11/2015, n. 24245), va dichiarato che sussistono i presupposti per il pagamento del doppio contributo se dovuto.

PQM

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese in favore della controricorrente, liquidandole in Euro 5.300,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sesta Terza Sezione-3 della Corte Suprema di Cassazione, il 16 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 24 giugno 2020

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