Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12421 del 24/06/2020

Cassazione civile sez. VI, 24/06/2020, (ud. 16/01/2020, dep. 24/06/2020), n.12421

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE STEFANO Franco – Presidente –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – rel. Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 35756-2018 proposto da:

N.I., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MASURIO

SABINO 12, presso lo studio dell’avvocato D’ONOFRIO LUISA,

rappresentata e difesa dall’avvocato D’ONOFRIO FRANCESCA;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI FONDI, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA DELLE FORNACI 38, presso lo studio

dell’avvocato RASO ANDREA, che lo rappresenta e difende unitamente

all’avvocato FERRARO PATRIZIA;

– controricorrente –

contro

ASSOCIAZIONE CULTURALE CENTRO ARISTICO CIAIKOVSKI;

– intimata –

avverso la sentenza n. 6937/2017 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 02/11/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 16/01/2020 dal Consigliere Relatore Dott. GABRIELE

POSITANO.

Fatto

RILEVATO

Che:

con atto di citazione del 4 aprile 2006, N.I. evocava in giudizio, davanti al Tribunale di Latina, Sezione distaccata di Terracina, il Comune di Fondi, per sentir accertare la responsabilità dell’amministrazione comunale, quale ente proprietario del Palazzetto dello sport, per i danni subiti dall’attrice, in occasione di un incidente verificatosi il 25 giugno 2005, alle 22:00, quando la stessa era nel palazzetto dello sport per assistere al saggio di danza della nipote. Improvvisamente era scivolata per terra, mentre era intenta a scendere le scale di accesso ai posti degli spettatori. Deduceva, quindi, la responsabilità esclusiva del Comune ai sensi degli artt. 2051 e 2043 c.c., in quanto la caduta sarebbe stata determinata dalla mancanza di strisce antiscivolo sui gradini, nonchè dall’assenza di illuminazione adeguata degli stessi e di corrimano, anche perchè i primi gradini sarebbero stati occupati da una cassetta antincendio. Si costituiva il Comune di Fondi, contestando la domanda, chiamando in causa l’associazione culturale Centro Artistico Ciaikovskij, in quanto, alla data in oggetto, la struttura sportiva era utilizzata da tale associazione. Quest’ultima si costituiva contestando la fondatezza della pretesa;

il Tribunale di Latina, Sezione distaccata di Terracina, con sentenza del 27 giugno 2011, accoglieva la domanda dichiarando l’esclusiva responsabilità dell’amministrazione comunale e respingeva quella proposta da quest’ultima nei confronti dell’associazione culturale;

con atto di citazione in appello del 21 ottobre 2011, il Comune di Fondi proponeva impugnazione e si costituiva la N. chiedendo il rigetto del gravame. L’associazione culturale rimaneva contumace;

la Corte d’Appello di Roma, con sentenza del 2 novembre 2017, riformava la decisione del Tribunale, respingendo la domanda proposta da N.I., condannandola alla restituzione dell’importo ricevuto e al pagamento delle spese di lite, compensando quelle nei rapporti tra l’amministrazione comunale e l’associazione culturale;

avverso tale decisione propone ricorso per cassazione N.I. affidandosi a quattro motivi; resiste con controricorso il Comune di Fondi; entrambe le parti depositano memoria ex art. 380-bis c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

Che:

con il primo motivo si deduce la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. e dell’art. 2729 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3, 4 e 5, per travisamento e omesso e non corretto esame delle prove. La Corte d’Appello sarebbe partita dal presupposto errato che il fatto lamentato dall’attrice sarebbe stato descritto in maniera diversa da quanto poi emerso dalle risultanze processuali. In particolare, l’appellata non avrebbe allegato, nè che le scale erano scarsamente illuminate, nè che mancava o era deteriorata la gomma antiscivolo di rivestimento, nè che vi erano altri ostacoli. Al contrario, già nell’atto di citazione la N. avrebbe dedotto che i gradini erano di materiale gommoso deteriorato e, soprattutto, privi di adeguata illuminazione. Se il collegio avesse esaminato con attenzione la documentazione fotografica prodotta, avrebbe escluso ogni forma di contraddizione tra quanto riferito dal figlio dell’attrice e quanto dedotto da quest’ultima: la scala teatro del sinistro era sempre la medesima e il teste C.R., figlio dell’attrice, non avrebbe descritto luoghi differenti, come emergerebbe dall’esame delle fotografie. In sostanza, ricorrerebbe l’ipotesi di travisamento della prova. Il collegio, inoltre, non avrebbe valutato correttamente le prove dedotte dall’attrice, ma ne avrebbe dato una lettura distorta, fondando la decisione sulle dichiarazioni testimoniali del figlio della stessa, senza esaminare il contenuto delle altre dichiarazioni testimoniali. Se è vero che spetta ai giudice di merito valutare la sussistenza di una prova per presunzioni, purchè ricorrano i requisiti di gravità, precisione e concordanza, è consentito alla parte ricorrere per cassazione, lamentare l’omessa valutazione delle prove decisive dedotte. In presenza di una prova legale, al giudice sarebbe inibita ogni valutazione del contenuto della stessa;

con il secondo motivo si deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, la violazione degli artt. 115 c.p.c. e dell’art. 2051 c.c.. In particolare, l’amministrazione comunale non avrebbe provato la sussistenza del caso fortuito, a fronte della dimostrazione del nesso causale e del danno, da parte dell’attrice. Sotto altro profilo la decisione sarebbe contraddittoria, in quanto il presupposto della pericolosità della res emergerebbe dalla relazione tecnica di ufficio, che aveva evidenziato l’esistenza di una scalinata non illuminata, un corrimano solo a partire dal terzo gradino, l’esistenza di una scatola dell’idrante che occupava i primi due gradini, e una serie di ulteriori elementi fattuali attestanti l’insidiosità della cosa;

con il terzo motivo si lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, in relazione alla violazione dell’art. 80 TULPS, del D.M. 18 marzo 1996, art. 17 e dell’art. 2051 c.c.. La consulenza espletata in primo grado avrebbe evidenziato due profili decisivi: l’assenza della licenza di agibilità e della documentazione attestante il collaudo del Palazzetto dello sport. Ricorrerebbe pertanto una presunzione originaria di mancata adeguatezza dell’impianto in questione, con conseguente responsabilità oggettiva del custode, ai sensi dell’art. 2051 c.c.;

con il quarto motivo si lamenta, ai sensi dell’art. 360, n. 3 e n. 4 c.p.c., la violazione dell’art. 91 c.p.c.. Nella sorte capitale oggetto di restituzione sarebbero già ricomprese le spese di lite di primo grado, per cui l’ulteriore condanna al pagamento di tali spese processuali costituirebbe una ingiustificata duplicazione di voci;

il ricorso è inammissibile. Il primo motivo è dedotto in violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 6, riguardo al contenuto dell’atto di citazione, che, comunque, riguarda profili ritenuti non decisivi dal giudice di appello. In particolare, sotto il primo profilo, parte ricorrente si limita a riferire di avere dedotto, già con l’atto di citazione, che i gradini di accesso agli spalti erano di materiale gommoso deteriorato e che l’illuminazione non era adeguata, precisando che tali elementi sarebbero presenti nell’atto di citazione (rispettivamente a pagina 1 e a pagina 3), ma senza trascrivere quanto dedotto, senza allegare il documento menzionato e senza localizzare lo stesso all’interno del fascicolo di legittimità. Ancora più generiche sono le indicazioni riferite al contenuto della “prima memoria istruttoria e delle memorie conclusionali”, omettendo di fornire qualsiasi ulteriore indicazione. Ciò a fronte della puntuale trascrizione dei passaggi essenziali del contenuto dell’atto di citazione presenti a pagina 3 della sentenza impugnata, laddove il giudice di appello evidenzia che il fatto dannoso è “stato originariamente descritto dalla stessa parte attrice in modo diverso da quanto poi emerso, sì da far sorgere perplessità sulla sua dinamica effettiva”. In ogni caso, il riferimento al materiale degli spalti e ad una generica insufficienza della illuminazione riguarda un aspetto che, nell’ambito della decisione della Corte, appare certamente non rilevante, in quanto il profilo decisivo, secondo il giudice di secondo grado, è quello della condotta colpevolmente incauta e disattenta della parte danneggiata (in corretta applicazione dei principi affermati, da ultimo, da Cass. ordd. nn. 2478, 2480 e 2482 del 2018), mentre la circostanza che l’incidente era avvenuto a spettacolo iniziato da tempo spiegherebbe la scarsa illuminazione dello stato dei luoghi (per lasciare illuminato il palco dove si svolgeva la rappresentazione) e tale circostanza imponeva una maggiore cautela e attenzione da parte di chi, arrivando in ritardo, doveva accomodarsi nei sedili. Rimane pertanto irrilevante perfino la circostanza dedotta come oggetto di travisamento e cioè che l’incidente si sarebbe verificato in un punto diverso da quello descritto dal figlio dell’attrice, sentito quale testimone;

per il resto la censura costituisce un terzo grado di giudizio, richiedendosi alla Corte di legittimità di rivalutare l’intero materiale probatorio, mentre le censure relative all’art. 2729 c.c. non sono dedotte secondo i canoni richiesti dalla giurisprudenza di legittimità e riguardano la mancata valutazione di prove non definibili come “legali”: il giuramento (artt. 2738), la confessione (art. 2733 e 2735), l’atto pubblico (art. 2670), la scrittura privata (artt. 2702, 2715, 2716 e 2719) e le presunzioni legali, assolute e relative (art. 2728);

il secondo motivo non coglie la ratio decidendi, che, per quanto già detto con riferimento al precedente motivo, individua nel fatto della danneggiata la causa esclusiva dell’evento, mentre non assumono rilievo gli elementi relativi alla pericolosità della cosa, poichè sotto tale profilo, la ricorrente non si confronta con la decisione impugnata;

il terzo motivo è dedotto in violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 6, riguardo alla documentazione urbanistica e comunque attiene a profili non decisivi ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, norma che riguarda l’omessa valutazione di un fatto storico e non di elementi istruttori, dinanzi alla ricostruzione di una esclusione del nesso di causalità con la cosa custodita;

anche il quarto motivo è dedotto in violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 6, riguardo alla presunta duplicazione di somme oggetto di condanna, non consentendo questa Corte di valutare la decisività delle deduzioni oggetto della censura,

le considerazioni svolte in memoria dalla ricorrente nulla aggiungono a quanto già dedotto;

ne consegue che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile; le spese del presente giudizio di cassazione liquidate nella misura indicata in dispositivo – seguono la soccombenza. Infine, tenuto conto del tenore della decisione, mancando ogni discrezionalità al riguardo (Cass. Sez. U. 27/11/2015, n. 24245) va dichiarato che sussistono i presupposti per il pagamento del doppio contributo se dovuto.

PQM

dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese in favore del controricorrente, liquidandole in Euro 5.200,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115l, art. 13, comma 1-quater, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sesta Terza Sezione-3 della Corte Suprema di Cassazione, il 16 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 24 giugno 2020

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA