Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12421 del 09/05/2019

Cassazione civile sez. I, 09/05/2019, (ud. 20/02/2019, dep. 09/05/2019), n.12421

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TIRELLI Francesco – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – rel. Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sui ricorso 16867/2015 proposto da;

Comune di Canosa di Puglia, in persona del Sindaco pro tempore,

domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria Civile

della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’avvocato

Fasano Giorgio, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

S.R., S.F., S.M., in proprio e nella

qualità di eredi di P.M., elettivamente domiciliati

in Roma, Via Casilina n. 561, presso lo studio dell’avvocato

Corvasce Antonio, rappresentati e difesi dall’avvocato Nasca

Pasquale, giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 748/2014 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 20/05/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

20/02/2019 dal Cons. Dott. PARISE CLOTILDE.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza n. 748/2014 pubblicata il 20/5/2014, la Corte d’Appello di Bari, pronunciando in unico grado, accoglieva la domanda proposta da S.F., S.R., S.M. e P.M., determinava in complessivi Euro 133.201,51, oltre interessi legali dal 16-12-2005 al saldo, l’indennità di esproprio e l’indennità di occupazione legittima dovute dal Comune di Canosa di Puglia e ordinava al suddetto Comune il deposito di detta somma presso la Cassa Depositi e Prestiti a disposizione degli attori, in proporzione alle rispettive quote della successione ereditaria di S.G. e previa detrazione di quanto eventualmente già versato in precedenza. La Corte d’appello di Bari determinava le indennità oggetto di causa in conformità al calcolo di valore di mercato effettuato dal CTU riferito alla data del decreto di esproprio, distinguendo la parte edificabile da quella agricola. I Giudici d’appello, per quanto interessa nel presente giudizio, in ordine alle osservazioni del C.T.P. del Comune ing. M. quanto all’indice di fabbricabilità della parte edificabile, affermavano che i rilievi del suddetto C.T.P. erano stati implicitamente disattesi dal C.T.U. ed in ogni caso ne rilevavano l’astrattezza e la mancanza di persuasività intrinseca. La Corte territoriale evidenziava altresì il comportamento processuale, ritenuto significativo ai sensi dell’art. 116 c.p.c., del suddetto consulente di parte, il quale non aveva partecipato alle attività di chiarimento e non aveva sottoposto, in detta fase, i propri rilievi al diretto contraddittorio del C.T.U.. Infine la Corte d’appello di Bari non operava la riduzione del 25% del valore venale del bene ai sensi del D.P.R. n. 327 del 2001, art. 37, comma 1, richiamando l’orientamento di questa Corte secondo il quale non ricorrono i presupposti per l’applicazione di detta norma in caso di procedimento di espropriazione adottato per realizzare un programma di edilizia convenzionale.

2. Avverso questa sentenza, il Comune di Canosa di Puglia propone ricorso, affidato a tre motivi, resistiti con controricorso da S.F., S.R. e S.M., in proprio e nella qualità di eredi di P.M..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo il Comune ricorrente lamenta “falsa applicazione dell’art. 116 cpv. c.p.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, nella parte in cui la Corte territoriale ha ritenuto indubbiamente significativo il comportamento processuale del consulente di parte del Comune di Canosa di Puglia, ing. M.G.”. Ad avviso del ricorrente poichè la consulenza tecnica d’ufficio era stata disposta ed espletata prima della riforma dell’art. 195 c.p.c., introdotta dalla L. n. 69 del 2009, art. 46, il deposito della consulenza di parte dell’ing. M., avvenuto il 20-5-2010, era stato rituale. Detta ritualità risultava confermata dal provvedimento giudiziale della stessa Corte d’appello con il quale veniva conferito al C.T.U. l’incarico di supplemento peritale anche con riferimento alle osservazioni del consulente di parte del Comune, oltre che per la determinazione dell’indennità di esproprio alla data di notifica del provvedimento ablatorio. Il consulente di parte del Comune era stato presente a tutti gli incontri fissati dal C.T.U. ed avvenuti dal settembre al novembre 2009, tranne che al primo, per assenza giustificata. Ad avviso dell’Ente ricorrente il comportamento processuale dell’ing. M. era stato ineccepibile e non integrava un elemento da valutare negativamente ai sensi dell’art. 116 c.p.c..

2. Con il secondo motivo il Comune lamenta “violazione dell’art. 111 Cost. e dell’art. 132 c.p.c., n. 4, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per motivazione apparente, nella parte in cui la Corte territoriale ha fatto proprie le conclusioni della consulenza tecnica d’ufficio e, a fronte di precise e circostanziate critiche del consulente di parte, non le ha in alcun modo prese in considerazione”. Secondo la prospettazione del ricorrente la Corte d’appello si era limitata ad affermare che negli accertamenti supplementari il C.T.U. aveva implicitamente tenuto conto delle osservazioni del convenuto, disattendole. Invece il consulente d’ufficio non aveva affatto esaminato le osservazioni delle parti e il supplemento peritale conteneva solo il nuovo calcolo del valore di mercato del suolo al momento dell’esproprio. Ad avviso del Comune ricorrente le osservazioni critiche espresse dall’ing. M. a pag. 6 della sua relazione e riportate testualmente nel ricorso, nella parte rilevante ai fini di causa, sono specifiche e dettagliate e si riferiscono all’errata indicazione dell’indice di fabbricabilità. Inoltre il Comune richiama le pagine 9 e 10 della relazione e la tabella allegata n. 6 della relazione del suddetto C.T.P., evidenziando che quest’ultimo aveva tenuto conto, nel calcolare il valore con il costo medio di un metro quadrato di costruzione, di diversi parametri (indice medio di edificabilità comprensoriale, classe demografica del comune, ubicazione dell’area, mercato edilizio della zona caratteristiche proprie del terreno ed estensione dell’area in valutazione) ed era pervenuto ad un risultato che si discostava di molto da quello ottenuto dal C.T.U..

3. Con il terzo motivo il Comune ricorrente lamenta “violazione del D.P.R. n. 327 del 2001, art. 37, comma 1, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nella parte in cui la Corte non ha riconosciuto l’abbattimento del 25% del valore dell’area espropriata”. Ad avviso del ricorrente, ed in conformità a quanto affermato dal CTU, la realizzazione del P.E.E.P. rappresenta un intervento di riforma economico-sociale e questa connotazione del piano deliberato dal Comune di Canosa di Puglia emerge sia dalla stessa L. n. 167 del 1962 che dalla relazione illustrativa datata 25-1-1964, allegata alla CTU, predisposta per il Comune dal tecnico arch. D.B..

4. I primi due motivi, da esaminarsi congiuntamente stante la loro connessione, sono in parte inammissibili ed in parte infondati.

4.1. Le censure, pur se formulate con riferimento alla violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, si risolvono in doglianze relative alla valutazione delle risultanze istruttorie, che rientra nei compiti istituzionali del giudice di merito, il quale è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove che ritenga più attendibili e idonee alla formazione dello stesso e di disattendere taluni elementi ritenuti incompatibili con la decisione adottata (Cass. n. 24589/2005 e Cass. n. 20442/2006). Ai fini della congruità della motivazione, è sufficiente che da questa risulti che il convincimento si sia realizzato attraverso una valutazione dei vari elementi processualmente acquisiti, considerati nel loro complesso, anche senza un’esplicita confutazione degli altri elementi non menzionati e non accolti, anche se allegati, purchè risulti logico e coerente il valore preminente attribuito, sia pure per implicito, a quelli utilizzati. La consulenza tecnica di parte costituisce una semplice allegazione difensiva, priva di autonomo valore probatorio (Cass. n. 26305/2018) e ricorre il vizio ex art. 360 c.p.c., n. 5, per omesso esame di un fatto storico decisivo e oggetto di discussione tra le parti, solo qualora non siano state prese in considerazione dal giudice di merito critiche specifiche e circostanziate alla consulenza tecnica d’ufficio (Cass. ri.15147/2018). Peraltro l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass. n. 27415-2018).

4.2. Nel caso di specie la Corte d’appello ha preso in esame i rilievi del consulente tecnico del Comune concernenti l’indice di fabbricabilità, ritenendoli “astratti” e “privi di persuasività estrinseca”. Anche nel presente giudizio il ricorrente, riproponendo la questione dell’errata indicazione dell’indice di fabbricabilità mediante la trascrizione di parte del testo della consulenza di parte, non indica a quale strumento di pianificazione urbanistica si riferisca, nè riporta le parti della consulenza d’ufficio censurate su tale specifico dato.

In assenza di critiche puntuali e circostanziate alla consulenza tecnica d’ufficio, dunque, non sussiste il vizio motivazionale denunciato, richiamati i principi di diritto sopra esposti, e, sotto tale profilo, le censure sono inammissibili.

4.3. Le doglianze, sotto altro profilo, sono infondate, atteso che, pur non trovando applicazione ratione temporis nel caso di specie l’art. 195 c.p.c., come novellato dalla L. n. 69 del 2009, art. 46, la Corte territoriale ha fatto riferimento alla mancata partecipazione del C.T.P. del Comune all’attività di supplemento peritale, svoltasi successivamente alla data di deposito della consulenza tecnica di parte (20-5-2010), mentre il Comune allega che la presenza dell’ing. M. sia stata costante negli incontri avvenuti fino al 23-11-2009, ossia in periodo precedente. Il convincimento della Corte territoriale si è in ogni caso formato attraverso una valutazione dei vari elementi processualmente acquisiti, considerati nel loro complesso, e non è dato apprezzare l’incidenza causale del vizio lamentato, prospettato come violazione dell’art. 116 cpv. c.p.c., esaurendosi in tal modo la doglianza nell’invito ad una diversa ricostruzione dei fatti e ad una diversa valutazione delle prove.

5. Anche il terzo motivo non merita accoglimento.

Questa Corte ha affermato, con orientamento costante a cui si intende dare continuità, che “In tema di espropriazione per pubblica utilità, ove il procedimento sia adottato per realizzare un piano di zona per l’edilizia economica e popolare, non sussiste il presupposto dell’intervento di riforma economico-sociale, che giustifica la riduzione del 25 per cento del valore venale del bene ai fini della determinazione dell’indennità, dovendo esso riguardare l’intera collettività o parti di essa geograficamente o socialmente predeterminate ed essere, quindi, attuato in forza di una previsione normativa che in tal senso lo definisca” (Cass. n. 2774-2012; Cass. 1621-2016).

Nel caso di specie, esattamente speculare a quelli scrutinati con le citate pronunce, non ricorrono i suddetti presupposti ed è incontroverso che il procedimento ablatorio fosse finalizzato a realizzare il P.E.E.P..

6. Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

7. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, giusta dello stesso art. 13 comma 1-bis.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del presente giudizio, liquidate in Euro 5.000 per compensi e in Euro 200 per esborsi, oltre oneri di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, giusta dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 20 febbraio 2019.

Depositato in Cancelleria il 9 maggio 2019

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