Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1242 del 17/01/2019

Cassazione civile sez. VI, 17/01/2019, (ud. 10/10/2018, dep. 17/01/2019), n.1242

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8276-2017 proposto da:

C.G., C.M., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA

LUTEZIA 5, presso lo studio dell’avvocato RODOLFO ROMEO,

rappresentati e difesi dall’avvocato GIANCARLO PASINI giusta procura

a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

R.F., C.I., R.D., R.M.G.,

domiciliati in ROMA presso la Cancelleria della Corte di Cassazione,

rappresentati e difesi dall’avvocato CARLO CAPARRINI in virtù di

procura in calce al controricorso;

– controricorrenti –

e contro

M.L., CA.GI.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1749/2016 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 06/10/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

10/10/2018 dal Consigliere Dott. MAURO CRISCUOLO.

Lette le memorie depositate dai ricorrenti.

Fatto

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE

Con atto di citazione M.L. e Ca.Gi. convenivano in giudizio R.D., C.I., R.F. e R.M.G., assumendo che l’immobile da essi acquistato (adibito ad uso abitativo), dichiarato esente da irregolarità costruttive nell’atto di compravendita, nonchè dalla necessità di lavori tali da richiedere licenze o concessioni in sanatoria, in realtà sconfinava sulla proprietà demaniale, con mancato rispetto delle distanze legali. Ciò impediva agli attori di ottenere dal Comune il certificato di abitabilità e pertanto chiedevano la condanna dei convenuti a provvedere a loro spese a tutto quanto necessario per ottenere il certificato, o in subordine al pagamento della corrispondente somma relativa al pregiudizio subito dagli stessi come deprezzamento dello stesso immobile.

I convenuti si costituivano in giudizio affermando che l’immobile era stato così acquistato dal costruttore del complesso immobiliare, la C.M. di C.M. e C. snc in liquidazione, e aggiungevano che il prezzo del contratto di compravendita teneva conto delle qualità dell’immobile, accettato dagli acquirenti nello stato di fatto e di diritto, e che l’impedimento a ottenere il certificato era eventualmente imputabile al solo costruttore. Pertanto richiedevano il rigetto della domanda e la chiamata in causa della società C. snc, nonchè dei soci C.M. e C.G., al fine di essere garantiti.

Si costituivano la società ed i soci personalmente affermando che il posizionamento del fabbricato discendeva dalla concessione edilizia, chiesta e ottenuta da Z.G., B.A. e B.R., precedenti proprietari dell’immobile, che all’atto di vendita dello stesso ne avevano garantito la libertà da gravami e diritti dei terzi; di conseguenza chiedevano e ottenevano l’autorizzazione a chiamarli in giudizio. Questi, costituitisi, negavano le contestazioni affermando che la C. snc era proprietaria dell’immobile dal 1989 e che i lavori in questione erano stati eseguiti in virtù di una concessione rilasciata solo nel 1993.

Il Tribunale di Rimini, svolta l’istruttoria, con la sentenza n. 1492/2009 condannava in solido R.D., C.I., R.F. e R.M.G. al pagamento, in favore degli attori, della somma di Euro 47.090,00 – corrispondente alla quota millesimale di loro proprietà – oltre rivalutazione e interessi legali dal 21/2/2007 al saldo, nonchè delle spese processuali liquidate in Euro 377,00 per spese, oltre quelle di CTU, se anticipate come da quietanza, Euro 2.000,00 per competenze, Euro 4.000,00 per onorari oltre accessori di legge. Inoltre condannava la C.M. di C.M. e C. snc, C.M. e C.G. a rifondere ai convenuti quanto dagli stessi corrisposto agli attori, per effetto della sentenza, nonchè al pagamento delle spese processuali in favore di questi, liquidandole in Euro 200,00 per spese, Euro 2.000,00 per competenze, Euro 4.000,00 per onorari, oltre accessori di legge. Infine, rigettava la domanda di manleva di questi ultimi, condannandoli al rimborso delle spese di lite in favore dei chiamati, Z.G., B.A. e B.R., liquidate in Euro 6.200,00 per competenze, Euro 4.000,00 per onorari, oltre accessori di legge.

C.M. e C.G. proponevano appello avverso tale sentenza, chiedendone l’integrale riforma; R.D., C.I., R.F. e R.M.G. si costituivano in giudizio per chiedere il rigetto dell’appello principale e proporre appello incidentale. Si costituivano, infine, B.R., B.A. e Z.G. per chiedere la conferma della sentenza impugnata. M.L. e Ca.Gi., attori in primo grado, non si costituivano, pertanto venivano dichiarati contumaci.

La Corte d’Appello di Bologna, con la sentenza n. 1749/2016 respingeva i primi tre motivi dell’appello principale, e accoglieva parzialmente il quarto, relativo alla quantificazione dei danni; inoltre rigettava l’appello incidentale, ad eccezione del terzo motivo. Quindi, in parziale riforma della sentenza impugnata, condannava i convenuti R.D., C.I., R.F. e R.M.G. in solido al pagamento, in favore di M.L. e Ca.Gi., di una quota della somma di Euro 40.741,30, in misura corrispondente alla quota millesimale di loro proprietà, oltre rivalutazione e interessi legali dal 21/2/2007 al saldo. Inoltre condannava la C.M. di C.M. e C. snc, C.M. e C.G. a rifondere a R.D., C.I., R.F. e R.M.G., quanto dagli stessi corrisposto agli attori, per effetto della sentenza. Infine, condannava M.L. e Ca.Gi., anche in solido tra loro, al pagamento nella misura di un quarto delle spese di giudizio del grado di appello in favore di C.M. e C.G., da quantificare ex D.M. n. 55 del 2014, per l’intero in Euro 3.308,00 oltre al 15% quale rimborso spese generali, oneri e accessori di legge, nonchè al pagamento delle spese di giudizio nella misura di un quarto in favore di R.D., C.I., R.F. e R.M.G., da quantificare ex D.M. n. 55 del 2014, per l’intero in Euro 3.308,00 oltre al 15% quale rimborso spese generali, oltre oneri e accessori di legge.

Propongono ricorso C.M. e C.G., quali soci della disciolta C.M. di C.M. e C. snc, per la cassazione della sentenza d’appello sulla base di due motivi. Resistono con controricorso R.D., C.I., R.F. e R.M.G..

Il primo motivo del ricorso di C.M. e C.G. denuncia l’omesso esame, ovvero la mancanza assoluta di motivazione, circa il motivo di appello che censurava la sentenza di primo grado per non aver detratto dall’importo della condanna risarcitoria i costi inerenti all’autorizzazione allo scarico fognario ed al rifacimento della fognatura esistente, in quanto piuttosto imputabili ad una scelta gestoria del Condominio di ampliare l’area scoperta.

Reputa il Collegio che il motivo sia fondato, come peraltro già affermato da questa Corte nel precedente n. 15980/2018, che ha ad oggetto diversi ricorsi, proposto dagli stessi ricorrenti,

avverso sentenza che ha avuto modo di occuparsi di una vicenda perfettamente sovrapponibile a quella oggi in esame. Ove, come nel caso in esame, sia stata affidata ad un consulente tecnico dal giudice di primo grado la determinazione del quantum del risarcimento del danno patrimoniale da inadempimento, e la parte rimasta soccombente abbia proposto gravame, contestando le valutazioni peritali con riguardo a singole voci risarcitorie (nella specie, i costi inerenti al rifacimento della fognatura), sia in ordine all’esistenza del pregiudizio lamentato che al diretto nesso causale con la condotta illecita, il giudice d’appello è comunque tenuto a rispondere alle censure tecnico valutative, mosse dall’appellante, sicchè l’omessa pronuncia al riguardo dà luogo al vizio di omesso esame di fatti storici principali decisivi, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, trattandosi di circostanze che, ove valutate, avrebbero potuto comportare una diversa decisione su uno degli elementi costitutivi della domanda risarcitoria (Cass. Sez. U, 07/04/2014, n. 8053).

Con il secondo motivo di ricorso i ricorrenti contestano la violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione all’art. 336 c.p.c..

A fondamento della doglianza si deduce che la Corte d’appello, pur accogliendo il quarto motivo dell’appello principale ed avendo riformato parzialmente la sentenza di primo grado, si è limitata a disciplinare le sole spese del giudizio di appello, senza preoccuparsi altresì di intervenire sulle spese del giudizio di primo grado.

Il motivo è parimenti fondato.

Ed, invero conformemente ai precedenti richiamati dalla difesa dei ricorrenti, costituisce principio assolutamente consolidato quello per il quale (cfr. da ultimo Cass. n. 1775/2017) in materia di liquidazione delle spese giudiziali, il giudice d’appello, mentre nel caso di rigetto del gravame non può, in mancanza di uno specifico motivo di impugnazione, modificare la statuizione sulle spese processuali di primo grado, allorchè riformi in tutto o in parte la sentenza impugnata, è tenuto a provvedere, anche d’ufficio, ad un nuovo regolamento di dette spese alla stregua dell’esito complessivo della lite, atteso che, in base al principio di cui all’art. 336 c.p.c., la riforma della sentenza del primo giudice determina la caducazione del capo della pronuncia che ha statuito sulle spese.

Nel caso di specie, essendo intervenuta una sia pur parziale, riforma della decisione di prime cure, la Corte territoriale avrebbe dovuto obbligatoriamente pronunciarsi sulle spese di entrambi i gradi di merito, sicchè la limitazione della decisione in solo grado di appello, impone, in accoglimento del motivo, la cassazione della sentenza.

La sentenza impugnata deve pertanto essere cassata, con rinvio, anche per la liquidazione delle spese del presente giudizio, ad altra Sezione della Corte d’Appello di Bologna.

PQM

Accoglie il ricorso e cassa la sentenza impugnata, con rinvio, anche per le spese del presente giudizio, ad altra Sezione della Corte d’Appello di Bologna.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 10 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 17 gennaio 2019

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA