Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12419 del 24/06/2020

Cassazione civile sez. VI, 24/06/2020, (ud. 16/01/2020, dep. 24/06/2020), n.12419

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE STEFANO Franco – Presidente –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – rel. Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 30990-2018 proposto da:

D.M.L., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

CAVALIERE ANGELO;

– ricorrente –

contro

ANAS SPA – AZIENDA NAZIONALE AUTONOMA DELLE STRADE, in persona del

Presidente pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

ANASTASIO II, 416, presso lo studio dell’avvocato RADICIONI STEFANO,

che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3023/2018 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 09/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 16/01/2020 dal Consigliere Relatore Dott. POSITANO

GABRIELE.

Fatto

RILEVATO

Che:

con atto di citazione del 24 settembre 2012, Anas S.p.A. proponeva appello avverso la sentenza del 21 luglio 2011 con la quale il Tribunale di Latina aveva accolto la domanda proposta, in suo danno, da D.M.L. con condanna della convenuta al pagamento della somma di Euro 9000 circa, per i danni subiti dall’attore, a causa di un incidente verificatosi il 27 luglio 2000, su una strada di servizio, in corrispondenza dello svincolo della strada (OMISSIS), con direzione Latina-Aprilia;

con l’atto di appello Anas S.p.A. rilevava l’errore del primo giudice nel non aver adeguatamente valutato le risultanze processuali e, in particolare, la circostanza che l’incidente si era verificato a causa di un tombino posto su uno spazio interdetto alla circolazione, sicchè il sinistro doveva ritenersi causato esclusivamente dall’imprudenza o imperizia del ciclista o, quantomeno, per concorso di colpa;

si costituiva D.M.L., che chiedeva dichiararsi l’inammissibilità dell’appello ai sensi dell’art. 342 c.p.c. o, in subordine, il rigetto;

con sentenza del 9 maggio 2018, la Corte d’Appello di Roma riteneva fondato il gravame;

avverso tale decisione propone ricorso per cassazione D.M.L. affidandosi a due motivi che illustra con memoria. Resiste con controricorso Anas S.p.A..

Diritto

CONSIDERATO

Che:

con il primo motivo si lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione l’art. 2051 c.c.. Il sinistro sarebbe stato provocato dalla buca costituita dalla differenza di quota tra il piano stradale superiore e un tombino, pari a circa 15 cm. Il dislivello sarebbe ubicato all’interno dell’area zebrata, che costituisce la zona di presegnalamento di un’isola di traffico, entro la carreggiata, come previsto all’art. 150 C.d.S.. Su tale area non sarebbe consentita la sosta, ma sarebbe permesso il transito. Pertanto, sarebbe errato il richiamo all’art. 3 C.d.S., n. 49, menzionato dalla Corte capitolina, in quanto “è ben notorio” che la zona di presegnalazione di isole di traffico è transitabile. Inoltre, nella zona zebrata, non sarebbe possibile l’avvistamento della differenza di altezza tra la sede viaria ed il tombino;

con il secondo motivo si deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione, oltre che dell’art. 2051 c.c. citato, anche degli artt. 1227 e 2043 c.c. La Corte capitolina avrebbe violato anche tali ultime disposizioni in quanto la condotta del danneggiato può escludere quella del custode solo quando si caratterizzi per eccezionalità, imprevedibilità e inevitabilità. Ma Anas S.p.A. non avrebbe fornito la prova che la condotta del danneggiato avesse tali requisiti, per cui il giudice di appello avrebbe potuto, in mera ipotesi, affermare anche un concorso nella determinazione dei danni;

il vizio dedotto è solo apparentemente di sussunzione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3; in realtà si censura la ricostruzione in fatto, deducendosi, in maniera assertiva, che l’area nella quale si trovava i(tombino sarebbe quella della zona di “presegnalazione”, zebrata, che consentirebbe il transito, ma non la sosta ex art. 150 C.d.S.. Nello stesso modo si contesta la individuazione del punto in questione nella zona costituente, spartitraffico non carrabile, ai sensi dell’art. 3 C.d.S., comma 49, come ritenuto dalla Corte d’Appello;

tale ricostruzione fattuale non è censurabile in Cassazione nei termini in cui è stata dedotta, richiedendo, cioè, alla Corte di legittimità di rivalutare il materiale probatorio e addivenire ad una ricostruzione in fatto diversa rispetto a quella dei giudici di merito;

inoltre, la violazione della norma da ultimo richiamata viene dedotta sulla base del notorio, riguardo alla circostanza che l’area in questione sarebbe transitabile. Il fatto notorio non è applicabile – così, come, invece, dedotto – all’ipotesi di violazione di legge, trattandosi di profilo relativo all’esperienza concreta di una pluralità di individui, e non all’aspetto tecnico e giuridico dell’individuazione della disciplina applicabile ad una determinata area stradale;

il giudice di appello ha fondato la motivazione sull’esclusiva efficacia causale della condotta di chi percorre una zona interdetta alla circolazione – oltretutto adeguatamente segnalata – e tanto basta ad escludere la fondatezza del secondo motivo, dovendosi ribadire (in applicazione dei principi puntualizzati, da ultimo, da Cass. nn. 2478, 2480 e 2482 del 2018) che la corte territoriale ha escluso la sussistenza del nesso causale, attesa la accettazione del rischio da parte del ciclista che percorra la zona zebrata nella quale è richiesto un dovere di cautela ulteriore e specifico;

le considerazioni oggetto della memoria ex art. 380-bis c.p.c. non scalfiscono le valutazioni che precedono;

ne consegue che il ricorso deve essere rigettato; le spese del presente giudizio di cassazione – liquidate nella misura indicata in dispositivo – seguono la soccombenza. Infine, tenuto conto del tenore della decisione, mancando ogni discrezionalità al riguardo (Cass. Sez. U. 27/11/2015, n. 24245), v’i dichiarato che sussistono i presupposti per il pagamento del doppio contributo se dovuto.

PQM

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese in favore della controricorrente, liquidandole in Euro 2.300,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sesta Terza Sezione-3 della Corte Suprema di Cassazione, il 16 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 24 giugno 2020

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