Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12410 del 08/06/2011

Cassazione civile sez. un., 08/06/2011, (ud. 24/05/2011, dep. 08/06/2011), n.12410

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITTORIA Paolo – Primo Presidente f.f. –

Dott. DE LUCA Michele – Presidente di Sezione –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. CECCHERINI Aldo – Consigliere –

Dott. MACIOCE Luigi – Consigliere –

Dott. CURCURUTO Filippo – Consigliere –

Dott. AMOROSO Giovanni – Consigliere –

Dott. MORCAVALLO Ulpiano – Consigliere –

Dott. TIRELLI Francesco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso per regolamento preventivo iscritto al NRG 19796/2010

proposto da:

Haus & Grund Deutschland – Zentralverband der Deutschen

Haus,

Wohnungs und Grundeigentumer e V., elettivamente domiciliata in Roma,

via parigi 11, presso lo studio dell’avv. Uva Saverio, che la

rappresenta e difende per procura in atti;

– ricorrente –

contro

Haus & Grundeigentum & Consulting srl e Haus &

Grundeigentum Medten

GmbH;

– intimate –

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

24/5/2011 dal Relatore Cons. Francesco Tirelli;

Sentito l’avv. UVA;

Letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del

Sostituto Procuratore Generale dott. PATRONE Ignazio il quale ha

concluso per la dichiarazione del difetto di giurisdizione del

giudice italiano.

La Corte:

Fatto

RILEVATO IN FATTO E DIRITTO

che con ricorso per regolamento di giurisdizione l’Associazione nazionale Haus & Grund Deutschland – Zen-tralverband der Deutschen Haus, Wohnungs und Grundei-gentumer e. V. ha riferito che lamentando l’illecito utilizzo del proprio marchio “Haus & Grund” da parte della sua ex associata Haus & Grundeigentum Hannover C. V, e delle altre società ad essa collegate Haus & Grundeigentum Service GmbH e Haus &. Grundeigentum Komfortleben GmbH, si era rivolta al Tribunale (Landesgericht) di Bochum, che aveva però rigettato le sue domande con sentenza poi confermata dalla Corte di appello (Oberlandesgericht) di Hamm; che aveva fatto allora ricorso alla Corte di cassazione (Bun-desgerichtshof), che aveva cassato la pronuncia impugnata e rinviato la causa alla Corte di appello, che con sentenza in data 31/3/2009 aveva ordinato la cessazione dell’utilizzo del marchio, condannando le convenute al risarcimento di tutti i danni cagionati;

che sulla base di tale sentenza, aveva inviato diffida, oltre che alle originarie controparti, anche alla Haus & Grundei-gentum Medien GmbH, che era rimasta estranea alla vicenda giudiziaria, intimandole di astenersi da ogni ulteriore utilizzo del marchio;

che la Haus & Grundeigentum Medien GmbH aveva tuttavia respinto la diffida, costringendola così a convenirla davanti al Tribunale di Braunschweig;

che come risultava anche dalle dichiarazioni rilasciate alla stampa, nelle more del predetto giudizio la società convenuta e le altre che avevano partecipato alla prima fase processuale avevano elaborato una strategia dilatoria consistita innanzitutto nel costituire a Messina, il 12/11/2009, una società fittizia denominata Haus & Grundeigentum Marketing & Consulting;

che a distanza di neanche un mese e, più precisamente, con sentenza del 9/12/2009 il Landesgericht di Braunschweig aveva ordinato alla Haus & Grundeigentum Medien GmbH di cessare l’utilizzo del marchio, condannandola al pagamento di un’ammenda ed alla comunicazione dei dati necessari alla quantificazione del pregiudizio patito dall’attrice;

che il 7/1/2010, la Haus & Grundeigentum Medien GmbH l’aveva, unitamente alla srl Haus & Grundeigentum Marketing & Consulting, convenuta davanti al Tribunale di Messina per sentir accertare che non era derivato alcun danno dall’utilizzo del marchio;

che si trattava all’evidenza di un’azione pretestuosa, intentata al solo e dichiarato scopo di bloccare il giudizio in corso in Germania;

che il successivo 5/3/2010 la Haus & Grundeigentum Medien GmbH aveva, infatti, interposto appello contro la sentenza del Landesgericht di Braunschweig, chiedendo alla Oberlan-desgericht di voler sospendere il giudizio; che su tali presupposti, la Haus & Grund Deutschland – Zen-tralverband der Deutschen Haus, Wohnungs und Grundei-gentumer e.

V. ha chiesto alla Suprema Corte di voler dichiarare il difetto di giurisdizione del giudice italiano sulla controversie pendente davanti al Tribunale di Messina; che le società intimate non hanno svolto attività difensiva, mentre il PG ha concluso per la dichiarazione del difetto di giurisdizione del giudice italiano;

che così riassunte le rispettive posizioni delle parti e premesso, altresì, che i fatti narrati dalla ricorrente possono essere presi a base della decisione perchè supportati da copiosa documentazione, oltre che sostanzialmente avvalorati dal contenuto (assai generico) della citazione notificata dalle intimate, osserva innanzitutto il Collegio che secondo quanto affermato anche dalla Corte di giustizia CE (v. sentenza del 6/12/1994, resa in causa C-406/92, Tatry), sussiste identità di causa fra la controversia promossa per accertare la dannosità di un determinato comportamento del convenuto e la controversia da costui proposta per far accertare che dal predetto comportamento non è invece derivato alcun pregiudizio all’attore (v. al riguardo pure C. cass. 2009/11532, che ha ravvisato un rapporto di litispendenza fra la domanda volta ad ottenere la dichiarazione di responsabilità e la condanna del convenuto ai danni ed una precedente domanda del medesimo convenuto volta ad ottenere l’accertamento negativo della propria responsabilità, nonchè C. cass. 2007/11185, che ha più in generale sostenuto la predicabilità della litispendenza per tutte le cause riguardanti il medesimo rapporto giuridico);

che al fine di evitare la formazione di giudicati contrastanti, il Regolamento CE n. 44/2001 ha riprodotto quanto già previsto dalla Convenzione di Bruxelles, stabilendo con l’art. 27 che “qualora davanti a giudici di Stati membri differenti e tra le stesse parti siano state proposte domande aventi il medesimo oggetto e il medesimo titolo, il giudice successivamente adito sospende di ufficio il procedimento finchè sia stata accertata la competenza del giudice adito in precedenza. Se la competenza del giudice preventivamente adito è stata accertata, il giudice successivamente adito dichiara la propria incompetenza a favore del primo”;

che ne deriva, dunque, un sistema in forza del quale è il giudice della causa proposta per prima che si deve interrogare sulla propria giurisdizione, in ordine alla cui sussistenza o meno anche le parti possono esercitare tutte le facoltà loro riconosciute dalla legge, ivi compresa quella di ottenere ai sensi dell’art. 41 cod. proc. civ. una pronuncia della Suprema Corte al riguardo (C. cass. 2002/14769);

che il giudice della causa proposta successivamente deve invece limitarsi a sospendere il giudizio e, quindi, a declinare la propria giurisdizione nel caso in cui sia stata definitivamente accertata quella del primo giudice; che a questo proposito, non si è mai dubitato della possibilità di presentare istanza di regolamento per far dichiarare dalla Suprema Corte il difetto di giurisdizione del giudice italiano che non l’abbia declinata dopo l’accertamento della competenza del giudice adito per primo; che a diversa conclusione, invece, è pervenuta questa Suprema Corte per quel che riguarda la sussistenza del rapporto di litispendenza, l’individuazione del giudice adito per primo ed il conseguente obbligo del secondo di sospendere il giudizio pendente davanti a lui;

che secondo C. cass. 1998/1514, 1999/274, 2001/37, 2002/7299 e 2007/1185 si tratterebbe, infatti, di questioni non concernenti la giurisdizione, ma la disciplina del processo, in quanto non concernenti la potestà di decidere la causa, bensì la possibilità di proseguirne o meno la trattazione; che in considerazione di quanto sopra, le anzidette pronunce hanno pertanto ritenuto non proponibile il regolamento preventivo di giurisdizione, ma soltanto quello di competenza che, com’è noto, può essere per di più proposto soltanto contro le ordinanze che dispongono la sospensione e non contro quelle che, invece, la negano; che la dottrina ha criticato tale soluzione, definendola come il frutto di un errore metodologico che configurava la litispendenza internazionale come una nuova ipotesi di sospensione necessaria senza rendersi conto che, invece, si trattava di una questione di giurisdizione perchè finiva con il sottrarre potere decisorio ad un giudice che, in tesi, avrebbe potuto pronunciarsi sul merito delle domande proposte dalle parti che, in tal modo, venivano oltretutto private della facoltà di provocare un controllo sulla mancata sospensione del processo, cui potevano avere indubbiamente interesse per le più svariate ragioni;

che non è mancato nemmeno chi ha riguardato le predette pronunce come l’espressione di un approccio diffidente, se non addirittura di un disfavore per la norma regolamentare, che è stata pertanto interpretata in un’ ottica restrittiva, ispirata da concezioni più tradizionaliste che, oramai, non sembrano più predicabili perchè superate dall’evolversi dei tempi e della sensibilità socio- giurìdica; che alla luce di tale mutato assetto normativo, economico e culturale, in cui si avverte sempre più maggiormente l’appartenenza ad una comunità sovranazionale, il primato de suo diritto e l’esigenza di darvi pronta e fedele attuazione, ritiene il Collegio di dover rimeditare il precedente indirizzo, attribuendo all’art. 27 del Regolamento CE n. 44/2001 il senso di una disposizione sulla giurisdizione, della quale comporta una sorta di difetto temporaneo in quanto sostanzialmente diretta a privare il giudice successivamente adito della sua potestas iudicandi per tutto il tempo necessario all’accertamento della competenza del giudice preventivamente adito;

che una volta impostato in questi termini il problema, si deve per l’effetto ammettere la proponibilità dell’istanza di cui all’art. 41 cod. proc. civ. pure con riferimento alla sospensione o meno del processo ed ai suoi presupposti che, sostanzialmente, riguardano tutti una questione di giurisdizione;

che oltre ad essere la più aderente alla finalità della norma, la predetta conclusione risulta anche la più garantista sia per quel che riguarda l’applicazione della normativa comunitaria, perchè consente alla Suprema Corte di controllare l’operato del giudice di merito pure nella ipotesi in cui ritenga di non disporre la sospensione, sia per quanto concerne la posizione delle parti che, per lo stesso motivo, possono far subito bloccare la prosecuzione di un giudizio destinato, invece, ad esaurirsi, evitando così un inutile dispendio di risorse ed energie;

che in applicazione di tali principi, va pertanto disposta la sospensione della causa promossa davanti al Tribunale di Messina dalle società Haus & Grundeigentum Medien GmbH e Haus &

Grundeigentum Marketing & Consulting, che essendo stata iniziata davanti al giudice italiano dopo l’introduzione e nella pendenza in Germania dell’azione risarcitoria da parte della Haus & Grund Deutschland – Zen-tralverband der Deutschen Haus, Wohnungs und Grundei-gentumer e. V. deve considerarsi, rispetto ad essa, come quella successivamente instaurata;

che sussiste, infatti, fra di esse la necessaria identità di petitum e parti, essendo al riguardo ininfluente la presenza, nella causa italiana, della srl Haus & Grundeigentum Marketing & Consulting, di cui può ritenersi il carattere fittizio in ragione della data della sua costituzione nonchè della mancanza di prova in ordine all’effettivo svolgimento di una qualche attività e della disponibilità, a tal fine, di locali, personale ed attrezzature;

che le intimate vanno condannate al pagamento delle spese de presente procedimento, liquidando le stesse in complessivi 6.700,00 Euro, 200,00 dei quali per esborsi,oltre gli accessori di legge.

P.Q.M.

LA CORTE A SEZIONI UNITE pronunciando sul ricorso, dispone che il processo pendente davanti al Tribunale di Messina resti sospeso fino all’accertamento sulla competenza del giudice tedesco preventivamente adito e condanna le società intimate al pagamento delle spese del presente procedimento, liquidando le stesse in complessivi 6.700,00 Euro, 200,00 dei quali per esborsi,oltre gli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 24 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 8 giugno 2011

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