Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12409 del 11/05/2021

Cassazione civile sez. trib., 11/05/2021, (ud. 12/02/2021, dep. 11/05/2021), n.12409

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Presidente –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – rel. Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –

Dott. CHIESI Gian Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 27790/2014 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con

domicilio eletto in Roma, via Dei Portoghesi, n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato;

– ricorrente –

contro

C.L., rappresentato e difeso giusta delega in atti dall’avv.

Antongiorgio Litterio con domicilio eletto presso l’avv. Giorgia

Marsicano in Roma, Viale delle Milizie n. 9;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della

Lombardia, sez. staccata di Brescia n. 3939/66/14 depositata il

15/07/2014 notificata in data 24/09/2014;

Udita la relazione della causa svolta nell’adunanza camerale del

12/02/2021 dal Consigliere Roberto Succio.

 

Fatto

RILEVATO

che:

– con la sentenza impugnata la CTR bresciana respingeva quasi integralmente l’appello dell’Ufficio con ciò confermando in gran parte la illegittimità degli atti impugnati, avvisi di accertamento per IRPEF, IVA ed IRAP 2006 e 2007 e rettificava unicamente i versamenti a fondo di pensione complementare – come richiesto dall’Ufficio – in Euro 5.000 ed escludendo la debenza delle sanzioni;

– tale atto era emesso D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 39, comma 2 e si fondava sulla omessa presentazione delle prescritte dichiarazioni tributarie e sulle risultanze della verifica condotta dalla GdF;

– ricorre a questa Corte l’Amministrazione Finanziaria con atto affidato a un solo motivo; resiste con controricorso – illustrato da memoria – il contribuente.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– con l’unico motivo di ricorso si denuncia ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 6, comma 3, del D.P.R. n. 435 del 2001, art. 3, comma 6 nonchè del D.P.R. n. 435 del 2001, art. 3, commi 9 e 10 per avere la CTR ritenuto non applicabili al contribuente le sanzioni stante l’esclusiva responsabilità del consulente infedele, Dott. D.M., condannato per truffa; deduce, inoltre, la violazione della L. n. 423 del 1995, art. 1 per aver ritenuto la responsabilità dell’intermediario ancorchè il contribuente non avesse chiesto, in inosservanza della procedura ivi stabilita, la sospensione della sanzione;

– va disattesa, preliminarmente, la dedotta eccezione di inammissibilità del motivo, specifico e puntualmente riferito alla decisione impugnata, che non si risolve in una censura di fatto ma in un errore di diritto sull’esatta applicazione delle norme in epigrafe, delle condizioni e dell’onere della prova a carico del contribuente;

– quanto al dedotto giudicato interno in relazione al merito della pretesa impositiva è sufficiente rilevare che la doglianza investe esclusivamente la sanzione, da cui la delimitazione del perimetro delle questioni ancora rilevanti;

– il motivo oltre che ammissibile è fondato;

– deve premettersi che in questo caso non si discute di sanzioni per omesso pagamento dei tributi oggetto di dichiarazioni debitamente presentate, ma di sanzioni irrogate a seguito di rideterminazione officiosa del reddito e del volume d’affari del contribuente, a seguito di omissione della presentazione delle dichiarazioni; tanto si evince sia dalla sentenza impugnata, sia dagli atti di parte in questo giudizio di Legittimità;

– ciò posto, si osserva come questa Corte abbia anche di recente e in plurime occasioni confermato come (Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 12901 del 15/05/2019) in tema di sanzioni amministrative per violazioni tributarie, ai fini dell’esclusione di responsabilità per difetto dell’elemento soggettivo, grava sul contribuente ai sensi del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 5 la prova dell’assenza assoluta di colpa, con conseguente esclusione della rilevabilità d’ufficio, occorrendo a tal fine la dimostrazione di versare in stato di ignoranza incolpevole, non superabile con l’uso dell’ordinaria diligenza;

– conseguentemente, non è sufficiente la mera volontarietà del comportamento sanzionato, essendo richiesta anche la consapevolezza del contribuente, a cui deve potersi rimproverare di aver tenuto un comportamento, se non necessariamente doloso, quantomeno negligente. E’ comunque sufficiente la coscienza e la volontà della condotta, senza che occorra la dimostrazione del dolo o della colpa, la quale si presume fino alla prova della sua assenza, che deve essere offerta dal contribuente e va distinta dalla prova della buona fede, che rileva, come esimente, solo se l’agente è incorso in un errore inevitabile, per essere incolpevole l’ignoranza dei presupposti dell’illecito e dunque non superabile con l’uso della normale diligenza (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 2139 del 30/01/2020);

– nel caso che ci occupa, la CTR ha accertato in fatto come le violazioni che hanno condotto all’accertamento e alla irrogazione delle sanzioni constavano nella presentazione delle dichiarazioni da parte del consulente incaricato con ritardo superiore a 90 giorni, di guisa che le stesse risultavano omesse (pag. 1 riga 17 della sentenza impugnata);

– il caso quindi è ben diverso dalla fattispecie nella quale il consulente incaricato trae in inganno il contribuente, ad esempio consegnando a questi documentazione ideologicamente o materialmente falsa dalla quale si evinca, contro verità, la redazione della dichiarazione e il connesso versamento dei tributi, come espressamente si chiarisce in controricorso (pag. 15 dell’atto), in quanto il contribuente non ebbe mai a chiedere tal documentazione al proprio consulente incaricato Dott. D.M.;

– come è noto infatti, il D.P.R. n. 435 del 2001, art. 3 prevede al comma 10 che “la prova della presentazione della dichiarazione è data dalla comunicazione dell’Agenzia delle entrate attestante l’avvenuto ricevimento della dichiarazione presentata in via telematica direttamente o tramite i soggetti di cui ai commi 2-bis e 3, ovvero dalla ricevuta della banca, dell’ufficio postale o dalla ricevuta di invio della raccomandata di cui al comma 5”;

– e quanto all’adempimento degli obblighi dichiarativi questa Corte ha precisamente statuito che (Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 11832 del 09/06/2016) il contribuente non assolve agli obblighi tributari con il mero affidamento ad un commercialista del mandato a trasmettere in via telematica la dichiarazione alla competente Agenzia delle Entrate, essendo tenuto a vigilare affinchè tale mandato sia puntualmente adempiuto, sicchè la sua responsabilità è esclusa solo in caso di comportamento fraudolento del professionista, finalizzato a mascherare il proprio inadempimento;

– poichè quindi nel presente caso il contribuente non ebbe mai a esercitare il dovuto e non inesigibile controllo sul commercialista delegato, la sua responsabilità per le sanzioni, sotto il profilo della colpa, non può escludersi non risultando sufficiente per mandarlo esente il dolo del delegato poichè ove egli ne avesse sorvegliato l’operato (quantomeno richiedendo copia delle ricevute di trasmissione delle dichiarazioni) l’evento omissivo poteva scoprirsi e il contribuente poteva porvi rimedio;

– e viceversa, ove a fronte delle richieste di consegnare copia delle ricevute, il consulente avesse fraudolentemente fornito documentazione falsa, allora necessariamente si doveva concludere per l’inapplicabilità delle sanzioni, difettando in tal caso anche l’elemento soggettivo della colpa in capo al contribuente;

– alla luce delle considerazioni che precedono, l’autonoma dissertazione posta nel motivo con riguardo alla violazione della L. n. 423 del 1995, art. 1 è assorbita;

– conclusivamente deve statuirsi che la CTR, nel non fare applicazione dei sopra esposti principi, ha commesso errore di diritto;

– in accoglimento del ricorso, quindi, la sentenza è cassata con rinvio al giudice dell’appello per nuovo esame nel rispetto di quanto sopra illustrati.

P.Q.M.

accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia in diversa composizione che statuirà anche quanto alle spese del presente giudizio di Legittimità.

Così deciso in Roma, il 12 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 11 maggio 2021

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