Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12408 del 17/05/2017
Cassazione civile, sez. VI, 17/05/2017, (ud. 22/03/2017, dep.17/05/2017), n. 12408
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –
Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –
Dott. CORRENTI Vincenzo – rel. Consigliere –
Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –
Dott. ABETE Luigi – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 12933-2016 proposto da:
D.S.G.A., elettivamente domiciliata in ROMA,
PIAZZA DEI MARTIRI DI BELFIORE 2, presso lo studio dell’avvocato
ANGELO STEFANORI, che lo rappresenta e difende;
– ricorrenti –
contro
C.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA BALDO DEGLI
UBALDI 250, presso lo studio dell’avvocato MARCELLO CORRIMI, che la
rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 6563/2015 della CORTE D’APPELLO di ROMA,
depositata il 25/11/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio, non
partecipata del 22/03/2017 dal Consigliere Dott. VINCENZO CORRENTI.
Fatto
FATTO E DIRITTO
D.S.G.A. propone ricorso per cassazione contro C.A., che resiste con controricorso, avverso la sentenza della corte di appello di Roma che ha rigettato il gravame a sentenza del tribunale di Velletri, sezione di Frascati, che, a sua volta, aveva rigettato la domanda di usucapione in mancanza di prova.
La ricorrente denunzia, col primo motivo, violazione degli artt. 1140 e 1158 c.c. e, col secondo, degli artt. 115 e 246 c.p.c..
Le censure, non risolutive, non meritano accoglimento limitandosi a contrapporre una propria tesi alle affermazioni contenute nella sentenza.
Per la configurabilità del possesso “ad usucapionem”, è necessaria la sussistenza di un comportamento continuo, e non interrotto, inteso inequivocabilmente ad esercitare sulla cosa, per tutto il tempo all’uopo previsto dalla legge, un potere corrispondente a quello del proprietario o del titolare di uno “ius in re aliena” (ex plurimis Cass. 9 agosto 2001 n.11000), un potere di fatto, corrispondente al diritto reale posseduto, manifestato con il compimento puntuale di atti di possesso conformi alla qualità e alla destinazione della cosa e tali da rilevare, anche esternamente, una indiscussa e piena signoria sulla cosa stessa contrapposta all’inerzia del titolare del diritto (Cass. 11 maggio 1996 n. 4436, Cass. 13 dicembre 1994 n. 10652).
Nè è denunciabile, in sede di legittimità, l’apprezzamento del giudice di merito in ordine alla validità degli eventi dedotti dalla parte, al fine di accertare se, nella concreta fattispecie, ricorrano o meno gli estremi di un possesso legittimo. idoneo a condurre all’usucapione (Cass. 1 agosto 1980 n. 4903, Cass. 5 ottobre 1978 n. 4454), ove, come nel caso, sia congruamente logica e giuridicamente corretta.
Alla cassazione della sentenza si può giungere solo quando la motivazione sia incompleta, incoerente ed illogica e non quando il giudice del merito abbia valutato i fatti in modo difforme dalle aspettative e dalle deduzioni di parte (Cass. 14 febbraio 2003 n. 2222).
La domanda di usucapione è stata correttamente respinta sia perchè non era stato dimostrato l’inizio del possesso sia perchè concretamente non erano state effettuate coltivazioni.
In particolare il primo motivo, pur titolato come violazione di legge, invoca generici vizi di motivazione incompatibili col nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., n. 5 (Cass. 8053/2014) mentre il secondo, nel riferimento alla trascurata deposizione del teste D.R. ed alla opposizione all’ammissibilità del teste B., marito della convenuta, non considera che la sentenza si fonda su altre deposizioni mentre nessun elemento in favore della tesi della ricorrente emerge dalla proposta censura.
In particolare, quanto alla doglianza per l’ammissione del teste marito della convenuta, dalla sentenza impugnata non risulta che fosse stata svolta in appello. Parte ricorrente aveva pertanto l’onere di specificare in ricorso i termini in cui aveva sollevato la questione in sede di appello e ove fosse stata omessa la pronuncia sul punto di denunciare l’omessa pronuncia (Cass. 8206/16; 25546/06).
In definitiva, il ricorso va interamente rigettato, con la conseguente condanna alle spese.
PQM
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese, liquidate in Euro 3700, di cui Euro 200 per spese vive, oltre accessori, dando atto dell’esistenza dei presupposti per il versamento dell’ulteriore contributo unificato ex D.P.R. n. 115 del 2002.
Così deciso in Roma, il 22 marzo 2017.
Depositato in Cancelleria il 17 maggio 2017