Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12405 del 16/06/2016


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Cassazione civile sez. III, 16/06/2016, (ud. 04/03/2016, dep. 16/06/2016), n.12405

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMBROSIO Annamaria – Presidente –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – rel. Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 2733-2014 proposto da:

IRIS DI V.G. & C SAS, (OMISSIS), in persona del

legale rappresentante pro tempore, sig. V.G.,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE GAETANO KOCH 42, presso lo

studio dell’avvocato VITANTONIO AMODIO, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato FILIPPO CAPRARA giusta procura a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO IL CASTELLO SRL, in persona del suo curatore Avv. C.

R., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DI VILLA GRAZIOLI

15, presso lo studio dell’avvocato BENEDETTO GARGANI,

rappresentata e difesa dall’avvocato ANTONIO BASSO giusta procura a

margine del controricorso;

– controricorrente –

e contro

NORDEST SRL;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1284/2013 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 01/06/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

04/03/2016 dal Consigliere Dott. GIUSEPPINA LUCIANA BARRECA;

udito l’Avvocato VITANTONIO AMODIO;

udito l’Avvocato ROBERTO CATALANO per delega;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SOLDI Anna Maria, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1.- Con la sentenza impugnata, pubblicata il l giugno 2013, la Corte d’Appello di Venezia ha rigettato l’appello proposto dalla IRIS S.A.S. di V.G. – già IRIS S.A.S. di Valbusa L.&C., avverso la sentenza emessa dal Tribunale di Verona nel giudizio di accertamento dell’obbligo del terzo introdotto dalla stessa società nei confronti della propria debitrice società NORD EST SRL e del terzo pignorato, Fallimento il Castello srl, in persona del curatore, avv. C..

1.1.- Nell’introdurre il giudizio, la società creditrice esponeva che aveva agito con pignoramento presso terzi per recuperare un credito, fondato su un decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di Verona, specificato in atti; che il Fallimento il Castello srl sarebbe stato in possesso di assegni circolari emessi dalla NORD EST SRL, in qualità di assuntrice del concordato fallimentare; che, all’udienza fissata per la dichiarazione del terzo ai sensi dell’art. 547 c.p.c., il curatore aveva reso dichiarazione, sulla quale era sorta contestazione. Concludeva, chiedendo che fosse accertata la qualità di debitore, nei confronti della NORD EST SRL, del Fallimento il Castello srl, in persona del curatore, in quanto detentore “di assegni circolari o altri beni di proprietà di quest’ultima” e conseguentemente che lo stesso Fallimento fosse condannato “a consegnare e/o versare alla soc. IRIS S.A.S., in persona del legale rappresentante pro-tempore, le somme e/o i beni tutti in proprio possesso sino alla concorrenza della somma di Euro 639.373,33…”, oltre accessori, come richiesti con l’atto di pignoramento presso terzi.

1.2.- Si era costituito il Fallimento, contestando di avere mai ricevuto titoli o somme di denaro da parte della società NORD EST, confermando quindi la dichiarazione negativa resa dal curatore all’udienza fissata nel procedimento esecutivo.

Si era costituita anche la società debitrice NORD EST SRL, contestando la qualità di creditrice della IRIS S.A.S. (quale cessionaria di un credito vantato nei confronti della NORD EST SRL da altra società, estranea al giudizio, Enea srl), svolgendo eccezioni processuali e contestando comunque la consegna di assegni al Fallimento.

1.3.- Il Tribunale di Verona decideva con sentenza del 30 settembre 2009, rigettando sia le domande della società attrice che le domande delle convenute, di condanna della controparte al risarcimento dei danni ai sensi dell’art. 96 c.p.c.. Condannava l’attrice al pagamento delle spese di lite.

2.- Proposto appello da parte della IRIS S.A.S. di V. G., la Corte d’Appello di Venezia ha reputato che non vi fosse la prova della consegna al curatore del fallimento degli assegni circolari in contestazione. Ha aggiunto che sarebbe stata pure fondata l’eccezione della debitrice NORD EST circa la carenza di legittimazione attiva in capo alla IRIS S.A.S., perchè il credito azionato in sede esecutiva non sarebbe stato oggetto di cessione da parte della Enea srl.

Ha perciò rigettato il gravame, condannando l’appellante al pagamento delle spese del grado in favore del Fallimento, costituito in appello, essendo invece rimasta contumace la società NORD EST SRL. 3.- Per la cassazione della sentenza ricorre la IRIS S.A.S., affidando le sorti dell’impugnazione a quattro motivi.

Si difende con controricorso il Fallimento il Castello srl.

L’altra intimata NORD EST SRL non svolge attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.- Con i primi due motivi di ricorso si censura la ratio decidendi principale della sentenza impugnata che è espressa dalla seguente decisiva affermazione della Corte territoriale “… parte appellante non ha provato che gli assegni in questione fossero stati consegnati alla curatela, tanto meno a titolo di garanzia, e fossero, di conseguenza, pignorabili in quanto non incassabili dalla procedura”.

Per giungere a questa conclusione la Corte ha preso le mosse dalla richiesta, rinnovata in grado d’appello dalla società creditrice, di ordine di esibizione dei seguenti documenti: verbale dell’udienza della procedura fallimentare del 10 novembre 2005 (nel corso della quale si assume che sarebbero stati consegnati gli assegni destinati a garantire l’assunzione del concordato del Fallimento il Castello srl da parte della società NORD EST SRL); intero fascicolo relativo all’istanza di concordato fallimentare; copia integrale degli assegni in questione al fine di verificarne le girate.

La Corte ha confermato il rigetto dell’istanza istruttoria, poichè ha reputato che avesse natura “esplorativa”. Ha motivato nei seguenti termini:

per il verbale d’udienza, perchè la parte istante non aveva dato per certo, ma soltanto “per presunto”, che all’udienza del 10 novembre 2005 vi fosse stata la consegna degli assegni e perchè la natura esplorativa dell’istanza trovava conferma nel parere del curatore sulla domanda di concordato fallimentare (indicato come documento 7 del fascicolo del Fallimento), in cui era detto che quell’udienza non si era nemmeno tenuta;

per il fascicolo relativo all’istanza di concordato, perchè non erano indicati i documenti ritenuti rilevanti e perchè la parte istante nemmeno aveva tentato di procurarseli con richiesta alla cancelleria competente;

per le copie integrali degli assegni, perchè non sarebbe stato “neppure certo che Nordest abbia richiesto l’emissione di assegni circolari in data 10.11.2005” (cfr. pag. 13 della sentenza) e comunque non vi sarebbe stata nemmeno certezza sul fatto che gli assegni erano stati girati.

Ha infine reputato irrilevante il contenuto della memoria di precisazione delle conclusioni che sarebbe stata redatta dall’avv. Maccagni il 9 novembre 2005 nella procedura fallimentare (peraltro, disconosciuta dal curatore fallimentare, in quanto documento apocrifo).

1.1.- Col primo motivo si deduce “l’insufficienza della motivazione e la violazione dell’art. 132 c.p.c. e art. 111 Cost., comma 6”.

La ricorrente sostiene che su nessuna delle censure mosse con l’atto di appello vi sarebbe adeguata motivazione, sicchè sarebbe rimasto oscuro l’iter argomentativo seguito dalla Corte territoriale per giungere al rigetto dell’appello.

1.2.- Col secondo motivo si denuncia “la violazione e la falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., artt. 115 e 210 c.p.c.”, deducendosi che sarebbe insufficiente, e comunque irrilevante ai fini del decidere, la motivazione data dalla Corte d’Appello sull’inammissibilità delle istanze di esibizione avanzate dall’appellante ai sensi dell’art. 210 c.p.c.. La ricorrente sostiene che la società NORD EST SRL non avrebbe mai contestato di avere emesso gli assegni circolari in favore della curatela fallimentare e che la contestazione avrebbe avuto, invece, ad oggetto soltanto la dazione di questi assegni al curatore fallimentare – ciò, che avrebbe confermato l’avvenuta emissione dei titoli. Inoltre, essendo state prodotte in giudizio le fotocopie degli assegni (che risultavano emessi il 10 novembre 2005) e non essendone stata disconosciuta la conformità agli originali, si sarebbe dovuta viepiù ritenere certa la loro emissione, che sarebbe stata confermata dalla memoria dell’avv. Maccagnani, procuratore della società NORD EST SRL (nella qualità di assuntrice del concordato fallimentare). Tutto ciò avrebbe dovuto indurre la Corte territoriale ad escludere la natura “esplorativa” della richiesta di esibizione della documentazione della procedura fallimentare, che non poteva essere nella disponibilità della IRIS S.A.S., soggetto estraneo a quella procedura; ed in particolare, la richiesta di esibizione del verbale dell’udienza del 10 novembre 2005.

Nell’illustrazione dello stesso motivo la ricorrente svolge ulteriori considerazioni sulle vicende del concordato fallimentare (poi assunto dalla IMMOBILIARE NORD EST SRL, in sostituzione della NORD EST SRL) e sulla “elevata probabilità” che detti assegni, che pure sarebbero stati dati – a mero titolo di garanzia – al curatore fallimentare, prima della notificazione del pignoramento, siano stati da questi riconsegnati alla società NORD EST SRL, dopo il pignoramento; censura infine la valutazione, o la mancata valutazione, da parte della Corte d’Appello di una serie di documenti prodotti in giudizio, assumendo che perciò sarebbe stato violato l’art. 115 c.p.c..

2.- Giova premettere che sia i motivi di ricorso che la sentenza impugnata si basano sull’accertamento di un fatto storico – vale a dire la consegna al curatore del Fallimento il Castello srl di assegni circolari destinati a garantire l’assunzione del concordato fallimentare da parte della NORD EST SRL – che, essendo stato smentito nell’accadimento, ha costituito la ragione “più liquida” della decisione di rigetto della domanda della società creditrice, a prescindere quindi dalla questione di diritto concernente la pignorabilità, con la forma del pignoramento presso terzi, di assegni circolari consegnati dall’emittente (debitore esecutato) al prenditore (terzo pignorato), ma da questi non (ancora) riscossi, nel presupposto dell’esistenza di un patto “di garanzia”, cioè di un’obbligazione di restituzione dei titoli (anche questa del tutto priva di riscontro, come rilevato anche dalla Corte d’Appello).

I motivi in esame involgono appunto detto accertamento di fatto e vanno perciò esaminati congiuntamente. Essi sono in parte inammissibili, in parte infondati.

2.1.- Quanto al primo motivo, ed alla denuncia di “insufficienza della motivazione”, va sottolineato che la norma dell’art. 360 c.p.c., n. 5, nel testo applicabile ratione temporis (tenuto conto della data di pubblicazione della sentenza impugnata, 10 giugno 2013), consente oramai di denunciare soltanto il vizio di “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”. Questa Corte ha avuto modo di precisare che la riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione.

Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione” (così Cass. S.U. n. 8053/14).

Il primo motivo è perciò inammissibile per la parte in cui è riferito all’insufficienza della motivazione; è manifestamente infondato per la parte in cui denuncia l’omessa motivazione, come violazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4 (in riferimento all’art. 111 Cost.), essendo la sentenza impugnata tutt’altro che mancante di motivazione (per come è reso evidente dalle ragioni della decisione sopra riepilogate).

2.2.- Quanto al secondo motivo, sono inammissibili per difetto di rilevanza tutte le censure rivolte a contestare l’affermazione della Corte d’appello circa la mancanza di prova dell’emissione degli assegni circolari. Ed invero, il fatto rilevante ai fini della decisione non è certo quello dell’emissione degli assegni (che, se rimasti in possesso dell’emittente, ben avrebbero potuto essere da questa annullati, senza alcun coinvolgimento del curatore fallimentare), quanto il fatto della loro consegna al curatore del Fallimento il Castello srl (nonchè – va aggiunto – l’impegno di quest’ultimo a non riscuoterli, perchè altrimenti si sarebbe avuto un credito verso la banca trattaria oramai acquisito al Fallimento e quindi non pignorabile ai danni della società emittente).

Inoltre, a prescindere dall’anomalia della vicenda come ricostruita dalla società creditrice (sol che si consideri che terzo pignorato è un curatore fallimentare, che non avrebbe potuto agire se non seguendo regole e forme dettate per la procedura), va osservato quanto segue sull’onere della prova e sulle risultanze istruttorie.

E’ corretta l’applicazione dell’art. 2697 c.c. fatta dal giudice a quo mediante l’imposizione dell’onere della prova in capo alla società creditrice pignorante, atteso che questa, nel giudizio di accertamento dell’obbligo del terzo, ha la veste formale e sostanziale di parte attrice.

Dato ciò, non vi è alcun fatto (storico, processuale, giuridico), il cui esame sia stato omesso dal giudice del merito, che la società ricorrente abbia evidenziato come idoneo a fornire la prova – sulla stessa incombente – della consegna e della detenzione degli assegni da parte del curatore.

Anzi, nel controricorso, il Fallimento elenca le emergenze istruttorie atte a dimostrare il contrario, costituite dalla prova per interpello e per testimoni, nonchè dalle risultanze del libretto bancario intestato alla curatela.

La società ricorrente sostiene che la prova da parte sua sarebbe stata possibile soltanto mediante accoglimento della richiesta dell’ordine di esibizione. Questa, a detta della ricorrente, sarebbe stata immotivatamente rigettata dal giudice.

La censura è infondata sia quanto al dedotto vizio di omessa motivazione che quanto alla dedotta violazione dell’art. 210 c.p.c..

Va qui ribadito che l’ordine di esibizione può essere impartito ad una delle parti del processo con esclusivo riguardo ad atti “la cui acquisizione al processo sia necessaria” ovvero “concernenti la controversia”, e, quindi, ai soli atti o documenti specificamente individuati o individuabili, dei quali sia noto, o almeno assertivamente indicato, un preciso contenuto, influente per la decisione della causa (così già Cass. n. 13072/03; ma cfr., tra le altre, Cass. ord. n. 17602/11).

Ed invero le previsioni degli artt. 118 e 210 c.p.c. e 94 disp. att. c.p.c. stanno a significare che l’esibizione di documenti non può essere chiesta a fini meramente esplorativi, allorquando neppure la parte istante deduca elementi sulla effettiva esistenza del documento e sul SUO contenuto per verificarne la rilevanza in giudizio (cfr.

Cass. n. 26943/07). Pertanto, è adeguatamente motivato (nei termini sopra riportati) e corretto in diritto il rigetto dell’istanza di ordine di esibizione ribadito dal giudice d’appello.

Ogni altra censura della ricorrente è inammissibile, in quanto volta a contrapporre la propria personale interpretazione dei documenti prodotti in giudizio (in particolare, la già menzionata “memoria Maccagnani” ed il contenuto della sentenza di omologa del concordato) a quella fornita dalla Corte di merito.

In conclusione, i primi due motivi di ricorso vanno rigettati.

3.- Col terzo motivo si denuncia “la violazione e la falsa applicazione dell’art. 1260 c.c. e dell’art. 115 c.p.c.” al fine di censurare la seconda ratio decidendi della sentenza impugnata, che è basata sull’affermazione della Corte territoriale della non titolarità, in capo ad IRIS S.A.S., del credito azionato esecutivamente, perchè non fatto oggetto di cessione da parte della società Enea srl, originaria creditrice della NORD EST srl.

3.1.- Il motivo è inammissibile per carenza di interesse, alla stregua del principio per il quale qualora la decisione di merito si fondi su di una pluralità di ragioni, tra loro distinte e autonome, singolarmente idonee a sorreggerla sul piano logico e giuridico, la ritenuta infondatezza delle censure mosse ad una delle rationes decidendi rende inammissibili, per sopravvenuto difetto di interesse, le censure relative alle altre ragioni esplicitamente fatte oggetto di doglianza, in quanto queste ultime non potrebbero comunque condurre, stante l’intervenuta definitività delle altre, alla cassazione della decisione stessa (così, tra le altre, Cass. n. 2108/12).

4.- Col quarto motivo si denuncia insufficiente e carente motivazione della sentenza, nonchè violazione e falsa applicazione dell’art. 92 c.p.c..

La ricorrente censura il rigetto del motivo d’appello col quale aveva contestato la sentenza di primo grado per la condanna a suo carico delle spese di lite, malgrado vi fosse stata una reciproca soccombenza per avere il Tribunale rigettato anche le domande avanzate dalle convenute ai sensi dell’art. 96 c.p.c..

4.1.- Il motivo è inammissibile.

Premesso che al presente giudizio (introdotto con citazione notificata il 14 febbraio 2006) è applicabile il testo dell’art. 92 c.p.c., comma 2, vigente prima delle modifiche apportate con la L. n. 263 del 2005 e succ. mod. (in vigore dal 10 marzo 2006), va fatta applicazione del principio, per il quale in tema di spese processuali, la facoltà di disporne la compensazione tra le parti rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, il quale non è tenuto a dare ragione con una espressa motivazione del mancato uso di tale sua facoltà, con la conseguenza che la pronuncia di condanna alle spese, anche se adottata senza prendere in esame l’eventualità di una compensazione, non può essere censurata in cassazione, neppure sotto il profilo della mancanza di motivazione (così Cass. S.U. n. 14989/05). Infatti, in caso di condanna alle spese processuali, il sindacato della Corte di Cassazione è limitato ad accertare che questa non sia stata pronunciata a carico della parte vittoriosa (cfr., tra le altre, Cass. n. 13229/11).

In conclusione, il ricorso va rigettato.

Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

Avuto riguardo al fatto che il ricorso è stato notificato dopo il 31 gennaio 2013, sussistono i presupposti per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 bis.

PQM

La Corte rigetta il ricorso; condanna la società ricorrente, in persona del legale rappresentante pro-tempore, al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida, in favore del Fallimento resistente, nell’importo complessivo di Euro 13.500,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso spese generali, IVA e CPA come per legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della società ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del cit. art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 4 marzo 2016.

Depositato in Cancelleria il 16 giugno 2016

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