Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12402 del 17/05/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 17/05/2017, (ud. 22/03/2017, dep.17/05/2017),  n. 12402

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – rel. Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1977-2016 proposto da:

M.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DONATELLO

71 presso lo studio dell’avvocato PIERPAOLO BAGNASCO, rappresentato

e difeso dall’avvocato VITTORIO MASCI;

– ricorrente –

contro

COMFIN SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la

CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato MARIALBA

CUCCHIELLA;

– controricorrente –

contro

IG DESIGN SRL;

– intimata –

avverso la sentenza n. 750/2015 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata l’11/06/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 22/03/2017 dal Consigliere Dott. VINCENZO CORRENTI.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Premesso che:

– M.G. convenne LG Design s.r.l. innanzi al Tribunale di Sulmona per sentir dichiarato il suo acquisto per usucapione della proprietà di alcuni terreni e di un fabbricato rurale insistente su uno di essi;

– LG Design si costituì chiedendo il rigetto della domanda e chiamando in causa Comfin s.r.l., dalla quale aveva acquistato i terreni, onde esserne eventualmente garantita per l’evizione;

Comfin si costituì chiedendo il rigetto della domanda sul rilievo del fatto che il M. le aveva sempre versato un canone d’affitto a fronte del godimento dei beni;

– il Tribunale respinse la domanda;

il M. appellò la sentenza, evidenziando che il fondo per il quale aveva versato i canoni di affitto era diverso da quelli oggetto della domanda di usucapione; LG Design e Comfin si costituirono chiedendo il rigetto dell’impugnazione;

– la Corte d’Appello de L’Aquila respinse il gravame; rilevò in tal senso che, una volta accertato il fatto del versamento del canone dal M. a Comfin, era onere del primo dimostrare quale fondo facesse parte del contratto, dovendosi in mancanza ritenere che il versamento riguardasse l’intera proprietà dell’affittante e perciò che mancasse la prova dell’effettivo possesso “ad usucapionem” dei beni oggetto di pretesa;

– avverso tale pronunzia il M. ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi; Comfin s.r.l. ha depositato controricorso, mentre LG Design non ha svolto attività difensiva;

Atteso che:

il primo motivo, con il quale il ricorrente denunzia violazione degli artt. 1140, 1141, 1158 e 2697 c.c. nonchè omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, appare inammissibile, consistendo nella richiesta di rivalutazione delle risultanze della prova testimoniale, non consentita in questa sede; esso, poi, difetta di autosufficienza nella misura in cui accenna alle ricevute del contratto di affitto -adombrandone l’esclusivo riferimento ad un terreno diverso da quelli oggetto di lite – pur senza riportarne o richiamarne il contenuto.

Non considera, infine, che il nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., n. 5 limita la possibilità della censura ad ipotesi tassative (Cass. 8053/2014), nella specie insussistenti. il secondo motivo, con il quale il ricorrente denunzia violazione dell’art. 112 c.p.c., nonchè omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio per aver la corte omesso di pronunziarsi sulla domanda di usucapione del fabbricato, del quale assume di aver “dimostrato ampiamente di aver avuto il possesso ultraventennale, con utilizzazione ai fini della sua attività e con il possesso delle chiavi”, appare inammissibile per difetto di specificità della censura, non essendo indicate le risultanze donde tale assunto trova fondamento (ex multis Cass. 25756/14; 17049/15).

Inoltre non sussiste omessa pronunzia, perchè la sentenza fa riferimento a tutti i beni della Comfin.

PQM

La corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente alle spese liquidate in Euro 3200 di cui 200 per esborsi, oltre accessori.

Dà atto della sussistenza delle condizioni di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, per il versamento di ulteriore importo a titolo di contributo unificato.

Così deciso in Roma, il 22 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 17 maggio 2017

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