Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12402 del 16/06/2016


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Cassazione civile sez. III, 16/06/2016, (ud. 01/03/2016, dep. 16/06/2016), n.12402

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMBROSIO Annamaria – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. CARLUCCIO Giuseppa – rel. Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 28454/2013 proposto da:

M.D.C., (OMISSIS), elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA CANTORE ANTONIO 17, presso lo studio

dell’avvocato MARINA ARMELISASSO, che lo rappresenta e difende

giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS), in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende per legge;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5209/2012 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 22/10/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

01/03/2016 dal Consigliere Dott. GIUSEPPA CARLUCCIO;

udito l’Avvocato FABRIZIO FEDELI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SGROI Carmelo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. M.D.C. propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, avverso la sentenza della Corte di appello di Roma (del 22 ottobre 2012) che ha confermato la decisione di primo grado, di rigetto della domanda di risarcimento del danno.

L’attore, attuale ricorrente, aveva convenuto in giudizio il Ministero dell’interno assumendo di aver riportato lesioni, essendo stato attinto da colpi di arma da fuoco esplosi da poliziotti in occasione di una rapina ad un supermercato.

Il Ministero dell’interno resiste con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. La Corte di merito – dopo aver sintetizzato la decisione di prime cure rilevato che il Tribunale aveva ritenuto, soprattutto, l’interruzione del nesso di causa ad opera della condotta colpevole e assorbente del danneggiato sulla base della dinamica riferita, dopo poche ore del fatto, dallo stesso danneggiato in sede di verbale di sommarie informazioni testimoniale, ha rigettato le relative censure volte a svilire la valenza probatoria di tali dichiarazioni, mettendo in rilievo anche che il verbale non era stato impugnato con querela di falso.

Quindi, ai fini che ancora rilevano nella presente decisione, ha rigettato il motivo di appello con il quale si lamentava il mancato esercizio da parte d primo giudice del potere di acquisire gli atti del eludo() penale svolto nei confronti dei rapinatori.

2. Con il primo motivo si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 2043 e 2697 c.c., artt. 41 e 53 c.p., artt. 652 e 654 c.p.p., in riferimento all’art. 360, nn. 3 e 5. Con il secondo motivo, si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 351 c.p.p..

2.1. Entrambi i motivi sono inammissibili.

Essi si caratterizzano, innanzitutto, per una commistione inestricabile e confusa tra profili di diritto, anche mediante la riproduzione di massime delle decisioni di legittimità, e profili fattuali; commistione che fa perdere ogni necessaria specificità alle censure nella parte in cui si invoca la violazione di norme di diritto sostanziale e processuale.

2.2. Al fondo, il ricorrente sembra sostanzialmente lamentarsi:

dell’omesso esame della sentenza penale di condanna dei rapinatori (n. 2599 del 2001), dalla quale sarebbe emerso che fu attinto da colpi esplosi dai poliziotti, nonchè l’eccesso colposo nell’uso delle armi; dell’omesso esame della testimonianza della moglie, che aveva fornito una ricostruzione della dinamica dell’incidente uguale a quella sostenuta nella citazione, secondo la quale sarebbe stato colpito nel mentre si accingeva a ripararsi, e quindi senza suo comportamento colpevole (primo motivo); della contraddittorietà e insufficienza della motivazione nella valutazione del verbale di sommarie informazioni rese dallo stesso danneggiato in sede penale (secondo motivo).

2.2.1. Ai fini della inammissibilità dei vizi motivazionali che appaiono dedotti, è sufficiente rilevare l’applicabilità, ratione temporis, dell’art. 360 c.p.c., n. 5, come novellato nel 2012.

Secondo il principio affermato dalle Sezioni Unite e consolidatosi nella giurisprudenza di legittimità, “La riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali.

Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione” (n. 8053 del 2014).

2.2.2. In applicazione di tale principio, i motivi non superano gli stretti limiti di ammissibilità ora previsti, non potendo la censura sostanziarsi: nell’omesso esame di un documento (una sentenza), in disparte che, come rileva il controricorrente, il ricorrente la dice prodotta in appello, e sarebbe stato documento nuovo, essendosi formato nelle more del giudizio di primo grado, con i conseguenti limiti di cui all’art. 345 c.p.c.; nell’omesso esame di una testimonianza; rilevando, per contro, solo l’omesso esame di un fatto. Fatto che il giudice ha analizzato ponendo al centro della motivazione le dichiarazioni dello stesso danneggiato nell’immediatezza dell’evento e la mancata impugnazione con querela di falso.

Nè è dedotto un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili o una motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, nessun rilievo potendosi attribuire alla insufficienza della motivazione.

3. Le spese, liquidate sulla base dei parametri vigenti, seguono la soccombenza.

PQM

LA CORTE DI CASSAZIONE dichiara inammissibile il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento, in favore dei controricorrente, delle spese processuali del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 2.900,00, per onorari, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 1 marzo 2016.

Depositato in Cancelleria il 16 giugno 2016

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA