Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1240 del 20/01/2011

Cassazione civile sez. lav., 20/01/2011, (ud. 01/12/2010, dep. 20/01/2011), n.1240

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio – Presidente –

Dott. COLETTI DE CESARE Gabriella – Consigliere –

Dott. LA TERZA Maura – rel. Consigliere –

Dott. DI CERBO Vincenzo – Consigliere –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 26790/2007 proposto da:

COOPERATIVA SOCIALE ERRE ESSE A R.L., in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

VIRGILIO 8, presso lo studio dell’avvocato CICCOTTI Enrico, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato FORTUNAT ANDREA, giusta

delega in atti;

– ricorrente –

e contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati MARITATO Lelio,

CORETTJ ANTONIETTA, CORRERA’ FABRIZIO, giusta delega in calce alla

copia notificata del ricorso;

– resistente con mandato –

avverse la sentenza n. 752/2006 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 19/10/2006 r.g.n. 389/05;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

01/12/2010 dal Consigliere Dott. MAURA LA TERZA;

udito l’Avvocato CICCOTTI ENRICO;

udito l’Avvocato CORETTI ANTONIETTA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUCCI Costantino, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso per

quanto di ragione.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con la sentenza in epigrafe indicata la Corte d’appello di Milano confermava la statuizione di primo grado, con cui era stata rigettata la domanda della Cooperativa sociale Erre Esse di declaratoria della insussistenza delle violazioni addebitate dal verbale ispettivo Inps e in ogni caso la declaratoria di non debenza delle somme aggiuntive in considerazione dell’obiettiva incertezza sulla effettiva ricorrenza dell’obbligo contributivo. Affermava la Corte territoriale che l’attività di creazione e sistemazione delle aree verdi svolta dalla cooperativa rientrava nell’esercizio di attività agricola con conseguente applicazione, ai sensi del D.L. n. 338 del 1989, art. 1, convertito in L. n. 389 del 1989, della retribuzione, ai fini contributivi, fissata dai contratti collettivi del settore, anche se la retribuzione effettivamente erogata era inferiore. Affermava altresì la Corte territoriale che la cooperativa era tenuta a versare i contributi IVS anche per i soci lavoratori essendo questi equiparati, R.D. n. 1422 del 1984, ex art. 2, ai lavoratori dipendenti. La Corte rigettava altresì il motivo concernente le somme aggiuntive escludendo che ricorresse la obiettiva incertezza sull’obbligo di pagamento dei contributi.

Avverso detta sentenza la Cooperativa soccombente ricorre con tre motivi. L’inps ha rilasciato procura.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo si denunzia violazione delle norme in materia di libertà sindacale, di parità di trattamento e di retribuzione imponibile ai fini contributivi ex artt. 3 e 39 Cost., e della L. n. 339 del 1989, per avere ritenuto applicabile, per i soggetti normo dotati, ai fini dell’individuazione del minimale contributivo, il CCNL delle aziende agricole e florovivaistiche, mentre questo non opererebbe nei suoi confronti, essendo essa cooperativa sociale che aveva aderito al diverso CCNL per lo specifico settore della cooperazione e di essere quindi astretta all’applicazione di esso e non già di uno diverso, stante il principio per cui il contratto collettivo post corporativo vincola solo i soggetti affiliati. Si invoca a conferma la L. n. 142 del 2001, art. 6, comma 2 bis, lett. b).

Il motivo non merita accoglimento.

1. Non si tratta qui di applicare il principio per cui le retribuzioni fissate dai contratti collettivi post corporativi sono cogenti solo per i soggetti che vi hanno aderito, perchè ciò vale sicuramente all’interno del rapporto di lavoro, ma lo stesso principio non vale però ai fini contributivi. E’ noto infatti, come già riconosciuto dalla giurisprudenza di legittimità (vedi per tutte Cass. sezioni unite n. 11199 del 29/07/2002), che l’importo della retribuzione da assumere come base di calcolo dei contributi previdenziali non può essere inferiore a quello che, ai lavoratori del settore, sarebbe dovuta in applicazione dei contratti collettivi stipulati dalle associazioni sindacali più rappresentative su base nazionale (c.d. “minimale contributivo”), secondo il riferimento ad essi fatto – con esclusiva incidenza sul rapporto previdenziale – dal D.L. 9 ottobre 1989, n. 338, art. 1 (convertito in L. 7 dicembre 1989, n. 389). Quindi, qualunque sia la retribuzione dovuta ed erogata, i contributi devono essere parametrati e non possono scender al di sotto delle retribuzioni determinate dal c.d. contratto leader, quello cioè stipulato, per il relativo settore, dalle OO.SS. maggiormente rappresentative su base nazionale.

Non rileva quindi che la ricorrente aderisca ad un diverso contratto collettivo, perchè ciò varrà ai fini delle retribuzioni dovute, varrà cioè nei riguardi del rapporto di lavoro, mentre sul versante contributivo opera quello del settore agricolo e florovivaistico, stipulato dalle OO.SS maggiormente rappresentative (sul punto non sono sorte contestazioni) corrispondente all’attività lavorativa svolta.

1.1. Invero, con riguardo alle cooperative sociali, com’è nella specie, va rilevato in primo luogo che la suddetta regola del minimale vale, come peraltro si ammette in ricorso, solo per i soggetti normo dotati, mentre per i c.d. “soggetti svantaggiati” che vi operano (invalidi fisici, psichici e sensoriali ecc.), della L. 8 novembre 1991, n. 381, art. 4, dispone che le aliquote contributive sono ridotte a zero, e quindi per costoro non si paga la contribuzione.

1.2. Ed ancora, con riguardo alle cooperative sociali, vi è la possibilità che l’onere contributivo non venga basato sul suddetto principio del minimale, ma sulla base di tabelle di salari medi convenzionali, stabilite con decreti miniseriali, come previsto dall’art. 35 del TU delle norme sugli assegni familiari approvato con il D.P.R. 30 maggio 1955, n. 797. Ed infatti, nel corso del tempo sono stati emanati diversi decreti ministeriali (da ultimo D.M. Lavoro 22 settembre 2000) mentre solo con la L. 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1, comma 787, è previsto un sistema di graduale aumento della retribuzione imponibile per la categoria dei soci delle cooperative sociali, per equipararla a quella dei dipendenti di impresa.

Nella specie la Cooperativa ricorrente non ha invocato alcun decreto ministeriale che le consentisse di derogare alla regola del minimale contributivo, onde non è dato conoscere se la medesima avesse i requisiti per rientrare nel raggio di applicazione del decreto.

Irrilevante infine è il richiamo alla nuova disciplina delle cooperative di cui alla L. n. 142 del 2001, perchè questa non è applicabile ratione temporis, trattandosi in causa di contributi relativi a periodi anteriori, dal momento che il verbale ispettivo Inps, che ha accertato le differenze contributive, reca, come si indica in ricorso, la data del 13 ottobre 1997. Il motivo va quindi rigettato.

2. Parimenti infondato è il secondo motivo, ove denunziando violazione del R.D. n. 1422 del 1924, art. 2, L. n. 1827 del 1935, art. 37 e della L. n. 142 del 2001, art. 1, nonchè dell’art. 409 cod. proc. civ., n. 3 e della L. n. 381 del 1991 e della L. n. 109 del 1994, art. 17, si sostiene che la cooperativa non sarebbe tenuta al versamento dei contributi per i soci lavoratori, ma solo per i suoi dipendenti. Ed infatti la sentenza delle Sezioni unite n. 13967 del 2004, che aveva ritenuto applicabile la nuova L. n. 142 del 2001, anche per periodi anteriori alle sua entrata in vigore, con necessità quindi di distinguere tra dipendenti e soci di cooperativa ai fini dell’obbligo contributivo, è stata disattesa dalla concorde giurisprudenza successiva con cui si è affermato (Cass. n. 164 del 08/01/2009, n. 14073/2007, n. 222/2008, n. 10543/2008, n. 11371/2008, n. 164/2009) che “In riferimento al regime anteriore all’entrata in vigore della L. n. 142 del 2001, le società cooperative, in virtù del R.D. n. 1422 del 1924, art. 2, comma 3 – il quale dispone che dette società “sono datori di lavoro anche nei riguardi dei loro soci che impiegano in lavori da esse assunti” – sono da considerare ai fini previdenziali come datrici di lavoro rispetto ai soci assegnati a lavori dalle stesse assunti, con la conseguenza dell’assoggettamento a contribuzione previdenziale presso la gestione lavoratori dipendenti dei compensi da esse corrisposti ai propri soci che abbiano svolto attività lavorativa, indipendentemente dalla sussistenza degli estremi della subordinazione e dal fatto che la cooperativa medesima svolga attività per conto proprio o per conto terzi”.

3. Infondato è anche il terzo motivo concernente il difetto di motivazione perchè, con riguardo alle sanzioni civili, non sarebbe stato applicato il più favorevole regime di cui alla L. n. 388 del 2000, art. 116, comma 10, previsto per i casi di oggetti va incertezza connessa a contrastanti orientamenti giurisprudenziali ed amministrativi; la sentenza impugnata ha infatti escluso che ricorressero dette condizioni di incertezza ed in ricorso non si sono svolte argomentazioni per smentirlo.

In definitiva il ricorso va rigettato.

Le spese della discussione orale dell’Istituto, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente ai pagamento delle spese liquidate in Euro 10,00 oltre Euro millecinquecento per onorari con gli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 1 dicembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 20 gennaio 2011

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